Ritorno a scuola e riaperture, per virologi e matematici avrà un costo in vite umane. Ma Draghi fa bollinare il decreto

da La Tecnica della Scuola

Continua a rimanere vivo il dibattito sul numero sostanzioso di alunni, almeno 7 milioni, che dal 26 aprile si siederanno sui banchi, con una parte sempre più ristretta rimasti a fare la DaD: a diversi virologi, in particolare, la possibilità di introdurre delle deroghe a livello locale, garantita dalla ministra Mariastella Gelmini, non basta. Anche perché si continuano a contare 16.232 nuovi casi e 360 morti al giorno.

Il ‘no’ degli epidemiologi

Uno degli esperti più contrariati è certamente il direttore del reparto di Infettivologia dell’ospedale Sacco di Milano, il professor Massimo Galliperchè si tratterebbe di un “rischio calcolato male” perchè “abbiamo ancora 500mila casi attivi, che significa averne il doppio” e “ci sono ancora molti anziani non vaccinati”.

Anche il microbiologo dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, si dice molto scettico, e punta l’indice contro il Comitato Tecnico Scientifico, al quale chiede “cosa è stato calcolato e ragionato e quanti morti siamo disposti a tollerare”.

Anche gli esperti di statistiche esprimono il loro dissenso. A spiegarne i motivi è il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Cnr, secondo il quale i numeri sono ancora troppo alti in Italia per poter riaprire.

“Una strategia perdente”

Sebastiani sostiene che è alto il rischio di nuova chiusura, in una situazione di contagio così alta. Quindi si sta realizzando “una strategia perdente”.

Dice che bisognava pazientare ancora 30 giorni. “Ritardando le riaperture di un mese, a fine maggio, sarebbe possibile almeno completare la vaccinazione degli over 70 salvando migliaia di vite”, spiega Sebastiani.

E ancora: “Se le ultime misure fossero state messe in atto a fine gennaio e non avessimo riaperto le scuole, saremmo scesi a un valore di incidenza corrispondente al controllo del tracciamento”.

Per il Matematico, “invece di parlare di ‘rischio calcolato’”, sarebbe “più corretto parlare di ‘costo calcolato’. Costo in termini di vite umane, le vite delle persone appartenenti alla categoria degli over 70, corrispondente all’86% della mortalità per Covid-19, per la quale mancano circa 12,4 milioni di somministrazioni per la vaccinazione completa, ossia con due dosi”.

Decreto approvato

Intanto, però, con almeno il 70% di studenti nelle scuole collocati nelle zone gialle e arancioni. Il provvedimento è stato confermato nel decreto del Governo sulle riaperture: il testo è stato bollinato nella serata del 22 aprile.

È vero anche che resta la deroga fino al limite minimo del 50% di presenza degli studenti a scuola nel caso di “eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica”.

Fedriga si fa sentire

Il passaggio dal 60% al 70% ha lasciato comunque degli strascichi. Per il neo presidente della Conferenza, Massimiliano Fedriga, “l’aver cambiato in Cdm un accordo siglato da noi con i Comuni e le Province sulla presenza di studenti a scuola è un precedente molto grave”

Un precedente che potrebbe già avere “incrinato la reale collaborazione tra Stato e Regioni”. E pensare che dall’attuale governo nei giorni scorsi era stato più volte detto che rispetto al passato si è creato un rapporto di rispetto con gli enti locali.

L’inutile lettera al premier

I presidenti delle Regioni hanno inviato pure una lettera al premier per esprimere “amarezza” e chiedere “un incontro urgente prima della pubblicazione del provvedimento”. Invece Mario Draghi è andato dritto.

Palazzo Chigi parla però di un ‘tagliando’ periodico del dl, se i numeri dei contagi lo permetteranno: l’idea condivisa dall’Esecutivo è che sul provvedimento ogni due settimane verrà fatto un check a tutte le misure previste dal decreto. Il primo sarà a metà maggio.