Essere se stessi nell’adolescenza

Essere se stessi nell’adolescenza
L’educazione all’io

di Gino Lelli [1]

Abstract

The self in adolescence is the set of considerations that characterize a teenager and that affect his self-esteem. Recognizing and expressing sensations and emotions allows the teenager to fortify the self. Trusting oneself and one’s actions is very important especially in adolescence because other people tend to evaluate what is clearly manifested in terms of concepts and behaviors. The attachment style that characterizes every teenager falls on the internal operating models that affect the consideration of oneself, others and reality, thus influencing the relationship that is established with other people. These internal operating models in adolescence influence the choice of friendships and love preferences. When interacting, a teenager assumes, according to the Transactional Analysis, a certain State of the Ego. By ego state we mean a specific way of thinking, feeling and behaving.

Keyword

  • Adolescence
  • Self
  • Self esteem
  • Attachment
  • Ego states

Il concetto di sé nell’adolescenza

Il concetto di sé nell’adolescenza è quell’articolato insieme di considerazioni che un adolescente ritiene possano rispecchiare la propria realtà individuale e che impiega per delinearsi. Tale percezione può anche non esprimere esattamente la verità ma incide comunque sull’autostima. L’opinione del sé dipende anche dalle relazioni che vengono instaurate con le altre persone e con l’ambiente circostante e che, pertanto, non è statica ma oggetto di variazioni. Il concetto di sé deriva da vari elementi:

  • le relazioni personali e intime ed il riscontro da parte degli altri;
  • gli aspetti caratteriali e di personalità;
  • i risultati che si riesce ad ottenere in virtù degli obiettivi che vengono prefissati;
  • la capacità di saper cogliere le situazioni e i problemi e di adoperarsi per affrontarli al meglio.

L’immagine che un giovane crea di se stesso dipende molto dalle esperienze che ha vissuto e che sta vivendo, se positive favoriscono la buona considerazione di sé altrimenti determinano fenomeni di svalutazione e avvilimento. Per aumentare il senso di identità un adolescente dovrebbe cercare delle peculiarità positive che lo rendono unico e per questo apprezzabile mentre, per ridurre i momenti di sconforto legati a determinate vicende, il confronto con altre realtà difficili può dare quella sensazione di non esclusività della negatività e di poterle vedere diversamente così da affrontarle in maniera differente e più efficace. Riuscire a riconoscere ed esprimere le sensazioni e le emozioni consente di fortificare il sé. Il sé combinato con l’individualismo spesso può far pensare di essere la causa di situazioni che in realtà dipendono da altri fattori o di essere erroneamente nel giusto in termini di valutazioni, considerazioni, opinioni ed azioni. Il riscontro degli altri viene spesso falsato in virtù di queste considerazioni. Si aziona sovente anche il meccanismo di ricerca di ciò che può confermare le credenze e di non considerazione di ciò che può metterle in discussione. Il sé è ricco di elementi e si articola in un sé privato e in uno pubblico. Il primo è costituito da come gli adolescenti si vedono, il secondo, invece, dalle rappresentazioni che possiedono le altre persone. Il sé privato influenza il sé pubblico, per esempio un ragazzo disponibile, positivo, gentile è facile che venga dagli altri percepito come tale e questo elemento favorisce le relazioni. I due sé si influenzano a vicenda però rimangono distinti in quanto costituiti da elementi anche diversi. Anche le credenze che un giovane possiede incidono sulla valutazione altrui, sull’autovalutazione e sul comportamento. Ogni adolescente effettua continuamente valutazioni riguardanti se stesso e il contesto che lo circonda in virtù delle proprie credenze. L’autovalutazione può essere realistica, tendente al negativo o al positivo, se molto critica si rende necessario il cercare di giungere ad una accettabile considerazione si se stessi. Caratteristica umana è la propensione a convalidare le credenze anche se conducono per esempio ad autovalutazioni non positive, dunque, è presente la tendenza a trovare maggiormente le prove delle proprie considerazioni rispetto a quelle contrarie[2].

