La scuola secondo Mario Draghi: il prolungamento a giugno e tutte le ipotesi per cambiare il calendario

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

È difficile, senza ulteriori dettagli, calare nella realtà delle scuole italiane le poche parole del presidente incaricato Mario Draghi come riportate dai suoi interlocutori nelle consultazioni di ieri. Di certo è che il nuovo governo avrà nel suo programma misure «strutturali» per rilanciare l’istruzione e, del resto, nel Recovery plan ci sono 29 miliardi a disposizione di riforme e miglioramenti del settore. Oggi Draghi avrebbe anche ribadito che insegnanti e personale scolastico resteranno tra le categorie prioritarie a cui somministrare i vaccini, sottolineando che andrebbe implementato l’uso dei tamponi rapidi tra gli studenti. Intanto il Cts ha dato il suo ok allo svolgimento delle ultime quattro giornate di concorso straordinario previste dal 15 al 19 febbraio.

Cambiare il calendario

Ma Draghi — hanno riportato i parlamentari dei gruppi che lo hanno incontrato ieri — avrebbe parlato anche di calendario scolastico e di recupero dei mesi persi con l’emergenza pandemia. Significa che le scuole quest’anno finiranno più tardi? E quanto più tardi? Ci saranno misure per tutti o soltanto per chi è rimasto effettivamente indietro? Andranno tutti a scuola fino a fine giugno, come hanno già ipotizzato alcuni esperti, o gli studenti delle scuole elementari e medie, che – a parte in alcune regioni -non hanno perso che pochi giorni di scuola finiranno come previsto?

Il rebus logistico

Se il prolungamento sarà fino a fine giugno, non ci dovrebbero essere problemi particolari con gli insegnanti che sono a disposizione fino alla fine del mese per scrutini e incombenze varie, anche se i sindacati sono contrari a cambiare il calendario. Fanno notare che, se si opterà per questa opzione, sarà necessario sapere la capienza – a giugno- delle aule: allungare di un paio di settimane la scuola, se gli studenti delle superiori faranno in presenza soltanto il 50 per cento delle lezioni – significa di fatto allungare una sola settimana trasformando le nuove misure in un gesto simbolico.

I dati sulla Dad

Per dare una risposta a queste domande bisognerà aspettare ancora un po’, probabilmente il neo ministro dell’Istruzione. Ma i presidi hanno già fatto notare che il prolungamento dell’anno scolastico e il cambiamento in corsa del calendario è complesso (lo ha spiegato Mario Rusconi, capo del sindacato dei presidi del Lazio) e che comunque potrebbe essere soltanto un «allungamento moderato» (Antonello Giannelli, a capo dell’Associazione nazionale presidi). Tanto per cominciare sarebbe utile sapere chi e che cosa ha perso, con un’indagine sugli apprendimenti come quella che hanno già fatto alcuni altri Paesi europei: in Francia e Olanda per esempio la ricognizione tra gli studenti ha dato alcuni risultati sorprendenti (si è perso di più nelle competenze linguistiche che in quelle matematiche) e altri attesi (a soffrire di più sono stati gli studenti che provengono da contesti svantaggiati). Ci sono poi regioni, come la Campania, dove anche i bambini delle elementari in classe sono stati pochissimo e altre come il Veneto, la Toscana, il Lazio dove la Dad è stata usata solo per le scuole superiori.

I dubbi dei sindacati

In attesa di capire come, il sindacato Snals si dice contrario all’allungamento dell’anno scolastico: «L’intervento del prof. Draghi, sul mondo della scuola, lascia perplessi- dice la segretaria Elvira Serafini – Nell’affermare che l’anno scolastico debba proseguire, mostra di dare per scontato che nulla fino ad oggi sia stato fatto, annullando con un colpo di spugna tutto il lavoro di mesi e comunicando alle famiglie e agli alunni la sensazione che quanto finora costruito insieme, non rappresenti nulla, anzi, sia stata una mera perdita di tempo». Dubbi anche dalla Cgil: «La scuola ha retto e ha fatto la sua parte, nonostante scelte sbagliate – nota Francesco Sinopoli, Cgil – La soluzione non è il prolungamento, ma programmi mirati al recupero degli apprendimenti». E pure per Maddalena Gissi (Cisl) «prima di parlare di rimodulazione dei giorni parlerei di incremento del tempo scuola e di qualità dell’offerta formativa per chi oggi frequenta le nostre scuole e pagherà i nostri debiti tra 20 anni. In merito all’avvio dell’anno scolastico c’è un solo bisogno: fare presto». Mentre Pino Turi (Uil) spiega: «Noi non sappiamo cosa pensi Draghi sulla scuola, ma se si parla di cambiamento del calendario, allungandolo, si apre una valutazione che non riconosce alla didattica a distanza la funzione di vera scuola che è solo in presenza. Si riconosce, come noi andiamo dicendo da tempo, la Dad come strategia didattica di emergenza».

A scuola tutto giugno

Il prolungamento a fine anno – che resta una delle ipotesi più discusse in questi mesi – si scontra con altri due problemi: gli esami di maturità – che saranno la prima decisione che il nuovo ministro della Scuola dovrà prendere: farli ridotti come lo scorso anno o cambiare formula? – cominciano a metà giugno per finire entro la metà di luglio. Si possono far slittare di una o due settimane al massimo ma non di più, pena il prolungamento nel mese di agosto, troppo tardi per chi vuole provare le selezioni per le università straniere (oltre che troppo caldo). Non va dimenticato che la durata dell’anno scolastico è decisa per legge ma che il calendario è modulato regione per regione, anche a seconda delle esigenze climatiche: mandare in classe gli studenti oltre la metà di giugno in scuole senza aria condizionata potrebbe essere più deleterio che proficuo. «Da insegnante trovo inutile protrarre le lezioni di un paio di settimane-conferma Rino Di Meglio, segretario Gilda scuola – A parte le difficoltà oggettive che comporterebbe, sia da un punto di vista organizzativo con gli esami di fine ciclo, sia da un punto di vista climatico, con edifici scolastici perlopiù inadeguati, un tale provvedimento si rivelerebbe inefficace rispetto al recupero degli apprendimenti da parte degli alunni. Piuttosto, risulterebbe più opportuno finanziare corsi di recupero individuali per gli studenti rimasti realmente indietro».