Cts: nelle zone rosse tutte le scuole chiuse. Governo pronto a stop selettivi

da la Repubblica

Corrado ZUnino

Tre riunioni dedicate alla scuola dal Comitato tecnico scientifico, ieri sera, questa mattina e ancora questa sera, hanno prodotto tre “consigli per il governo”. Innanzitutto, nelle zone rosse l’unica didattica possibile deve essere quella a distanza, in tutti i cicli scolastici, dall’infanzia alle superiori. E un’accelerazione rispetto al Decreto del presidente del Consiglio vigente – l’ultimo Dpcm sul tema è del Governo Conte – che obbliga alla Dad in zona rossa dalla seconda media a cressere. Oggi le Regioni rosse sono due, Basilicata e Molise, più la Provincia autonoma di Bolzano.

Il Comitato però invita a rivalutare ogni sette giorni la chiusura delle scuole nelle zone rosse o dove si presenti alta incidenza, in base all’aggiornamento settimanale dei dati. Allo stesso modo il Cts sottolinea l’importanza “di garantire quanto più possibile l’attività didattica in presenza” nelle zone arancioni.

La seconda indicazione del Cts sul tema è offerta ai governatori che presiedono una Regione in quel momento in zona arancione (nove in tutto adesso): i presidenti possono prendere decisioni “subregionali” sulle scuole, ovvero chiudere istituti scolastici in province ad alto rischio contagio. Diversi governatori lo hanno già fatto – Vincenzo De Luca in Campania, su tutti -, ma adesso il parere scientifico del Comitato avvalora scelte che possono entrare nel paesaggio di questi giorni (i contagi a Brescia, nel Bergamasco, a Cecina e ad Arezzo, a Bologna, Ancona, Macerata, nella provincia di Palermo, per elencare zone in cui istituti scolastici sono già stati chiusi).

Entra la quota contagi

C’è una terza indicazione, sulla quale si è sviluppata una serrata discussione in seno al Comitato tecnico scientifico: alla fine si è deciso di legare la chiusura dei plessi scolastici a un dato certo e sono stati indicati 250 contagi ogni 100.000 mila abitanti come limite oltre il quale, anche in zona gialla o arancione, le scuole di quella regione non possono più ospitare né studenti né docenti. Ad oggi, solo il Trentino Alto Adige supera la soglia.

Nelle aree arancioni che non conoscono peggioramenti dei parametri, i protocolli restano quelli conosciuti: Didattica in presenza dal 50 al 75 per cento (per ora nessuna Regione ha utilizzato la possibilità massima). Le stesse aliquote restano in area gialla o bianca. In zona gialla, con la stabilità dei contagi per tre settimane consecutive le attuali disposizioni sulle lezioni in presenza non cambieranno.

Il Cts ha riconosciuto che esiste un impatto dei nuovi contagi nelle scuole, ma è differenziato. Per questo sarebbe auspicabile una modulazione delle misure a seconda delle aree, variabile in base a Comuni o Province e non soltanto su base regionale.

Già in Dad sei Regioni e una Provincia autonoma

Ci sono già sei Regioni – Marche, Molise, Abruzzo, Campania, Basilicata e Puglia – e una Provincia autonoma – l’Alto Adige – con limitazioni totali per le scuole o riservate solo alle superiori, ma queste restrizioni dipendono da decisioni prese dalle giunte regionali, non dal governo. Le ordinanze per l’Abruzzo e la Basilicata sono state firmate in serata e mandano in Dad tutte le scuole.

Al verbale finale che sarà consegnato al governo, il Cts allegherà uno studio dell’Istituto superiore di sanità sul quadro contagi-scuole. Fonti di governo fanno sapere che la linea dell’esecutivo è quella di scongiurare le chiusure: l’apprendimento e la socialità degli studenti sono prioritari, ma “la variante inglese preoccupa e ci sono situazioni oggettivamente critiche”. Il governo vuole convincere le Regioni a seguire parametri nazionali e regole comuni: “Nel caso di chiusure miglioreremo la Didattica a distanza e rafforzeremo l’accesso ai congedi parentali”.