A livello relazionale la tendenza individuale è di preferire la frequentazione di persone che consentono la convalida delle considerazioni che si possiedono. La consapevolezza in particolar modo nell’adolescenza incide sull’autovalutazione e orienta il giovane nel cercare di piacere a se stesso e agli altri. Possedere una considerazione positiva di sé consente di poter avere fiducia nelle proprie capacità, di mettere in atto comportamenti e azioni con la percezione che possano andare a buon fine. Le autovalutazioni positive permettono di prendere decisioni, di fare scelte, di rivelare i desideri, di essere intraprendenti, di aumentare in generale le possibilità di successo. Le autovalutazioni dovrebbero essere il più possibile realistiche, dunque, senza eccessi svalutanti o sovrastimanti, ma con una  leggera propensione verso la sopravvalutazione, affinché l’adolescente possa riuscire meglio nelle varie circostanze anche grazie alla considerazione e fiducia che ha di se stessa. La necessità di avere più consapevolezza caratterizza ogni giovane e consente quei cambiamenti che possono aiutare a migliorare le proprie prestazioni. Può capitare che i ragazzi non desiderino mostrare agli altri i propri pensieri e assumono delle maschere sia in positivo che in negativo. Sarebbe auspicabile una coerenza tra il pensare e l’agire, nel momento in cui questa dovesse venire meno, un intervento per riequilibrare la situazione sarebbe auspicabile.

L’autostima nell’adolescente

Secondo R. W. Reasoner la formazione e lo sviluppo dell’autostima dipende dalla presenza dei seguenti elementi:

  • la percezione e la conoscenza di sé attraverso un’autodescrizione precisa e realistica in termini di caratteristiche fisiche, attributi, ruoli;
  • il sentimento di fiducia, certezza, protezione; sentirsi a proprio agio, ed essere in grado di affidarsi a persone e a situazioni;
  • il sentimento di appartenenza e accettazione, in particolare nelle relazioni considerate importanti; corrisponde al sentirsi accettati, apprezzati e rispettati dagli altri;
  • il senso di propositività e motivazione nella vita; consapevolezza della propria capacità di gestire ed incidere sugli eventi della propria esistenza; rafforzamento di sé attraverso la scelta di obiettivi realistici e raggiungibili; propensione ad assumersi responsabilità per le conseguenze delle proprie scelte[3].

Avere fiducia in se stessi e nelle proprie azioni è molto importante soprattutto nell’adolescenza perché le altre persone tendono a valutare ciò che viene palesemente manifestato in termini di concetti e comportamenti. L’autostima si può definire come il giudizio in termini di valore che una persona attribuisce a se stessa. L’autostima richiede il volersi bene, il considerarsi positivamente e l’aver fiducia in se stessi. Importante è anche il saper calibrare in maniera reale quanto le proprie azioni possono determinare e incidere nelle varie circostanze[4]. Alla base dell’autostima c’è la consapevolezza, la tolleranza e l’indulgenza che l’adolescente dovrebbe avere verso se stesso così da riuscire ad accettarsi per quello che è e anche a perdonarsi. Determinante è, inoltre, il riuscire a capire le necessità che si possiedono così da potersi attivare per realizzarle ed accrescere la propria autostima. L’accettazione implica la consapevolezza sia degli aspetti personali positivi, sia delle carenze e inadeguatezze che sono presenti, queste ultime non devono, dunque, essere negate bensì visualizzate al fine di una assunzione di responsabilità e di una possibile evoluzione migliorativa. Per un adolescente è importante capire la propria unicità e per questo deve distinguersi dagli altri, essere autonomo e saper anche vivere la separazione e la solitudine. Questo consente di sviluppare un’autostima che non è condizionata dagli altri bensì dall’accettarsi con anche le imperfezioni e dal volersi bene. L’accettarsi di un adolescente implica anche il sapersi perdonare che non significa non prendere in considerazione o giustificare gli errori ma pensare di poter andare avanti verso un differente futuro. Il dolore legato alla non accettazione di sé e/o degli sbagli commessi determina l’attivazione di meccanismi di reazione quali il colpevolizzare se stessi e che possono condurre:

  • a delusione, senso di inidoneità, inettitudine, inferiorità, depressione e rabbia rivolta verso sé;
  • all’attaccare gli altri con rancore e astio;
  • all’isolamento;
  • all’allontanamento[5].

