L’arte del tagliare

Ministero dell’Istruzione, ovvero l’arte del tagliare

di Mario Maviglia

Molti predecessori del Ministro Bianchi hanno abusato fin troppo dell’arte del tagliare (o del togliere), riducendo il numero delle classi, dei posti docente, dei plessi, dei finanziamenti.

Ne parla lo stesso Bianchi nel suo ultimo libro Nello specchio della scuola: la spesa per l’educazione in Italia, per tutti i settori, è passata dal 9,21% della spesa pubblica nel 2009 all’8,4% nel 2012, al 7,81% nel 2016.

E sempre l’attuale Ministro ci ricorda che negli stessi anni la Germania passava rispettivamente dal 10,19% all’11,03% al 10,93%.

Insomma, mentre nel periodo considerato l’Italia operava tagli selvaggi nel campo dell’istruzione, la Germania manteneva gli stessi livelli di spesa, e anzi li incrementava, sebbene di poco.

Insomma, in viale Trastevere il Ministro Bianchi troverà un consolidato know how in materia di tagli, qualora volesse proseguire su questa strada.

Ma anche nell’attuale compagine governativa c’è qualche collega dell’attuale Ministro che può dargli utili suggerimenti su come operare “economie” sulla scuola.

Ma a noi piace pensare che il Ministro Bianchi voglia esercitare l’arte del tagliare rivolgendola ad altri ambiti per alleggerire veramente la scuola da zavorre che la stanno soffocando.

Gliene indichiamo alcuni, senza alcuna pretesa di esaustività:

– Occorrerebbe dare una bella sforbiciata a tutta la burocrazia che opprime la scuola e il lavoro dei suoi operatori. Tra circolari, note, direttive, ordinanze, e chi più ne ha più ne metta, le scuole vengono inondate di una massa assolutamente ingiustificata di richieste, indicazioni, ordini, sollecitazioni. L’Amministrazione sembra sovente dimenticare che alle scuole è affidato il delicato compito di educare, formare e istruire le giovani generazioni e che l’attività amministrativa è a supporto di questi prioritari e importanti obiettivi, non viceversa. In una ipotetica scala di valori, la scuola sta al primo posto, l’Amministrazione più in basso. C’è da sperare che il Ministro ricordi ogni tanto all’establishment burocratico ministeriale questa lapalissiana verità. Questa superfetazione amministrativa si è talmente insinuata in tutte le diramazioni del sistema scolastico che non ne sono immuni nemmeno i dirigenti scolastici, tant’è che alla produzione dell’Amministrazione Centrale e Periferica si aggiunge quella delle singole scuole con effetti devastanti per la vita delle scuole. L’aspetto più irritante di questa faccenda è che buona parte dei dati che vengono richiesti alle scuole o ai singoli docenti di solito sono già in possesso della PA, ma i sistemi informatici non dialogano tra di loro e dunque ogni volta occorre fornire elementi che sono sicuramente allocati in qualche snodo della rete telematica.

 – Bisognerebbe tagliare drasticamente gli inutili monitoraggi che si abbattono sulle scuole e che hanno il sapore più di stalkeraggio burocratico che di strumenti di gestione. Andrebbe vietato nel modo più assoluto a dirigenti e funzionari di richiedere alle scuole dati e informazioni che posseggono già. Le scuole sono deputate alla gestione dei processi di apprendimento e di socializzazione, non alla produzione di scartoffie o alla compilazione di schemi, dati, rapporti la cui finalità sfugge quasi sempre ai compilatori. I risultati di questi monitoraggi nella stragrande maggioranza delle volte si perdono nei meandri della burocrazia e non vi è alcun ritorno su chi ha fornito i dati, oltre che non esserci alcuna ricaduta sull’innalzamento della qualità del sevizio scolastico. Talvolta sorge il dubbio che tutto ciò serva solo a giustificare l’esistenza di determinati uffici.

 – Occorrerebbe avere il coraggio di togliere di mezzo i commi 5bis e 6 dell’art. 19 del D.Lvo 165/2001 (nomina di dirigenti di seconda fascia senza concorso) che in Italia sono sinonimo di malaffare e di pratiche clientelari. Sappiamo che questa norma riguarda tutta la Pubblica Amministrazione e non solo il settore dell’Istruzione, ma ilMinistro dell’Istruzione potrebbe farsi promotore per un superamento di questo istituto pregno di fenomeni corruttivi. E se proprio non può far abrogare questo inciampo giuridico, potrebbe almeno la gestione delle procedure comparative a soggetti esterni all’Amministrazione interessata alle nomine: forse non verrà debellato il malaffare, ma sicuramente può essere attenuato, e di molto.

 – Sarebbe auspicabile togliere buona parte dei meccanismi garantistici del personale che ingessano l’azione della scuola e cristallizzano situazioni critiche. Non siamo per i facili licenziamenti. Tutt’altro. Ma c’è un limite alla decenza. Se un soggetto non è in grado di fare il proprio lavoro (dal collaboratore scolastico al dirigente) è bene trovargli un’altra occupazione. Se il soggetto in questione è un docente la cosa è ancor più delicata perché non si comprende per quale motivo gli allievi non debbano vederrispettato il loro diritto all’apprendimento. Le zavorre sono indispensabili in certe imbarcazioni, a scuola se ne può fare a meno. Il discorso, ovviamente, vale per tutto il settore della PA, e non solo per la scuola.

 – Sarebbe necessario togliere buona parte delle norme riguardanti la privacy. In una società che esibisce ad ogni pie’ sospinto, attraverso i mass media, vita morti e miracoli di ognuno di noi, le norme sulla privacy a scuola stridono in modo indisponente. Si arriva al paradosso che l’insegnante non può riprendere in classe uno studente perché questo lede la privacy. Arriveremo a dotare ogni studente di un nickname per garantire la riservatezza dell’identità?

 – Richiedere un taglio drastico del precariato a scuola suona come un’aspirazione del tutto utopica. Un modo comunque ci sarebbe per tentare di risolvere il problema: basterebbe fare concorsi regolari e alle scadenze previste, evitando che si creino sacche di precariato oltre il limite fisiologico.Certo, se si pensa che tutta la procedura concorsuale possa essere gestita senza che i commissari (di solito dirigenti scolastici e docenti) possano essere esonerati dal servizio, allora ogni concorso avrà una vita difficile, come si è visto recentemente, perché non si possono fare le nozze coi fichi secchi (o, se preferisce, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca…). 

Tutte le misure elencate sopra – a parte l’ultima – non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (come con ragionieristica puntigliosità viene spesso riportato negli atti pubblici). Anzi, a pensarci bene, anche quest’ultima voce potrebbe essere comodamente sostenuta dalla finanza pubblica: basterebbe acquistare un F35 in meno per l’aviazione militare (costo unitario di circa 100 milioni di euro).

Con tutti i tagli proposti sopra, si potrebbero liberare energie e risorse per la scuola e rendere più efficace ed efficiente l’azione delle istituzioni scolastiche. Ma sembra che l’innalzamento della qualità dell’istruzione e della formazione in Italia non sia un valore così importante da perseguire.