La professione docente tra innovazione e formazione

La professione docente tra innovazione e formazione

di Cettina Calì

L’esperienza della didattica a distanza, vissuta in quest’ultimo anno a causa dell’emergenza COVID-19, ha posto ogni scuola davanti alla consapevolezza che gli strumenti digitali sono ormai diventati indispensabili supporti formativi e di organizzazione dai quali non si può più prescindere.

Questo nuovo “modo di fare scuola” si contrappone radicalmente alla scuola “di tradizione”, in cui l’ambiente di apprendimento coincideva con lo spazio fisico dell’aula e le attività proposte erano basate esclusivamente su individualismi didattici, dove il docente seguiva il personale universo teorico ed etico e solo eccezionalmente si applicava ad attività corali, di stampo multidisciplinare.

L’apprendimento non era determinabile da metodiche di didattica attiva, da esperienze laboratoriali; ma, al contrario, era esclusivamente una conseguenza dell’insegnamento trasmissivo, disciplinarista, rigido, organizzato burocraticamente. L’esperienza della pandemia, invece, ha invertito i tradizionali impianti didattici, favorendo il learning by doing, la metodica laboratoriale etc. Anche la nuova figura dell’insegnante, che guida gli allievi all’uso degli oggetti culturali per permettere la costruzione di schemi cognitivi di apprendimento mediante l’adozione di metodologie didattiche innovative, multidisciplinari e cross-mediali che pongano al centro l’alunno, la personalizzazione didattica e l’apprendimento partecipato, ne esce talmente innovata.

Le esperienze didattiche non sono più mere riproduzioni di percorsi già compiuti, di lavori già realizzati; ma, partendo dalle esperienze degli studenti, adesso favoriscono l’individuazione di nuove pratiche che permettano agli stessi alunni di accedere ai vari saperi.

Ogni angolo della scuola – aule, corridoi, atti, spazi all’aperto etc -, secondo questa nuova prospettiva, deve essere organizzato per diventare setting di apprendimento. L’ambiente di apprendimento, in tal modo, va oltre i confini dell’aula, spostando il baricentro dall’insegnamento trasmissivo all’apprendimento coinvolgente, e diviene uno spazio dinamico di azione, il luogo dell’apprendimento significativo, della riflessione, della condivisione, della costruzione.

In questo nuovo scenario l’insegnante guida gli allievi nello sviluppo delle proprie competenze utilizzando diversi approcci e metodologie (blended learning, learning by doingproject, based learning, game-based learning, problem-solving, role playing e debate, BYOD e didattica collaborativa, coding e robotica educativa, stampa 3D, STEAM, digital storytelling).

Wilson ritiene che “l’ambiente di apprendimento è un luogo dove le persone possono lavorare insieme e supportarsi l’un l’altro mentre usano una varietà di strumenti e di risorse informative  nel loro compito di conseguire gli obiettivi di apprendimento e di risolvere problemi”. A tal proposito egli suddivide gli ambienti di apprendimento in tre gruppi: 

-Ambienti d’apprendimento d’aula: comprendono gli ambienti fisici. Un esempio di tali ambienti è l’aula scolastica. 

-Ambienti d’apprendimento virtuali: gli studenti interagiscono tra loro mediante l’iscrizione a piattaforme.  

-Ambienti d’apprendimento immersivi: ambienti d’apprendimento che vengono ricreati al computer (es. serious games o giochi immersivi).  

Per implementare ogni innovazione all’interno della scuola, tuttavia,  bisogna far leva sulla formazione dei docenti. “L’insegnante diventa un professionista se consolida una propria biografia professionale, se entra in un ciclo vitale di esperienze di crescita culturale, che comporta la partecipazione di azioni, ma soprattutto la capacità di riorganizzare e migliorare le proprie esperienze di lavoro attraverso un approccio che si può definire cognitivo-riflessivo, cioè rimettendo in gioco le proprie risorse cognitive ed emotive” (Quagliano). 

In quest’ottica la formazione, oltre che un dovere professionale ed un diritto contrattuale, diviene impegno e responsabilità professionale di ogni docente che tende al miglioramento continuo. Nella scuola dell’autonomia, ogni Istituto, nella revisione del proprio piano di formazione dei docenti, deve armonizzare le azioni formative con le priorità, i traguardi, gli obiettivi individuati dal rapporto di autovalutazione (RAV) e dal conseguente Piano di miglioramento, con i principi e le strategie del P.T.O.F.

Il Piano di formazione dei docenti, in tal modo, non può esaurirsi con la frequenza sporadica di qualche corso di aggiornamento da parte dei docenti più motivati, ma diviene l’elemento regolativo capace di orientare le pratiche professionali nella direzione della costruzione di una “ comunità di pratiche” all’interno dell’Istituto che:

 -sappia coniugare teoria e prassi per offrire soluzioni operative di empowerment professionale;  

-definisca le aree per la formazione professionale che siano coerenti con i bisogni emersi e che rispondano alle reali esigenze di miglioramento;  

-favorisca l’apertura della scuola  alla collaborazione con altre agenzie educative e con le reti di scuole;  

-attivi nuclei di collaborazione interni alla scuola e di interscambio in termini di competenze professionali per la  condivisione, la riflessione, la diffusione di buone pratiche, di gruppi di lavoro fra docenti; 

-descriva gli standard attesi dei vari segmenti di formazione specificandone i parametri di riferimento e i fattori di qualità che li caratterizzano;   

-misuri la ricaduta attesa delle iniziative di formazione nell’attività ordinaria delle classi attraverso  strumenti di monitoraggio, verifica e valutazione non solo dei prodotti ma anche dei percorsi e dei processi.   

Solo così facendo  la formazione funge da feedback per lo sviluppo successivo in progress dell’attività formativa  ed è realmente finalizzata al miglioramento dei risultati degli allievi.