Sulla stanchezza

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Sulla stanchezza, che purtroppo non è un effetto collaterale del vaccino

di Alessandra Condito

Per la prima volta sono stanca.

Ho 53 anni, sono in salute, nessun malato in famiglia, un lavoro tutelato.

Eppure sono stanca.

Stanca dei divieti delle zone rosse delle scuole chiuse. Stanca di tutto.

Dovrei essere contenta. Hanno sospeso Astrazeneca. Avevo l’appuntamento fissato per il 24 marzo. Non morivo dalla voglia, lo ammetto. Mi ero prenotata per senso civico. Faccio la preside di un liceo, come dire agli insegnanti che io non lo volevo fare, come non dare l’esempio. E quindi prenotata, il primo giorno, fingendo trepidazione perché per una settimana il mio appuntamento non appariva nel fascicolo sanitario.

Poi a dire sì, lo faccio il 24, e lei? Vedrà che tra un po’ lachiamano.

Verrà la febbre? Tremore alle gambe? Mal di testa? Va beh, ci sta, ci può stare.

Poi un morto, due … provare a scherzarci su. Un po’ di ironia macabra che in tempi di covid non manca mai.

Via, meno male che lo faccio il 24, intanto avranno fatto le autopsie.

E tu quando lo fai? Ah, non solleciti, ma sì, hai ragione … aspetta che ti chiamino loro.

Un lotto ritirato. Giusto, ma sì, sarà tutto a posto, forse un po’ di sfiga, conservato male? trasportato male? Ok, ma nel caso era quel lotto lì.

Mia sorella che mi scrive. Non farlo, non fare da cavia, disdici. 

Io che ancora scherzo. Il rischio è il mio mestiere, e un emoticon per tranquillizzarla ancora di più, anche se è me stessa che voglio tranquillizzare

Astrazeneca sospeso.

Dovrei gioire. Una parte di me forse è sollevata. Un po’ di paura c’era. Chi non ne ha avuta in questi giorni?

Eppure da ieri, per la prima volta, sono stanca.

Campagna vaccinale sospesa.

Tutto fermo, di nuovo.

Ma non c’è più niente di nuovo in questa paralisi.

E’ uno stallo che dura da troppo tempo, e dal quale nessuno riesce più ad uscire.

Tutti, bambini giovani vecchi, tutti precipitati tra casa e supermercato, gli unici luoghi che ci sia dato abitare.

Per quanto? Per quanto ancora?

E intanto io sono stanca, e per la prima volta il dolore dei genitori che mi parlano dei loro figli e delle loro fatiche mi attraversa. Non ascolto, sento. Il dolore dei giovani sempre più ritirati sbiaditi disillusi. Sento che quel dolore non ha più voce, non urla, non spacca i muri. E’ un dolore muto. E le madri quando lo raccontano piangono.

Non va bene. 

Niente va bene.

Non c’è futuro in un paese che ora chiude anche gli asili e si mette in bocca la parità di genere, la next generation e i bes in presenza, in attesa che quelli in dad diventino i dva di domani.

Ridatemi qualcosa per cui continuare a sperare.

Ridatemi un vaccino, che mi faccia venire la febbre, che mi faccia vomitare, che mi dia l’emicrania per una settimana. Magari che non mi faccia morire.

Ma ripartiamo.

E quando tutto questo sarà finito buttate a mare tutti gli acronimiche vi siete inventati in questi anni.

Datemi una scuola in cui non ci sia più nulla di speciale. Una scuola normale. Fatta di corpi e di presenza.

Per un po’ ce li faremo bastare. Promesso.