Tali meccanismi di difesa che si innescano possono servire al principio per contenere e ridurre angoscia e sofferenza ma poi non devono prolungarsi fino a danneggiare l’identità e le relazioni sociali dell’adolescente.

E’ importante che l’adolescente riesca a riconoscere ed accettare anche gli aspetti sgraditi e rifiutati come facenti parte di un complesso che presenta comunque caratteristiche positive che prevalgono e consentono di aumentare l’autostima.

Il saper e sapersi perdonare sono, quindi, elementi determinanti, gli errori dovrebbero essere visti dal giovane da un punto di vista diverso rispetto a quello più comune e cioè come vicende possibili che consentono comunque di poter apprendere come ottimizzare la propria condizione anche in virtù di un riscontro degli altri migliore.

Nel caso in cui gli errori dovessero indurre l’adolescente a svalutarsi e a considerarsi inadeguato e incompetente si verificherebbe quella paura che inibirebbe le azioni volte a conseguire gli obiettivi prefissati e la risoluzioni di problemi.

I giovani con una buona autostima hanno consapevolezza dei meriti che possiedono e delle proprie possibilità che gli consentono di realizzare più facilmente desideri e bisogni.

Perdono, autostima e desiderio di realizzare gli obiettivi sono gli elementi che conducono un ragazzo a realizzarsi.

Una delle distinzioni principali che riguardano l’autostima è tra alta o bassa, stabile o instabile, globale o specifica.

La distinzione tra alta o bassa riguarda il rapporto tra le autovalutazioni e le aspirazioni di un adolescente che si concretizza nello stimare la discrepanza tra le autovalutazioni reali e quelle ambite. Se la differenza è notevole l’autostima non sarà alta poiché la persona non si percepisce come vorrebbe, al contrario se è poca l’autostima non sarà bassa.

In un giovane si possono distinguere almeno due scopi, il primo concerne il come la persona vorrebbe essere, il secondo il come dovrebbe essere. La risposta comportamentale al non essere soddisfatti del come si vorrebbe essere è il malcontento e la delusione, quella del come si dovrebbe essere è, invece, disapprovazione e senso di colpa. Incide, comunque, anche la percezione delle attese che le altre persone hanno nei propri confronti.

Avere aspettative molto maggiori di quelle reali, determinate da una percezione di sé molto diversa da quella concreta, può causare una bassa autostima con manifestazioni di ansia, paura, sensazione di incapacità, fallimento ed evitamento. Una bassa autostima determina sia difficoltà nel prendere decisioni, nel programmare, nell’agire, sia l’essere bloccati e il rimanere in disparte e vedere ciò che accade senza poter intervenire.

Il susseguirsi di insuccessi legati a tali manifestazioni instaura un circolo vizioso che incrementa sempre di più l’autovalutazione negativa e la bassa autostima nell’adolescente.

Un giovane con alta autostima invece è sicuro di sé, possiede una autovalutazione positiva, agisce per realizzare bisogni e desideri con la prospettiva di poterli soddisfare e concretizzare. I traguardi raggiunti aumentano l’autostima. Dinnanzi a risultati negativi non si perde d’animo, talvolta ne attribuisce la causa a elementi esterni o cause temporanee personali di poco valore. La consapevolezza che possiede del proprio valore gli attribuisce fiducia e forza, non concede troppo credito al giudizio degli altri in quanto elemento marginale per lei.

Un adolescente con alta autostima ha una leggera sopravvalutazione di sé che gli consente di essere ottimista e fiduciosa.

Mantenere una buona autostima non è sempre facile infatti per alcuni giovani il non riuscire a realizzare determinati desideri o obiettivi può condurre a meccanismi di autosvalutazione. Sono anche presenti adolescenti che per paura di perdere l’autostima preferiscono mantenerla ad un livello più basso così da poter avere meno sofferenza nel caso di passaggio da uno stato migliore ad uno peggiore e maggiori possibilità che rimanga dunque costante nel tempo.

