La maturità «light» alza il voto medio

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Chissà se il ritorno dell’ammissione per la maturità di giugno basterà, da solo, a rendere l’esame 2021 diverso da quello svolto in maniera «light» già lo scorso anno. E, magari, meno generoso nei voti. Nel 2020, alla prima maturità semplificata dell’era Covid e al via libera generalizzato ex lege per tutti gli studenti, è seguito un aumento, altrettanto generalizzato degli esiti finali. Quantificabile in 4,6 punti in più rispetto al 2018/19 pre-pandemia. A dirlo è uno studio dell’Invalsi, su dati dell’Istruzione, che Il Sole 24 Ore del Lunedì è in grado di anticipare e che arriva alla vigilia dell’ordinanza con cui il ministro Patrizio Bianchi, suggellerà il bis a grandi linee del modello emergenziale usato 12 mesi fa: unica prova orale di 60 minuti che parte da un elaborato scritto sulle materie di indirizzo.

Lo studio dell’Invalsi

I ricercatori dell’istituto di valutazione hanno esaminato le serie storiche degli esami di Stato dal 2013-2014 al 2019-2020. Con risultati sorprendenti soprattutto se si considerano tutti gli studi internazionali che stanno certificando come a una sospensione della didattica a distanza e alla sua sostituzione con le lezioni on line stia seguendo, a tutte le età, un calo degli apprendimenti. Fino al 2018-2019 i voti medi sono piuttosto lineari. Ma nel 2019/20 – quando la maturità è stata semplificata, con l’abolizione dei due scritti e il mantenimento di un colloquio in 4 step, compreso l’elaborato sulle materie d’indirizzo di fronte a una commissione tutta interna con il solo presidente esterno – lo scenario cambia. E la manica dei commissari diventa “ultra larga” con aumenti del 6% in tutte le regioni così da annullare anche le tradizionali differenze sui giudizi tra Nord (più rigoroso) e Sud (più generoso). Un balzo che, secondo l’Invalsi, è dovuto in primis al venir meno dell’effetto “calmierante” delle prove scritte che, in genere, assicurano un maggior ancoraggio del giudizio alla prestazione effettiva degli studenti. Da qui l’auspicio che valutazione interna sia bilanciata da quella esterna, per assicurare ai voti di maturità un minimo di credibilità. Tanto più che già da anni la percentuale di “maturi” sfiora il 100% (il 99,5% l’anno scorso). A giugno 2020 un diplomato su 2 ha ottenuto più di 80 e le lodi sono salite a 12.129.

L’ordinanza in arrivo

Il film potrebbe ripetersi alle prove in calendario a partire dal 16 giugno alle ore 8.30. A giudicare dall’ordinanza ministeriale che ha incassato venerdì scorso l’ok del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) e che è attesa ad horas. I punti di contatto con il modello del 2020 sono parecchi: una commissione d’esame con 6 membri interni e il presidente esterno; un colloquio in 4 fasi, che parte da un elaborato sulle materie di indirizzo (latino/greco al liceo classico, matematica/fisica allo scientifico eccetera) e prosegue con l’analisi di un testo d’italiano scelto dalla commissione, la discussione sugli altri materiali predisposti dal consiglio di classe e il racconto delle esperienze di Pcto (l’ex alternanza scuola lavoro); il curriculum vale 60 punti (di cui 18 in terza, 20 in quarta e 22 in quinta) e l’orale 40; niente obbligatorietà – a proposito di raccordo tra valutazione interna ed esterna – delle prove Invalsi e deroga alle ore minime di Pcto. Oltre che sul ritorno dell’ammissione sulla base dei giudizi del consiglio di classe (anche sulla new entry Cittadinanza e costituzione) le speranze di discontinuità sembrano affidate allora all’elaborato di partenza. Che Bianchi si immagina come una mini-tesi. Lo studente conoscerà entro il 30 aprile il tema da approfondire e avrà un docente tutor con cui confrontarsi prima dell’invio definitivo via mail del lavoro entro il 31 maggio. Chi non lo farà dovrà comunque discutere oralmente lo stesso argomento e verrà penalizzato al momento del voto finale.