Covid, il premier vuole gli studenti in classe, ecco il piano. Il Cts: “Rischio esplosione contagi da varianti”

da la Repubblica

di Corrado Zunino

Il premier vuole riportare gli studenti in classe, “in sicurezza e al più presto”. Ha spiegato Mario Draghi al Senato: “Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori dfficoltà. Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale”, ha insistito, “allineare il calendario alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta all’inizio della pandemia”.

La scuola dopo le dieci di mattina e con più intensità il sabato è già una realtà negli istituti superiori italiani, almeno dalla ripartenza del 7 gennaio. Potrebbe esserci un’accelerazione negli orari, nei giorni della settimana e anche nella stagione scelta, con l’utilizzo di tutto giugno per i recuperi necessari. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha già spiegato a Repubblica che questi recuperi andranno localizzati per aree geografiche e singoli istituti: “Dovremo intervenire in quella fascia che ha sofferto la didattica a distanza, in particolare gli adolescenti del Sud e delle aree interne”.

Ecco, c’è un piano per provare a tenere insieme le due cose: rientro e sicurezza. Anche in un momento in cui si teme l’esplosione dei contagi da varianti, che colpiscono soprattutto gli adolescenti. Ieri pomeriggio il ministro Bianchi ha iniziato a mettere a punto un progetto con Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Miozzo, una lunga esperienza nelle protezoni civili italiana ed europea, ha spiegato che il Comitato tecnico teme fortemente l’esplosione delle varianti, in particolare a scuola: “C’è il sensato rischio che si riapra un ciclo di chiusure degli istituti scolastici”, è l’opinione del Cts. Le varianti hanno cambiato il punto di vista degli scienziati sulla diffusione del virus nelle classi. Il ministro, forte delle indicazioni del premier, ha insistito chiedendo di affrontare in maniera seria e rapida  la questione dei contagi a scuola e la loro circoscrizione. Come fare?

Il coordinatore del Cts ha illustrato la sua idea, che tra l’altro aveva già provato a imporre – senza successo – con il precedente governo. Poiché è difficile trovare rapidamente un numero di medici sufficienti per garantire alla scuola una corsia preferenziale nel controllo e nell’intervento anti-Covid – Bianchi vorrebbe approfondire la possibilità del medico scolastico -, è più efficace allestire unità mobili in tutte le città, veri e propri “pronto intervento sanitari” capaci di arrivare nella stessa mattinata nell’edificio scolastico dove si segnala un cluster di coronavirus e, a quel punto, “identificarlo, circoscriverlo e avviare in tempi immediati i tamponi necessari per dare certezze a studenti e docenti e non chiudere l’intera struttura scolastica”.

Chi dovrebbe gestire questi “pronto intervento” sul Covid a scuola? Da tempo Miozzo sostiene che serve un ritorno al centro della scena pandemica della Protezione civile italiana, protagonista nel corso della prima ondata e attrezzata da oltre cinquant’anni all’emergenza. Anche un supporto dell’esercito, che ha forte specializzazione medica, sarebbe importante.

Bisogna ricordare che uno dei motivi per cui gli istituti superiori sono stati chiusi il 5 novembre è dovuto ai ritardi con cui le aziende sanitarie comunicavano ai responsabili Covid della scuola l’esito dei tamponi. Ancora oggi, poi, in diverse metropoli l’affollamento dei mezzi pubblici nelle ore di punta rende gli spostamenti insicuri.L’azione di Bianchi, sul fronte del contrasto al Covid, dovrà prendere un’accelerazione. Le parole del premier sono chiare. E segnalano come la stessa Didattica a distanza abbia lasciato fuori dallo studio un terzo degli studenti del Paese: “A fronte di 1.696.300 iscritti alle scuole secondarie di secondo grado, nella prima settimana di febbraio solo 1.039.372 (il 61,2 per cento del totale) ha avuto assicurato il servizio attraverso la Didattica a distanza“.