L’autostima può essere stabile/regolare o instabile/incostante nel tempo, a seconda delle vicende presenti e passate. L’autostima incostante è dettata da avvenimenti che ne determinano una variazione in termini sia negativi quali un insuccesso che positivi come un traguardo raggiunto. L’autostima tende a mutare verso l’alto o il basso anche a seconda di quanto un giovane è soddisfatto o meno della propria realtà, in caso di autovalutazione positiva darà meno peso alle singole vicende negative, altrimenti, attribuirà loro grande importanza facendo così abbassare anche il giudizio su di sé.

L’autostima stabile, determinante per un adeguato benessere psicologico di un adolescente, a differenza di quella instabile, è contraddistinta da una autovalutazione positiva, da una limitata considerazione del parere degli altri, dal vedere la possibilità di raggiungere gli scopi personali e dal saper affrontare le difficoltà con la consapevolezza dei propri limiti e di poter anche compiere degli errori.

L’autostima può concernere la considerazione personale generale (globale) o quella legata ad un determinato contesto (specifica) che è, dunque, mirata ad esempio all’ambito scolastico o affettivo e così via. Occorre poi capire quanto ciascun ambito sia importante per il singolo adolescente, poiché soggettivo e a seconda del valore che viene attribuito ci sarà una corrispondente aspettativa che, a sua volta, inciderà sui comportamenti e, a seconda dei risultati ottenuti (positivi o negativi) sull’autovalutazione[6].

Lo stile di attaccamento dell’adolescente

Secondo J. Bowlby il bambino ha una predisposizione naturale ha instaurare fin dai primi anni di vita un attaccamento con le figure di riferimento che gli garantiscono sopravvivenza, protezione e supporto. Il venir meno della percezione di sicurezza nel fanciullo determinata dalla assenza di una persona adulta che possa sostenerlo, rassicurarlo e aiutarlo può portare a una autovalutazione di incapacità, inadeguatezza, fragilità e generare dispiacere, angoscia. Lo stile di attaccamento che caratterizza ogni adolescente ricade sui modelli operativi interni che incidono sulla considerazione di sé, degli altri e della realtà, influendo quindi sul rapporto che si instaura con le altre persone. Tali modelli operativi interni nell’adolescenza influenzano la scelta delle amicizie e delle preferenze amorose. Gli stili di attaccamento possibili sono:

  • sicuro;
  • insicuro ansioso-evitante;
  • insicuro ansioso ambivalente/resistente;
  • insicuro disorientato/disorganizzato.

Lo stile di attaccamento sicuro è caratterizzato da un bambino che ha consapevolezza di avere una madre pronta e disponibile nei suoi confronti, una base sicura di riferimento.

Lo stile di attaccamento ansioso-evitante è contraddistinto da un bambino che percepisce la madre non disponibile, che lo rifiuta, questo determina una chiusura egocentrica che lo spinge a pensare che solo non mostrando il bisogno che ha della madre può starle vicino.

Lo stile di attaccamento ansioso ambivalente/resistente è caratterizzato da un bambino che ritiene la madre in grado di dargli protezione anche se a volte non raggiungibile, tale situazione determina l’attribuzione a se stesso di fallimenti o successi a seconda del risultato dell’interazione. Tali madri sono imprevedibili o iperprotettive.

Lo stile di attaccamento disorientato/disorganizzato è contraddistinto da comportamenti del bambino contraddittori, la madre è timorosa, si sconforta, può avere traumi o lutti irrisolti. Tale situazione determina nel bambino la considerazione di una madre non affidabile anzi, pericolosa, questo determina reazioni di fuga, attacco, sopravvivenza, controllo, impassibilità[7].

Lo stile di attaccamento determina degli atteggiamenti che gli adolescenti metteranno in atto verso se stessi e gli altri.

Nel caso di stile di attaccamento sicuro il giovane possiede una buona autostima, un buon controllo sulle diverse situazioni, un atteggiamento tendenzialmente calmo, una visione positiva della vita.

Nel caso di stile di attaccamento ansioso-evitante, la percezione che possiede l’adolescente di sé non è positiva, le situazioni negative vengono viste come fallimenti personali, quelle positive come faticose e difficili da realizzare. Tende a strutturare una esistenza in solitudine poiché pensa di poter contare solo su se stesso.

