Bianchi nuovo ministro, un nome che dice molto

da La Tecnica della Scuola

Patrizio Bianchi oltre alla cattedra di economia applicata all’università di Ferrara è infatti titolare di un altro insegnamento, la Cattedra Unesco, così chiamata, in Educazione, crescita ed eguaglianza, sempre a Ferrara.Non solo. Ma al suo attivo troviamo anche una esperienza concreta, lunga dieci anni, di assessore regionale alla formazione della regione Emilia Romagna, fino ad un anno fa. Per non dimenticare, infine, il ruolo di coordinatore del Comitato per il rilancio della scuola istituito in seno al Miur lo scorso anno.

Un ministro, come si può notare, competente, di alto profilo, chiamato a ricoprire, assieme agli altri tecnici chiamati da Draghi, una delle caselle più importanti di questo nuovo governo. Il neo ministro ha condensato tutta la sua esperienza, di studioso e di animatore culturale, in un libretto, uscito nell’ottobre scorso per i tipi della Laterza col titolo “Nello specchio della scuola“, confermando che “sul sistema educativo si riflette l’immagine del Paese”, convinto che “è nella formazione che si gioca il nostro sviluppo futuro”.

Invito tutti a leggere questo libretto, perché vi troviamo condensate le questioni più dibattute sul nostro sistema formativo, sapendo che, al dunque, la grave crisi causata dalla pandemia deve dare a tutti lo slancio per quella rivisitazione del nostro modello scolastico che è imprescindibile per il futuro delle nuove generazioni e del nostro sistema Paese.
In sette agili capitoletti ritroviamo, dunque, una disamina del nostro mondo della scuola, con i suoi valori e con i suoi limiti. Non cerco di riassumere a sommi capi i passaggi e le annotazioni, per lasciare ad ognuno il gusto dell’analisi proposta, con sguardi comparativi con altri Paesi e sapendo le potenzialità ed energie positive che sono comunque presenti nelle nostre scuole e a livello sociale.

Valori e limiti, dunque, consapevoli dei nuovi contesti che si sono già aperti come delle “nuove povertà educative”, delle nuove disuguaglianze, delle nuove fragilità. Ribadito, a più non posso, che sono le persone, cioè i nostri bambini ed i nostri ragazzi, il cuore della scuola, e non le strutture, per cui tutti, a partire dai presidi, dai docenti e dal personale, sono al loro “servizio”, si tratta ora di rivedere proprio il significato, in rapporto ai tempi, di questo “servizio pubblico”. In un nesso palpabile, verificabile, concreto con le comunità locali, e non più autoreferenziali.

Perché le scuole sono scuole delle comunità locali, inteso lo Stato in senso diffusivo e non come mera struttura gerarchica. Qui Patrizio Bianchi poteva spingersi oltre, sapendo le criticità del modello centralistico ministeriale, compresi gli organi collegiali fermi ancora agli anni settanta. Ma le sue analisi sono una premessa per quell’oltre oggi indispensabile. Egli si sofferma sul valore positivo, innovativo, dell’autonomia scolastica, come è stata pensata negli anni novanta, e poi, lentamente, negata nei fatti, ridotte le istituzioni scolastiche a mere strutture periferiche della burocrazia ministeriale, contro la stessa legge.

Questa riduzione la ritroviamo, ad esempio, nei profili dei dirigenti scolastici previsti dai bandi di concorso, con risultati che hanno privilegiato più le variabili burocratiche che quelle del coordinatore culturale e dell’animatore pedagogico. Questo la dice lunga su quanta strada vi sia ancora da compiere tutti assieme per rendere il mondo della formazione un servizio flessibile, efficace, verificabile a livello sociale, aspetti essenziali nelle nostre comunità locali. Uno dei meriti di Bianchi, in questo libretto, è la forte rivendicazione della originalità degli ITS, cioè degli istituti tecnici superiori, grande opportunità formativa post diploma non universitaria, per offrire alle multi intelligenze dei nostri giovani una realtà opportunità formativa non-astratta, non teorica, non lontana da tante passioni, sensibilità, attitudini, combattendo così nel concreto la dispersione e quel disincanto che porta tanti ragazzi a non tentare più la strada della qualificazione (Neet).

Se noi ci fermiamo un attimo, ad esempio, a considerare che ancora oggi il 45% dei giovani, alla fine dello loro percorso di studio, alla precisa domanda se rifarebbero la scelta di scuola superiore, rispondono in modo negativo, abbiamo la precisa conferma, ad esempio, del fallimento dell’orientamento scolastico, perchè sono troppi gli studenti liceali, mentre i percorsi tecnici e professionali non devono più essere considerati di seconda serie. Compresa, al dunque, come in altri Paesi a noi vicini, la constatazione che l’affidamento esclusivo alla famiglia della scelta di scuola superiore è opzione oggi da rivedere. Del resto, non è più accettabile che solo alcune materie siano considerate “culturali” a scapito di altre, perché, se fatte bene, tutte le discipline, tutti gli indirizzi sono culturalmente significativi.

Centralità dello studente, secondo le diverse forme di intelligenza, ed aperti a tutte le opzioni della vita, in primis a quelle che offrono il mondo del lavoro. Quante forme di disallineamento tra formazione e lavoro continuiamo a riscontrare, quanti destini di vita bruciati sugli errori dell’orientamento!”Il Covid 19, precisa Bianchi, rischia di riportarci indietro”.Questo, dunque, il compito che spetta al neo ministro, perché, sono sempre le sue parole, “la riapertura delle scuole deve andare oltre i temi della salute pubblica”. Insomma, dobbiamo “evitare che l’emergenza diventi l’unico collante del Paese”, per chiederci invece “quale Paese vogliamo per noi e per i nostri figli”.