Educazione permanente

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Educazione permanente:
una prospettiva non solo “speciale”

di Rita Manzara

Nonostante l’emergenza sanitaria, l’istruzione e la formazione in carcere non hanno subito una battuta d’arresto.

Un monitoraggio condotto dal Ministero dell’Istruzione ha rilevato che il 95% dei Centri Provinciali per l’istruzione degli adulti ha garantito il proseguimento dei corsi di alfabetizzazione e di primo livello all’interno dei penitenziari.

La prosecuzione delle attività didattiche (prevalentemente attraverso la messa in campo, anche in questa realtà, della DAD) si accompagna con l’emanazione (avvenuta il 19 ottobre 2020) del nuovo Protocollo d’ intesa tra il Ministero dell’Istruzione e quello della Giustizia denominato “PROGRAMMA SPECIALE PER L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI”.

Il documento in questione richiama al concetto di educazione permanente come base dei percorsi di apprendimento in questo particolare contesto.

Tale concetto – che si riferisce ad un percorso rieducativo finalizzato al reinserimento nella vita sociale e lavorativa – evidenzia un fattore che, in realtà, dovrebbe caratterizzare qualsiasi azione formativa, cioè l’orientamento in vista della costruzione di un progetto di vita.

Per consolidare questa convinzione basti sottolineare, in primis, l’importanza dell’azione orientativa in un’ottica di inclusione, principio che deve pervadere l’esperienza scolastica di tutti i soggetti in essa coinvolti e si concretizza nella ricerca, presa di coscienza e messa in campo delle potenzialità di ciascuno, indipendentemente dalle condizioni di vita personali.

Tornando al sopra citato PROGRAMMA SPECIALE, da una lettura più dettagliata delle tematiche proposte si evincono le seguenti caratteristiche che debbono connotare l’intervento:

  1. il prevalere di tecniche esperienziali rispetto a quelle trasmissive;
  2. la realizzazione di percorsi che consentano di percepire l’utilità immediata e concreta delle competenze acquisite;
  3. l’utilizzo di strumenti, tecniche e metodologie didattiche flessibili in modo da formulare le proposte più adeguate per ciascun allievo;
  4. la valorizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sia per la realizzazione di percorsi di formazione a distanza, sia al fine di colmare il divario digitale dei soggetti.

Per quanto riguarda il primo punto, si sottolinea la congruenza delle tecniche indicate come prevalenti con una concezione di apprendimento basato su progetti, problemi e casi di studio che dovrebbe contraddistinguere un’attività scolastica universalmente efficace.

Un’attività, in altre parole, in cui il docente dovrebbe riuscire a discostarsi dal ruolo di trasmettitore di cultura per mettersi nei panni di organizzatore di ambienti di apprendimento.

Anche la caratteristica descritta al secondo punto dovrebbe connotare la totalità delle esperienze didattiche (in qualsiasi ambiente e indipendentemente dalla situazione contingente), poiché ogni studente dovrebbe immediatamente percepire le competenze acquisite come indispensabili per operare in un ambito di problem solving.

Quanto alla flessibilità (indicata al terzo punto), essa andrebbe privilegiata nella scelta delle metodologie di lavoro e degli strumenti da utilizzare in qualunque classe al fine di realizzare percorsi personalizzati in un ambito di gruppo.

Si pensi, a questo proposito ed a titolo di esempio, alla conduzione della classe con l’impiego delle tecniche proprie del Cooperative Learning, finalizzate a favorirel’evoluzione positiva dell’apprendimento scolastico di ogni discente in un contesto di collaborazione tra pari.

Infine, in merito alla necessità di valorizzare le tecnologie e le conoscenze in campo digitale, è palese il fatto che il loro impiego risulta indispensabile per tutti nella gestione di ogni aspetto della vita. Di conseguenza, l’impossibilità di utilizzarle (per mancata acquisizione di strumenti e/o competenze) costituisce un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di ciascun individuo.

Per concludere, si sottolinea l’importanza attribuita nel PROGRAMMA SPECIALE alla motivazione ad apprendere ed alla conseguente responsabilità del discente rispetto al percorso formativo avviato. La stipula del patto formativo individuale (prevista nei CPIA e relative scuole carcerarie) formalizza l’assunzione di un impegno.

Anche in questo passaggio l’azione del docente – in qualsiasi situazione – è fondamentale nel costruire una consapevolezza che dovrebbe essere avvertita come tale da parte di tutti gli studenti.