Nel caso di stile di attaccamento ansioso ambivalente/resistente il giovane ha una percezione di sé che può essere anche positiva, cerca una dipendenza relazionale sia sua che del partner e nel contempo vuole essere libero, ha il timore di essere scoperto non amabile e di essere rifiutato.

Nel caso di stile di attaccamento disorientato/disorganizzato l’adolescente propende per la ricerca della perfezione che lo porta ad avere una eccessiva autostima e una elevata suscettibilità alle critiche, la perfezione la ricerca in ogni contesto e anche negli altri.

Ciascuna individuale necessità conduce sovente ad assumere delle maschere quindi a non essere veramente se stessi. Tali maschere si articolano in:

  • paranoide, caratterizzata da un dominio del manipolatore che si manifesta nel voler comandare, rimproverare, colpevolizzare, nella sua contro-dipendenza e nel comportamento complementare del salvatore;
  • di fuga, contraddistinta da evitamento dove è presente una fusionalità che viene elusa;
  • depressiva, caratterizzata da una passività che serve per relazionarsi in maniera dipendente dagli altri, negando se stessi e dalla vittimizzazione di tale situazione[8].

Gli Stati dell’Io nell’adolescenza

Le interazioni interpersonali sono costituite da transazioni che a loro volta sono formate da due componenti, gli stimoli e le risposte. Solitamente le transazioni fanno parte di una serie e possono essere dirette, vantaggiose, sane oppure confuse, ambigue, distruttive, malsane. Un adolescente quando interagisce assume, secondo l’Analisi Transazionale, un determinato Stato dell’Io. Per Stato dell’Io si intende una specifica modalità di pensare, sentire e comportarsi. Ogni Stato dell’Io ha origine in una specifica regione del cervello. E. Berne definisce uno Stato dell’Io come un insieme coerente di pensieri, sentimenti ed esperienze direttamente correlate a diversi modelli di comportamento. Gli Stati dell’Io, potenzialmente infiniti, sono stati sintetizzati da E. Berne in tre ampi insiemi chiaramente distinti e osservabili in ciascun individuo, che rispecchiano fenomeni ed esperienze realmente accadute: Genitore, Adulto e Bambino.

Il Genitore, è il modello e l’insieme di valori e norme imparati da bambini dai propri genitori, dagli insegnanti e dagli adulti significativi.

Il Bambino, è la parte spontanea, ingenua ed emotiva di ogni persona, capace di entusiasmarsi e meravigliarsi, ma anche di provare paura.

L’Adulto, è la parte razionale che media fra gli altri due stati, analizza e valuta la realtà.

L’Io rappresenta un’entità fenomenologica derivante dall’integrazione fra i tre Stati dell’Io.

Il Genitore (G)

Il Genitore è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che si incorporano dall’esterno durante l’infanzia e l’adolescenza dalla relazione con le figure significative: genitori (o chi ne fa le veci), parenti, maestri, insegnanti, o da tutte quelle persone autorevoli che si incontrano negli corso degli anni. Un genitore si può accorgere che a volte assume un comportamento simile a quello dei propri genitori quando sta utilizzando in modo automatico il proprio Stato dell’Io G. Esternamente l’attivazione di questo Stato dell’Io si identifica spesso in comportamenti pregiudiziali, critici o protettivi; mentre dall’interno è vissuto come vecchi messaggi genitoriali che continuano ad influenzare il bambino interno. A livello funzionale un adolescente può presentare il Genitore Normativo o Critico (GN) quando si manifestano atteggiamenti di divieto e di comando, il sancire regole, dettare le leggi ed il Genitore Affettivo (GA), che invece si prende cura, mostra attenzione, premura, da sostegno ed è comprensivo.

L’Adulto (A)

L’Adulto è un insieme obiettivo di pensieri, sentimenti e comportamenti coerenti con la situazione che vive nel “qui ed ora” il giovane e indica la capacità di elaborare continuamente nuovi dati. La gestione della realtà attuale spinge l’adolescente a trovare in continuazione strategie efficaci senza che debba dover subire interferenze limitanti da Stati dell’Io arcaici o incorporati dall’esterno.

