«Studenti da giudicare sull’impostazione scelta, non su date o integrali»

da Il Sole 24 Ore

di Maria Piera Ceci

Li conosce tutti per nome i suoi studenti Giovanna Mezzatesta, dirigente scolastica del liceo scientifico Bottoni di Milano. E con loro si è battuta per riportarli in classe il prima possibile, pensando soprattutto ai maturandi.

Che maturità è questa?

È un’altra maturità sospesa. Si sarebbe potuto annullare, come hanno fatto altri paesi. Fare una prova orale consente però di conservare il rito. Ma non per tutti i ragazzi è la stessa cosa. I ragazzi sono chiamati a parlare, ad esporre l’elaborato, in un anno in cui non hanno avuto molto modo di sperimentare l’eloquio, la socialità. Quello che non si può avere dietro a un Pc è l’apprendimento cooperativo. Questa è scuola, altrimenti facciamo ascoltare ai ragazzi Piero Angela che è la stessa cosa.

Che ragazzi diplomate quest’anno? Siete preoccupati?

Siamo abbastanza preoccupati. Sono in aumento i ragazzi con problemi di depressione. Capisco l’attenzione per la crisi economica, questi ragazzi non avranno bisogno di ristori immediati, ma futuri ristori serviranno. Non producono Pil, ma sono il Pil del nostro futuro.

Ultimo mese di scuola. Che consiglio dare agli insegnanti?

Ai miei insegnanti ho fatto una raccomandazione, usando un’espressione latina: “Festina lente”, cioè andate lentamente di corsa. Non serve buttare i ragazzi a recuperare programmi. Serve accoglierli, farli lavorare insieme, fargli salire questa montagna fino alla vetta tutti insieme, in cordata.

E ai commissari invece?

L’anno scorso avevo detto: Evitate di interrogarli e fateli parlare. Non è necessario che dimostrino quello che sanno, voi lo sapete quello che sanno. Vediamo come impostano questa loro prova e giudichiamo quella. Non giudichiamoli se non ricordano l’integrale o una data.

Debutta il curriculum degli studenti, mentre poco è rimasto del Pcto, l’ex alternanza.

Impossibile fare Pcto in Dad. Per il curriculum degli studenti, vorrei capire cosa sia. Dovrebbe contenere ciò che la scuola ha fatto fare ai ragazzi di attività extrascolastiche. Non quello che ha fatto lo studente per sua iniziativa, altrimenti si finisce con l’avere chi ha fatto lo stage in America perché il papà lo ha pagato e chi ha fatto solo quattro partite di pallone, in un campetto di periferia.