Quando la scuola impara

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Quando la scuola impara

di Maurizio Tiriticco

Il titolo di questo pezzo rinvia all’omonimo titolo di un bel libro che io ed Anna Armone scrivemmo nel lontano 1998 per i tipi della Tecnodid di Napoli. Eravamo piccoli, come si suol dire. Oggi la dott.ssa Armone, esperta di problemi educativi e scolastici, dirige la rivista trimestrale “Scienza dell’Amministrazione Scolastica”. Sono pubblicati quattro numeri all’anno, sia in cartaceo che in versione on line. La rivista è rivolta ai dirigenti scolastici e ai docenti di staff o meno delle scuole di ogni ordine e grado, e si propone come uno strumento di analisi delle politiche scolastiche. E, a mio giudizio, è molto prezioso. La rivista viene quindi da lontano e anch’io vengo da lontano! Sono un ultranovantenne, dirigente tecnico che dovrebbe essere in quiescenza! Ma è un’espressione che non mi piace affatto!Per cui, cerco di… non quiescere… troppo!

In quarta di copertina del volume citato si legge: “Il cambiamento organizzativo delle istituzioni scolastiche, indotto dalle recenti norme sull’autonomia, richiede che i dirigenti e gli operatori scolastici, ad ogni livello di responsabilità individuale e collegiale, mettano in atto nuove strategie di autoapprendimento che vadano oltre il tradizionale aggiornamento e concorrano a costruire una vera competenza collettiva progettuale nella scuola. Il testo ricostruisce il fenomeno dell’apprendimento adulto nelle organizzazioni, contestualizzandolo nel sistema scuola e analizza le possibilità offerte dai nuovi strumenti di progettazione e programmazione, dalla Carta dei Servizi Scolastici e dal Progetto di Istituto alla elaborazione di modelli formativi”.

In quegli anni nessuno avrebbe potuto prevedere che nel 2021, in forza della pandemia di questo maledetto covid-19, la nostra scuola avrebbe dovuto imparare molto e molto di più rispetto a quanto io ed Anna predicavamo in quel volume. Ma il fatto importante e innovativo è che “le organizzazioni che apprendono sono quelle nelle quali le persone incrementano le loro capacità di raggiungere i veri risultati cui mirano; nelle quali si stimolano nuovi modi di pensare orientati alla crescita; nelle quali si lascia libero sfogo alle aspirazioni collettive, e nelle quali, infine, le persone continuano ad imparare come si apprende insieme”. Così scrive Peter Senge in “The Fith Discipline, the art & practice of the learning organization”, Random House, London, 1990, pag. 3. E Senge è uno dei uno dei massimi esperti in materia.

In ordine a quanto ricordato e scritto, la Didattica ADistanza non è una deminutio, per dirla alla latina, bensì un valore altro, se non addirittura un valore aggiunto per quanto concerne l’apprendimento, purché ovviamente la si sappia gestire! Ed in primo luogo non venga avvertita come una didattica impoverita! Perché, in effetti, è una didattica “altra”. E non sto qui a ricordare – perché penso di averlo già scritto – che la DAD ha ascendenti illustri. Venna largamente adottata nell’Unione Sovietica, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, quando occorreva trasformare un Paese di tradizione agricola in un Paese industriale! Come raggiungere migliaia di “nuovi” operai in un territorio così vasto? Con l’istruzione a distanza! Iniziative analoghe si sono avute, sempre agli inizi del Novecento in altri Paesi, sempre di massima espansione, quali il Canada e l’Australia. Ed il tutto era supportato con l’invio di materiali di studio e di verifica dell’apprendimento; e con il sostegno di opportuni mediatori culturali. Non mancano esperienze italiane: ad esempio, la “Scuola RadioElettra di Torino”, attiva fin dal 1951. Ed ancora il Baicr, Cultura della Relazione, di Roma, per cui: ho curato corsi di pedagogia e di lingua e letteratura latina.

Ho scritto tutto questo per convincere i nostri insegnanti – ma molti penso che ne siano già convinti – che l’apprendimento a distanza, una learning organization, non costituisce un limite rispetto a quello in presenza, ma un apprendimento “altro”, che, se è ben gestito e finalizzato, nulla ha da invidiare all’apprendimento in presenza. Peròoccorrerebbe un sostegno, da parte dell’Amministrazione, a scuole, insegnanti e dirigenti circa la gestione di una DAD efficace. Il mio pensiero, ovviamente, non va all’INVALSI, che – come ho scritto più volte – si limita ad “inva.., dere” le scuole imponendo ai nostri studenti prove oggettive: prove che, in genere, non appartengono alla tradizionale didattica dei nostri insegnanti. Ma i compiti dell’INVALSI sono dettati dalla legge: art. 3 della legge 53/2003, meglio nota come “legge Moratti”: e sono quelli che sono.

Ma esiste anche l’INDIRE, acronimo di Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Che, come copio dal web, “è da oltre 90 anni il punto di riferimento per la ricerca educativa in Italia; accompagna l’evoluzione del sistema scolastico italiano investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola… Sviluppa nuovi modelli didattici, sperimenta l’utilizzo delle nuove tecnologie nei percorsi formativi, promuove la ridefinizione del rapporto fra spazi e tempi dell’apprendimento e dell’insegnamento.L’Istituto vanta una consolidata esperienza nella formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario e dei dirigenti scolastici ed è stato protagonista di alcune delle più importanti esperienze di e-learning a livello europeo”. Però, penso che si contino sulle punte delle dita i concreti interventi di aiuto per gli insegnanti.

E allora? Per concludere! Penso che la nostra scuola sia abbastanza sola di fronte a compiti di innovazione importanti e significativi! Che possono anche incrementare la didattica di sempre, quella del vis à vis insegnante/alunno. Un vis a vis che, comunque, oggi non è più in presenza, ma mediato da migliaia di schermi. E’ vero! La scuola sta cambiando! Ma il mondo intero che cambia! E sempre più velocemente! Ed essere al passo, spesso è difficile! Soprattutto per un vegliardo come me!