Il Bambino (B)

Il Bambino è l’insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che risalgono all’infanzia. Contiene le registrazioni delle prime esperienze di vita e delle “posizioni” che il bambino ha assunto verso se stesso e gli altri. A livello strutturale è uno Stato dell’Io arcaico e si manifesta negli adolescenti come vecchi comportamenti dell’infanzia: così come la persona reagiva da bambino.

Si parla di Bambino Adattato (BA) se si attiva un comportamento correlato all’influenza genitoriale e di Bambino Libero (BL) quando si esibiscono comportamenti autonomi, senza l’influsso genitoriale. Sia il BA che il BL possono essere positivi o negativi a seconda di come rispondono efficacemente ed adeguatamente alla situazione. La struttura del B è quella parte della personalità che fornisce le motivazioni principali dell’agire di un ragazzo.

Nel dettaglio si può evidenziare che:

  • il GA (positivo) si prende cura di un’altra persona con amore, quando quest’ultima ne ha bisogno e lo desidera;
  • il GA (negativo) è troppo permissivo, troppo affettivo, fa per gli altri cose che non erano richieste o di cui non avevano bisogno;
  • il GN (positivo) è forte e dogmatico e prende le difese dei diritti propri o degli altri senza umiliare nessuno;
  • il GN (negativo) cerca di togliere l’autostima ad un’altra persona;
  • l’A opera sulla base dei dati che raccoglie e che poi memorizza o utilizza per prendere decisioni secondo un programma probabilistico e logico;
  • il BA (positivo) ottiene ciò che desidera o, comunque, riesce ad evitare di provare dolore compiacendo i “grandi”;
  • il BA (negativo) si comporta in modo talvolta autodistruttivo, segue anche passivamente le regole, cerca di ottenere l’attenzione degli altri;
  • il BL (positivo) esprime direttamente quello che pensa, si diverte, vive in intimità con gli altri senza nuocere a nessuno;
  • il BL (negativo) fa del male agli altri o a se stesso nell’esprimersi e nel divertirsi[9].

Sono presenti casi di comportamenti che possono sembrare del BL negativo ma che in realtà sono del BA negativo (autodistruttivo). Nello Stato dell’Io Bambino, dunque, l’adolescente agisce come farebbe da fanciullo nell’infanzia. Non è una messa in scena, pensa, sente, vede, ascolta, reagisce come farebbe un bambino dai tre agli otto anni a seconda dei casi. Gli Stati dell’Io non sono dei ruoli ma stati dell’essere che vengono provati realmente. Quando il Bambino è affettuoso o scontroso, impulsivo, spontaneo o giocoso, viene detto Bambino Naturale. Quando è pensoso, creativo, ingegnoso è detto il Piccolo Professore. Se ha paura, si sente in colpa o si vergogna è detto Bambino Adattato. Il Bambino prova tutte le emozioni: paura, amore, rabbia, gioia, tristezza, vergogna e così via. Talvolta lo Stato dell’Io Bambino è considerato la fonte di tutti i problemi di un adolescente, proprio perché è egocentrico, emotivo, potente, e fa resistenza nei confronti delle repressioni cui è soggetto crescendo. L’Analisi Transazionale (AT) considera il Bambino come fonte di creatività, ricreazione e procreazione; la fonte di rinnovamento della vita. Nei bambini si può osservare il Bambino per lunghi periodi di tempo; ma anche negli adulti, nelle situazione in cui è loro permesso di lasciar emergere il Bambino, come per esempio in una festa o in una partita. Il Bambino può affiorare, per brevi periodi, anche in altre situazioni dove può essere del tutto indesiderato, come durante importanti riunioni d’affari, o discussioni serissime, o a scuola. Nella sua forma meno auspicabile, può dominare completamente la vita, come nel caso di un ragazzo con gravi disturbi emotivi, il cui Bambino confuso, depresso, folle o vizioso la porterà alle soglie dell’autodistruzione, con un comportamento che sfugge al suo controllo. Inoltre, il Bambino può emergere per lunghi periodi, sotto forma di depressione o dolore, come nel caso di chi ha subito una grave perdita. Nello Stato dell’Io Genitore l’adolescente è volto a raccogliere codici pre-registrati, pre-giudicati, preconcetti che indirizzano la vita. Nello stato dell’Io Genitore, il giovane pensa, sente e si comporta come uno dei suoi genitori o chi ne ha fatto le veci. Il Genitore decide, senza ragionare, come reagire alle situazioni, cosa è bene e cosa non lo è, come si dovrebbe vivere. Il Genitore giudica a favore o contro, e può rappresentare un controllo o un sostegno. Quando il Genitore ha un atteggiamento critico è detto Genitore Normativo; quando offre appoggio viene detto Genitore Affettivo. Nello Stato dell’Io Adulto, dunque, l’adolescente è come un calcolatore, opera sulla base dei dati che raccoglie e che poi memorizza o utilizza per prendere decisioni secondo un programma logico. Nello stato dell’Io Adulto la persona usa il pensiero logico per risolvere i problemi, assicurandosi che il processo non venga contaminato dalle emozioni del Bambino o del Genitore. Per poter essere logici e razionali occorre saper tenere distinte le emozioni anche se non è sempre così facile farlo; talvolta, poi, non è la scelta migliore.

