Cultura e Natura

Cultura e Natura

di Maurizio Tiriticco

Oggi, giovedì 8 aprile alle ore 17 sul sito FB dell’Irase nazionale, la Professoressa Patricia Tozzi parlerà su “La matematica per tutti, tra tradizione e innovazione”. Penso che quanto segue possa costituire il mio contributo alla discussione che seguirà.

Sono in troppi a pensare che tra il parlare ed il contare ci sia un abisso! Abisso che si replica nella scuola, tra l’alfabeto e le tabelline, tra le ore “lettere” e le ore di “matematica” Anche se, in effetti, la matematica è… anche un linguaggio! Uno dei tanti linguaggi con cui noi umani “vediamo/costruiamo” le cose. Chi pensa/dice che tra la parola e il numero c’è un abisso, penso che abbia capito ben poco. Perché in effetti non bisogna mai pensare/dire: “Nooo!!! Io non sono portato per la matematica” oppure “Nooo!!! Non fatemi scrivere! Le parole sono chiacchiere!”. Ed ancora: “Ho scelto lettere, perché in matematica ero una frana”. O, al contrario: “Ho scelto matematica perché… no no!!! Non fatemi scrivere!”. Strane persone che definirei ad una dimensione!Parafrasando il titolo di un noto libro, “L’uomo ad una dimensione”, che Herbert Marcuse pubblicò nei primi anni sessanta, e che fu anche una sorta di manifesto della “contestazione studentesca” del Sessantotto.

Ma ci sono anche persone, che non si dilungano in simili riflessioni, che ritengono astratte e che invece si definiscono persone molto concrete: “Ciò che conta è il più e il meno, il tanto e il poco. Quando vado al supermercato, so benissimo quanto posso/voglio spendere!”. Oppure:” Per la miseria! Devo rinunciare a un bel viaggio in America perché costa una tombola!”. A parte il fatto che oggi ci si mette pure il covid! Eppure, pensiamoci: una coppia di innamorati è 2! Una famiglia di 10 persone è una famiglia numerosa! La classe prima B è composta di 23 alunni. Lo sviluppo/crescita di un individuo è scandito da numeri: peso e altezza, giorni, mesi ed anni. E, se l’individuo si ammala, ecco i numeri dei gradi di febbre! I numeri del telefono del dottore!

Noi oggi distinguiamo l’alfabeto dalle tabelline, ma… I nostri Grandi – penso a Dante, a Galileo, a Leonardo – erano letterati e anche matematici, financo scienziati. Pensavano, scrivevano, facevano! Punto e basta! In realtà, le cosiddette due culture considerate da molti separate, quella della parola e quella del numero, sono assolutamente contigue. Perché, in effetti, la cultura è una! Però nella scuola c’è l’ora di lettere e c’è l’ora di matematica. Con due insegnanti diversi! Uno che “canta” ed uno che “conta”! E perché? L’interrogativo è una provocazione per riflettere! Insieme! Voglio comunque ricordare che due nostri grandi già ci hanno riflettuto. Alludo ad un volumetto, pubblicato da Laterza nel 2002, a mio vedere, prezioso: “Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture”. Ne sono autori Carlo Bernardini, il fisico, e Tullio De Mauro, il linguista. Il diavolo e l’acqua santa! O viceversa! Due grandi che, purtroppo, ci hanno recentemente lasciati. Copio dal web la sintesidel libro: “La cultura scientifica e la cultura umanistica si dividono il sapere dell’uomo fin da quando i primi popoli civili presero a scrivere e a far di conto. A volte alleati, a volte nemici, scienziati e umanisti hanno esercitato la loro influenza nella scuola, nell’università, nei giornali, nella formazione della classe colta e dei cittadini in generale. In questo pamphlet la disputa viene rievocata citando Benedetto Croce come Albert Einstein, Cicerone e Galileo, Darwin e Stevenson in una girandola di aneddoti, ricordi, notazioni. Tantissime le questioni da affrontare, tra cui l’eterno quesito: serve a qualcosa il latino? Ed un altro: i numeri sono più belli delle parole? Come rendere piacevoli le formule matematiche e rigorose le proposizioni discorsive?”. E allora qual è la conclusione? Che tra il contare il raccontare, tra il digitale e l’analogico – come ho avuto occasione di scrivere più volte – c’è una strana contiguità: due facce della stessa moneta: una faccia non potrà mai vedere l’altra, ma la moneta è unica e vale lo stesso!

A volte penso che riflessioni di questo tipo siano l’esito duro dell’idealismo tedesco e dei suoi epigoni italici. Penso sempre a Croce e a Gentile, se ancora oggi si pensa, si parla e si scrive di cultura letteraria e di cultura scientifica. In effetti, in tutta la tradizione colta una simile differenza – se non addirittura contrapposizione – non c’era. Forse l’ho già scritto perché sto a rincoglionire e la memoria non mi assiste, ma certi grandi, Dante, Galileo, Leonardo erano personaggi soprattutto curiosi ed instancabili ricercatori e scrittori. E penso anche che non sapevano affatto se fossero “scienziati” o “letterati”,“ricercatori” o “poeti”. E ancora! L’intero sistema dell’universo descritto dal greco Aristotele nel quarto secolo a.C. è stato ripreso pari pari quattrocento anni dopo da Tolomeo, un altro greco. E tutti e due scrittorie letterati, esperti anche e soprattutto di cose scientifiche. E secoli dopo i due massimi sistemi dell’Universo, quello geocentrico e quello eliocentrico, sono affrontati da Galileo addirittura in un dialogo di grande levatura letteraria.

Del resto, altri secoli dopo, il nostro Leopardi non fu affatto da meno. Sappiamo che nella biblioteca di papà Monaldo non c’erano solo opere letterarie, ma anche di matematica, fisica, chimica, astronomia. Insomma la “natura matrigna” non è solo un adagio poetico, ma l‘esito delle sue attente e mirate ricerche in materie che nulla hanno a che vedere con la letteratura e la poesia. Lo Zibaldone e le Operette Morali sono scritti ricchi di digressioni e di riflessioni che sembrano più quelle di un ricercatore oggettivo che di un impenitente pessimista. In realtà la Natura non è in sé crudele. La Natura è! Crea meravigliose ginestre e poi le uccide con una colata di lava. Perché la Natura non è la Religione: per lei non ci sono cose e fatti buoni o cattivi! Ci sono cose e fatti e basta: senza alcun aggettivo morale. Dice il poeta: “E tu, lenta ginestra, che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudelpossanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco giá noto, stenderá l’avaro lembo su tue molli foreste. E piegherai sotto il fascio mortal non renitente il tuo capo innocente…”. Ma è vera poesia? Se mettiamo le parole in fila senza la scansione dei versi poetici, emerge una prosa, e molto amara.

Per concludere, forse la scansione disciplinare serve solo per la scuola: l’ora di italiano, l’ora di matematica, ecc. In effetti, quando vai al supermercato, sei multidisciplinare. Per ogni prodotto, il peso, il prezzo, la provenienza, un minimo di merceologia. Questo non piace al nonno, ma piace alla nonna, questo va bene per il bambino. La natura del prodotto, ciò che è! La cultura del prodotto: piace o non piace; serve o non serve. “Contare e raccontare”: un dialogo che non ha mai fine.