L. Oreiller – I. Borgna, Il pastore di stambecchi

Louis Oreiller, la montagna come ragione di vita

di Antonio Stanca

Quest’anno dal Gruppo Editoriale GEDI è stato riedito Il pastore di stambecchi (Storia di una vita fuori traccia) di Louis Oreiller e Irene Borgna. La prima edizione risale al 2018. Nell’opera la Borgna, giovane laureata in Filosofia e impegnata nel dottorato in Antropologia Alpina, dice di essere riuscita a raggiungere l’Oreiller, l’allora ottantaquattrenne uomo della montagna, a Rhêmes-Notre-Dame, la piccola e angusta valle valdostana situata a 1700 metri d’altezza dove vive nella casa che era stata dei nonni e poi dei genitori. Non era un’intervista quella che lei cercava ma una confessione circa i tempi, i luoghi, i mezzi, i modi che erano stati della sua vita, una testimonianza di cosa comporta, di cosa significa stare in montagna, abitare a quell’altezza. Ne era venuto fuori questo libro che contiene quanto dichiarato dall’Oreiller in quella circostanza, quanto da lui narrato ad un’ascoltatrice oltremodo stupita, meravigliata, affascinata.

   Inizierà a dire da quando era bambino, da quando era nato nel 1934 in quella Rhemes di pochi abitanti della Val d’Aosta compresa tra il Parco del Gran Paradiso e una riserva di caccia, affacciata sulla Dora. Lo farà con un linguaggio quanto mai immediato, spontaneo che trasferirà sulla pagina anche le esclamazioni, i lamenti, le grida, i fruscii, i rumori ed ogni altro segno della presenza umana, animale, vegetale.

   Col tempo, una volta cresciuto, Louis avrebbe avuto un impiego, una paga, avrebbe lavorato come guida, guardiaparco, guardiacaccia. Prima, però, aveva dovuto adattarsi ad ogni tipo di situazione, svolgere i lavori più diversi compresi quelli clandestini. Dopo pochissima scuola era stato manovale, boscaiolo, pastore, contrabbandiere, bracconiere. Era stata la povertà, la vita arretrata che a Rhêmes si conduceva a farlo andare in quel senso, a fargli fare della montagna il suo modo di essere, di vivere. Tutto dalla montagna avrebbe ricavato, non lo avrebbe fatto solo per sé ma anche per la sua casa, per quella dei genitori e poi per quella della sua famiglia. Ogni luogo della montagna sarebbe divenuto di sua conoscenza, non vi sarebbe stato nessun segreto per il ragazzo e per il giovane Louis. Le rocce, le grotte, i rifugi, le pietre, i passaggi, i sentieri, le piante, gli animali, le acque, la neve, le valanghe, tutte le cose proprie della montagna sarebbero diventate sue, tra esse avrebbe imparato a muoversi, avrebbe corso grossi pericoli, si sarebbe salvato, avrebbe salvato, aiutato, soccorso poiché buona, generosa era la sua indole.

   Per mezzo della montagna era sopravvissuto, aveva combattuto le sue gravi condizioni economiche, aveva imparato a pensare, a riflettere, a capire. Era cresciuto, si era formato con la montagna, di ogni esperienza, di ogni incontro, scambio, rapporto ma anche di ogni conflitto, competizione, rivalità, era stato il luogo. Forte era diventato nel corpo e nella mente mentre lontano si sentiva il rombo della guerra. Si era poi sposato, aveva avuto un figlio, aveva trovato una sistemazione, un guadagno assicurato ma la sua vita non era cambiata di molto. Se prima da clandestino aveva fuggito le guardie ora da guardia doveva controllare i clandestini, doveva stare come prima molto tempo in montagna, doveva trascorrervi intere giornate o nottate, la solitudine, il silenzio sarebbero continuati, avrebbero stimolato i suoi pensieri, i suoi ricordi, i suoi sogni. Adesso, però, conosceva ogni luogo, lo aveva imparato in precedenza, era diventato tanto esperto da fare anche da guida a turisti o ad altri visitatori, da essere considerato un personaggio importante del posto, un riferimento sicuro.

   Un racconto lunghissimo diventerà quello dell’Oreiller, una narrazione che conterrà tante avventure, non solo del protagonista, da legare il lettore fin dalle prime pagine. Vorrà sempre sapere cosa succede, chi c’è, cosa fa. Fino alla fine rimarrà incuriosito poiché tanti e così diversi saranno gli eventi narrati, tanto nuovo, tanto misterioso il posto, le case della valle, i boschi, i fiumi, gli animali della montagna, da fare dell’opera una rivelazione continua, una sorpresa interminabile.

   Si concluderà questa con Oreiller che esprime la sua nostalgia per i tempi passati, il suo rimpianto per quanto è finito, per quella Rhêmes ridotta solo a qualche abitante come lui o d’estate a qualche turista. Aveva sofferto in quei posti ma vi era rimasto legato, erano stati quelli della sua adolescenza, della sua giovinezza e il loro ricordo lo portava a superare ogni sofferenza patita, a parlare con entusiasmo.    Una prova può essere considerato il libro di quanta forza può derivare dal sacrificio, di come possa trasformarsi in un merito superiore ad ogni altro, in una ragione di vita.