Bocciature a scuola? Mantegazza, pedagogista: «Superare il concetto di punizione e puntare sui recuperi»

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da Il Sole 24 Ore

di Maria Piera Ceci

Si attende l’ordinanza del ministro dell’Istruzione Bianchi sugli scrutini di fine anno, per capire se quest’anno si potrà bocciare o rimandare, oppure se, come lo scorso anno, meglio non usare il pugno duro visto il massiccio ricorso alla didattica a distanza. I presidi temono i ricorsi delle famiglie. E allora – dicono – nei casi dubbi meglio promuovere, introducendo poi l’obbligo di recupero, oppure rimandare addirittura lo scrutinio ad ottobre, dopo il corso di recupero. Dunque, bocciare o no quest’anno? Radio 24 lo ha chiesto a Raffaele Mantegazza, pedagogista all’università Bicocca di Milano, intervenuto a Tutti a scuola.

«Siamo arrivati a porci questa domanda perché per anni abbiamo inteso la bocciatura come punizione, come una minaccia, non come rarissimo strumento formativo. Non saremmo a questo punto se fosse stato un caso su cento, accompagnato da un progetto formativo e in modo tale che la famiglia la prendesse come un’attenzione nei suoi confronti e non come una punizione. Non saremmo a questo punto se non si pensasse che i ragazzi devono studiare per paura della bocciatura. In questo periodo emergono i punti dolenti della scuola».

Come finire dunque l’anno scolastico?
«Bocciare quest’anno sarebbe sbagliato, per motivi pedagogici, non giuridici. Penso che non si dovrebbe farlo, come lo scorso anno, però bisognerebbe attivare dei percorsi individualizzati per gli studenti più fragili, puntando sulla collaborazione tra ragazzi, iniziando un lavoro di mentoring, in modo che siano i ragazzi di poco più grandi ad aiutare quelli più piccoli nel recupero delle competenze. Le scuole potrebbero valorizzare il rapporto fra ragazzi. A volte si fa già, basta dar loro spazi ed opportunit».

Quest’anno c’è anche un problema legato alla valutazione. Molti insegnanti non sono preparati per insegnare a distanza, né tantomeno lo sono per valutare a distanza. Lei in un suo post ha stigmatizzato il comportamento di alcuni docenti che pretendono doppie e triple webcam durante le interrogazioni, che assegnano voti più bassi se salta la connessione internet. C’è un problema di formazione dei docenti nella valutazione a distanza?
«Questa settimana ho ricevuto molte segnalazioni di comportamenti assurdi: qualcuno ha bendato i ragazzi durante le interrogazioni. Un insegnante avrebbe dato una nota a un ragazzino perché abbaiava il cane. Comportamenti indecorosi, indecenti».

Si parla pochissimo degli studenti più grandi, dei ragazzi dell’università, costretti alla didattica a distanza ormai anche loro da marzo 2020. Che senso ha aver vaccinato i docenti universitari se poi gli studenti non possono tornare alle lezioni in presenza?
«Ha poco senso. Io mi sono vaccinato, sono contento di averlo fatto come gesto civico, però bisognava partire dai maestri della scuola dell’infanzia e poi a salire. Appartengo ad una categoria di privilegiati e si ignorano le persone che fanno educazione tutti i giorni con bambini e ragazzi. Per fortuna abbiamo vaccinato anche i ragazzi che svolgono i tirocini. Soprattutto quelli delle professioni sanitarie stanno rientrando per i tirocini. Ma sul ritorno alle lezioni in presenza la mia categoria è divisa: c’è chi coglie quanto sia fondamentale per un giovane andare all’università, frequentarla, viverla. E c’è invece chi questa cosa la ritiene secondaria. Io credo che i ragazzi imparino meglio, vivano un’esperienza bellissima stando in gruppo. Non tutti però la pensano così. C’è questa idea che quando uno diventa grande le emozioni non contino più, come se scadessero a 18 anni».