E. Trevi, Due vite

Emanuele Trevi, il giudice, l’amico

di Antonio Stanca

Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1964, è figlio di Mario Trevi, noto psicoanalista di tendenza junghiana. Come critico letterario e scrittore è generalmente noto Emanuele ma si dovrebbe osservare che in molti sensi si muove, si applica, che non s’impegna solo a curare, commentare le edizioni di importanti opere letterarie del passato più lontano o più vicino, a scrivere di narrativa ma è presente pure su giornali e riviste, alla radio e suo tema preferito è l’attualità culturale, artistica, la condizione umana, sociale che si è venuta delineando ai tempi moderni, le sue manifestazioni, la loro spiegazione alla luce delle recenti conquiste della psicologia, della psicoanalisi, della filosofia, delle scienze dette “umane”. Aver avuto un padre psicoanalista ha contribuito a che il Trevi assumesse la posizione dell’osservatore, dell’interprete, del critico dei fenomeni umani, sociali, che prestasse particolare attenzione al percorso, allo svolgimento della vita e soprattutto dei pensieri, dei sentimenti che lo accompagnano e che insieme ad esso, come esso cambiano, si modificano, migliorano, peggiorano, vincono, perdono, avanzano, arretrano, iniziano, finiscono.

   Lo spazio del pensiero è quello preferito dal Trevi sia nei saggi sia nei romanzi. Riconosciuto, premiato è stato in entrambe le applicazioni e tra le più recenti va segnalata l’opera Due vite, edita da Neri Pozza prima nel 2020 ed ora nel 2021 per la serie “Bloom”. Ha partecipato alla LXXV edizione del Premio Strega. Contiene un’indagine, una lunga indagine che Trevi dedica alla vita, all’opera, alla morte prematura di due note figure d’intellettuali italiani, Rocco Carbone e Pia Pera, entrambi suoi amici. Non solo studiosi sono stati ma anche autori, narratori: uno proveniva da Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria, dove era nato nel 1962, l’altra da Lucca, nata nel 1956. Prima che scrittore Carbone era stato un emerito studioso di Letteratura. Laureatosi a La Sapienza aveva continuato ad applicarsi nella ricerca ed aveva ottenuto un incarico a La Sorbona ma in seguito era rientrato in Italia ed aveva accettato d’insegnare in un carcere femminile.

   Pera si era laureata in Letteratura russa all’Università di Trento, aveva cominciato con la traduzione di opere di importanti autori russi, con saggi su giornali e riviste ed era approdata alla narrativa. Anche lei si era spostata, era vissuta tra l’Italia e l’estero ma, a differenza di Rocco che lo aveva fatto per inseguire i suoi sogni, i suoi amori, Pia era stata richiamata dai suoi studi, dagli autori tradotti, dalla conoscenza dei loro ambienti. Più disposta verso l’esterno si era mostrata, più propensa ad accettare l’altro, capirlo, stargli vicino. Distinta era nel portamento, nei rapporti, capace d’irritarsi ma anche di passarci sopra e con facilità. Non teneva il cruccio, andava oltre, procedeva sempre, disinvolta, spigliata era. Un cammino senza soste sembrava il suo nonostante i numerosi impegni che assumeva. Anche Rocco sarebbe giunto dopo alla scrittura narrativa ma, a differenza di Pia, non era semplice, facile il suo carattere. Non era disposto verso gli altri, era sempre compreso nei suoi pensieri, nei suoi problemi, angustiato, tormentato da paure, sospetti, pericoli creati dalla sua mente. Sempre di questi voleva parlare, cercava comprensione, voleva essere aiutato, capito, sorretto. In qualsiasi scambio era lui, erano le sue cose a dover valere, a meritare attenzione. A sé tendeva a ridurre, a riportare tutto, alla sua anima inquieta, turbata, perseguitata. Difficile era per lui avere buoni rapporti compreso quello con Emanuele, che di entrambi, Pia e Rocco, era stato amico per tanto tempo e che del loro carattere, del suo riflesso nelle loro azioni, nelle loro opere aveva già scritto. Ora, in questo libro, ha messo a confronto i due casi, le “due vite” e lo ha fatto con la capacità, la chiarezza dello specialista di letteratura e di psicologia, di quello che conosce bene i riflessi del pensiero, dell’animo, sa quanto d’interiore si agita in ogni vita, quanto di oscuro si nasconde in ogni coscienza.

   Quella del Trevi è un’analisi a tutto campo estesa a comprendere anche quanto succedeva nella storia, nella vita, nella cultura di quell’ultimo ‘900 e primo 2000. Non è, però, un trattato scientifico ché tanti sono i momenti di abbandono, di partecipazione, tante le situazioni affettive, tanta l’amicizia che correva tra i tre e della quale scrive. Giudice severo si mostra Trevi ma anche amico intimo di Pia e di Rocco. Quell’amico che non sa adattarsi all’idea della loro scomparsa e che crede di vederli ancora, di starci insieme. Molto bene procede nell’opera poiché tra diversi elementi, tra la vita e la morte, il saggio e il romanzo, il romanzo e la poesia, si muove senza mai farli rimanere separati, divisi ma colmando ogni distanza, annullando ogni differenza.