Un 5 maggio ricco di storia/e

Un 5 maggio ricco di storia/e

di Maurizio Tiriticco

Oggi è il 5 maggio ed ecco una prima importante ricorrenza. —- 1821 – E’ riportata nell’incipit de IL 5 MAGGIO, la famosa ode di ALESSANDRO MANZONI che tutti a scuola abbiamo imparato a memoria! Allora! Oggi le poesie sì e no si leggono e basta! Almeno penso. —- “Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita, la terra al nunzio sta, muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale; nésa quando una simile orma di pie’ mortale la sua cruenta polvere a calpestar verrà…” —– Quante volte, nel mio insegnamento di lettere, ho avuto a che fare con questa celeberrima ode. E quante volte “mi sono arrabbiato”, quando l’alunno, alla “recitazione”, ovviamente a memoria – quando molte poesie si imparavano a memoria – dopo lo “sta” si arrestava. E dicevo insistendo: “””dopo lo “sta” c’è una virgola, una pausa, non un punto”””. Ma niente da fare! Comunque, torniamo a noi. La notizia della morte di Napoleone Bonaparte, confinato in quella sperduta isola di Sant‘Elena, in pieno Oceano Atlantico, giunse in Europa molti mesi dopo l’evento. Il fatto che Napoleone, al momento della sua morte, si trovasse prigioniero sull’isola di Sant’Elena, l’isola più lontana e irraggiungibile dell’Impero Britannico, di certo non rese semplice la rapida diffusione della notizia, in quanto le uniche navi che potevano giungere su quell’isola erano quelle della flotta britannica. E ciò comportò che la notizia della morte di Napoleone dovette prima raggiungere Londra e poi da lì poté diffondersi in tutto il mondo. De facto, erano passati più di settanta giorni tra la morte dell’ex imperatore, avvenuta il 5 maggio 1821 sull’isola di Sant’Elena, e la “scoperta” della sua morte da parte di Manzoni. Infatti la notizia venne pubblicata, e neanche senza tanto risalto, tra le pagine della Gazzetta di Milano solo il 16 luglio del 1821.

Ma oggi, 5 maggio 2021, vi sono altre due importanti ricorrenze. La prima: 1860 – Parte da Quarto (Genova) la famosa spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. E, dopo lo sbarco a Marsala, ha inizio la risalita dei garibaldini per tutta la Sicilia, poi lo sbarco in Calabria ed infine l’arrivo a Napoli il 7 settembre. Garibaldi, precedendo il suo esercito, viaggiò su di un treno che da Torre Annunziata dovette procedere lentamente per non travolgere le ali di folla festante. Sarà cronaca vera? Le truppe borboniche, ancora presenti numerose e acquartierate nei castelli vicini, non offrirono alcuna resistenza e si arresero poco dopo. Ebbe così l’ingloriosa fine del borbonico Regno delle Due Sicilie. Il 6 settembre il Re Francesco II aveva abbandonatoNapoli e si era imbarcato con la famiglia sul vapore “Messaggero”, cercando di riorganizzare il suo l’esercito fra la fortezza di Gaeta e quella di Capua, con al centro il fiume Volturno. Ma proprio su questo fiume ebbe luogo la battaglia che pose fine al Regno borbonico. E poi l’incontro di Teano: un Re Sabaudo, Vittorio Emanuele II, corso in fretta e furia da Torino per evitare che la dittatura garibaldina durasse troppo nel tempo. Un re passato alla storia ufficiale come “re galantuomo”! Ma quella non ufficiale parlava di un re “dalla cintola in su”, perché sempre desideroso di… censura! E non è un caso che a Roma fece dono alla “bella Rosina” di una meravigliosa villa, Villa Mirafiori.Tornando a Teano, le cronache ci raccontano di un Garibaldi rispettoso ed ossequiente: “Saluto il Re d’Italia!”. Ma poi ritenne opportuno defilarsi e tornò a Caprera portando con sé un sacco di fagioli. Troppo ingombrante per un Savia ambizioso!

Ed ecco un altro ricordo, molto più vicino nel tempo. Era il 1936. Ed Il 5 maggio, dopo una guerra di conquista durata circa sette mesi, le truppe italiane entrano in Addis Abeba, capitale del Regno d’Etiopia, detronizzando il legittimo sovrano, il Negus AilèSelassiè. Nasceva così l’Africa Orientale Italiana. E Benito Mussolini dal balcone del Palazzo di Piazza Venezia annunciò solennemente al popolo festante: “Camicie nere della Rivoluzione! Uomini e Donne di tutta Italia! Ascoltate! Il maresciallo Badoglio mi telegrafa: “Oggi 5 maggio alle ore 16 alla testa delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba”! Tripudio di evviva e di applausi!!! Tutti felici! Avevamo ricostituito l’Impero! Sì! Quello degli Antichi Romani! Sapevo benissimo che con gli imperatori Traiano e Adriano avevamo occupato quasi tutto il mondo allora conosciuto… e solo perché Colombo, un Italiano con la I maiuscola, non aveva ancora scoperto l’America! Altrimenti… E il 9 maggio ci fu la solenne celebrazione! Il nostro Re era diventato anche Imperatoreee! Da non credereee! E nel nostro calendario si aggiunse un nuovo numero romano: anno I° dell’Impero. Così Somalia, Eritrea ed Etiopia costituirono l’AOI, o meglio l’Africa Orientale Italiana! Io impazzivo letteralmente di gioia, anche i miei compagni, ma a casa… su fronte famigliare… nulla di nuovo, azi silenzio…

In effetti io ragazzino balilla moschettiere fervente e credente impazzivo letteralmente; ed anche i miei compagni, ma….a casa… sul fronte famigliare… un silenzio più che eloquente! Ma non per me! Parlare male del regime era pericoloso! Perché le mura dei palazzi avevano mille orecchie! Ed io capivo e non capivo le ragioni di quel silenzio! Eppure la mamma aveva anche lei donato la sua fede alla Patria! Quando, in seguito alla guerra di aggressione contro l’Etiopia, la Società delle Nazioni (grosso modo, era l’ONU dell’epoca) lanciò sanzioni economiche durissime contro l’Italia fascista. E così ciascun cittadino dovette donare alla patria qualcosa. E le donne donarono con gioia – si fa per dire – le fedi d’oro nuziali. Ricordo cha mia madre tornò a casa con una fede di ferro, dopo il dono di quella d’oro! Ed è bene ricordare che, dopo la caduta del fascismo – 25 luglio 1943 – molte fedi d’oro vennero ritrovate delle case dei gerarchi fascisti, datisi alla macchia a gambe levate. Ma torniamo a quel 5 maggio del 1936! Pensavo: me coioni, come diciamo a Roma! Avevamo un impero!!! Che sarebbe diventato sempre più grande, come quello di Traiano! Enormi lastre di marmo bianco sulla Via dell’Impero, a Roma, ne segnavavo estensione e confini! Ed io un balilla moschettiere pieno di orgoglio! Mio padre qualche giorno dopo tornò a casa con un librone grosso cosìed altrettanto pesante, un dono dell’ufficio: Giacomo Vaccaro, Africa Orientale Italiana. Tante pagine, tante fotografie del nostro impero e tante negrette…e a seni nudi… per me fu una scoperta! Comunque l’Impero in casa mia non suscitava molto entusiasmo… anche perché… le cose andarono diversamente da come credevo. Ma questa è un’altra storia!