Vaccini a scuola, niente dosi a un professore su 3: Ira presidi: «Fermarsi è irresponsabile»

da Il Messaggero

L’altro giorno, all’incontro con le Regioni, il generale Francesco Figliuolo, commissario per l’emergenza Covid, ha spiegato il cambiamento di strategia alla base dell’ordinanza che aveva appena firmato: «Un professore di 29 anni, non ancora vaccinato, non è più in categoria prioritaria, deve aspettare che prima vengano immunizzati gli anziani, i fragili e quelli un po’ meno anziani. Se era già stato prenotato, l’appuntamento va cancellato». Per il mondo della scuola cambia tutto. Certo, a chi ha già ricevuto la prima dose verrà data la seconda, ma tutti gli altri dovranno aspettare sulla base della loro età. Quanti sono? Le stime più credibili parlano di almeno 1,2 milioni tra insegnanti e personale scolastico, circa il 30 per cento. «Proteggere gli anziani subito è la decisione del presidente del Consiglio e la dobbiamo applicare» ha ripetuto Figliuolo, di fronte alle perplessità delle Regioni. Ma si alza la protesta dal mondo della scuola che, da qualche giorno, ha visto le riaperture anche in zona rossa.

Per domani Figliuolo ha convocato i rappresentanti sindacali e spiegherà loro il senso di questa decisione. L’Italia ha un numero medio di morti giornaliero tra le 400 e le 500 unità, tra i più alti in Europa, perché non ha protetto coloro che rischiano di più se si contagiano. Sopra gli 80 anni solo il 71,8 per cento ha ricevuto almeno una dose (è la classe di età in cui 1 su 5 muore se viene contagiato); tra i 70 e i 79 anni siamo fermi al 20,8 per cento (e anche qui la letalità è altissima, 1 su 10). Per meno del 13 per cento dei sessantenni c’è stata la prima somministrazione. Draghi ha detto: ora dobbiamo vaccinare gli anziani, ai giovani penseremo dopo.

Ma così si interrompe la campagna vaccinale tra gli insegnanti. E si crea una disparità di trattamento tra i fortunati che hanno fatto in tempo a ricevere una dose (e quindi otterranno anche la seconda) e coloro che dovranno, probabilmente, aspettare la fine dell’anno scolastico per iniziare il percorso vaccinale. In parallelo, lo scontento nel mondo della scuola riguarda anche altro: la riapertura, per quanto voluta con forza dal governo, è avvenuta senza che nulla in sostanza sia cambiato sul fronte della prevenzione della diffusione del virus. La campagna dei tamponi tra gli alunni, che era stata proposta dall’ex coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, oggi consulente del Ministero della Pubblica istruzione, nei fatti non è mai partita. Ci sono iniziative delle singole regioni, come quella del Lazio, ma comunque i test sistematici per contrastare la circolazione del virus nelle classi non si fanno. Se è vero che i contagi in Italia, sia pure lentamente, stanno diminuendo, ora c’è il rischio, secondo alcuni esperti, che tra due settimane pagheremo il conto della ripresa delle lezioni con un incremento dei nuovi casi positivi. Tra i professori, intanto, cresce lo scontento. L’idea che tutto si blocchi e che addirittura possano essere cancellati gli appuntamenti ha sollevato una bufera di proteste. Domani il malcontento si farà sentire nell’incontro con la struttura commissariale.

Confronto

«Sarà un confronto importante per capire come davvero si andrà avanti da qui ai prossimi mesi – spiega Maddalena Gissi, segretario nazionale della Cisl scuola – Se vogliamo riaprire la scuola in sicurezza è indispensabile che tutto il personale scolastico possa vaccinarsi. Da mesi chiediamo certezze sulla ripartenza. E il 16 aprile ci sarà un nuovo incontro sul protocollo di sicurezza, anche quello deve essere aggiornato». Domani tornerà in presenza un milione di ragazzi, si tratta di tutte quelle classi lasciate a casa nell’ultima settimana dopo Pasqua. Saranno quindi in aula, in tutto, 6,6 milioni di alunni: vale a dire 8 ragazzi su 10 rispetto agli 8,5 milioni complessivi delle scuole statali e paritarie. Si sta tornando, nei numeri, a fine febbraio quando le scuole, dopo il rientro scaglionato delle Regioni dalle vacanze di Natale e dal lungo lockdown autunnale per le superiori, ripresero le loro attività in presenza. Di lì a poco però, a metà marzo, il Governo fu costretto a chiudere tutto per una nuova impennata dei contagi. E così anche ora potrebbe essere alto il rischio che, senza nuove misure di contenimento, tutto precipiti di nuovo. L’unica differenza, fino a ieri, era la campagna vaccinale a tappeto per il personale scolastico. Gli studenti, per la verità, sarebbero rimasti comunque a rischio contagio (e di diventare diffusori del virus), perché non ci sono vaccini per gli under 16. «Fermare la campagna vaccinale per il personale scolastico è un provvedimento illogico – sottolinea Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi – siamo pronti a protestare con tutto il nostri dissenso: i docenti non sono dei privilegiati. Devono rientrare nelle categorie a rischio perché ogni giorno incontrano anche oltre 100 studenti diversi: possono diventare un facile veicolo di virus. Sarebbe assurdo non metterli in sicurezza».