Ogni adolescente possiede ed utilizza tutti e tre gli Stati dell’Io, sebbene possa essere presente anche la tendenza ad utilizzare in modo privilegiato uno dei tre. Si può identificare una patologia quando si attivano meccanismi:

  • di esclusione di uno o due dei tre Stati dell’Io (una persona si avvale solo di uno o due Stati dell’Io);
  • di contaminazione degli Stati dell’Io (la persona utilizza informazioni non corrette come dati di realtà, ovvero il suo A (Adulto) non costruisce criticamente la realtà attuale ma prende per buoni dati provenienti dal G (Genitore) o dal B (Bambino).

Uno degli Stati dell’Io può quindi dominare nel giovane, con esclusione degli altri due. Ad esempio il Genitore Affettivo o Normativo può escludere gli altri Stati dell’Io e l’adolescente non riesce ad usare il Bambino o l’Adulto con grave svantaggio in quanto per poter essere pienamente funzionante, i suoi Stati dell’Io devono essere tutti disponibili quando necessario. Il Genitore utilizza vecchie “registrazioni” per risolvere i problemi ed è quindi in generale indietro di vari anni rispetto ai tempi; è comunque utile quando l’Adulto non ha informazioni a disposizione o non ha il tempo per pensare. D’altra parte, il Bambino con la sua intuizione potrà trovare soluzioni innovative, che potrebbero però non essere altrettanto affidabili delle decisioni prese dall’Adulto che esamina i dati.

Conclusioni

Conoscenza di sé, sentimento di fiducia, appartenenza e autostima sono elementi molto importanti nella delicata fase evolutiva dell’adolescenza.

Un Io poco strutturato, vincolato e limitato da valutazioni esterne, può determinare negli adolescenti il timore delle aspettative degli altri o la necessità morbosa di appartenere a un’altra persona determina dalla paura della solitudine. Taluni giovani percepiscono il loro valore solo se hanno il riconoscimento continuo altrui, causa il timore di essere svalutati o non considerati. Sono inoltre presenti adolescenti che hanno la necessità di riuscire sempre a controllare ciò che accade per paura di essere imbrogliati, manovrati, approfittati. La teoria della personalità di E. Berne si focalizza proprio su comportamenti, rapporti umani e comunicazioni, nonché su un approccio basato sulla convinzione che i disturbi derivano da una disarmonia fra i vari Stati dell’Io. Il modello funzionale positivo è quello in cui i tre Stati dell’Io (Genitore, Adulto, Bambino), che per E. Berne sono fenomeni reali, dialogano fra loro a livello inconsapevole e sono in continua evoluzione. La presenza dei tre Stati dell’Io conduce al completamento inteso come equilibrio personale. Nello specifico, generalmente, gli adolescenti hanno la capacità di “stare al mondo come genitori o adulti o bambini”. L’educazione all’Io, affinché possa essere strutturato, può avvenire anche tramite uno strumento chiamato “egogramma” che aiuta a rivelare la forza dei diversi Stati dell’Io di un adolescente in un determinato momento. Tale strumento consente di conoscere e monitorare gli Stati dell’Io posseduti nelle diverse circostanze, che determinano reazioni e comportamenti, nonché le evoluzioni nel corso del tempo. Il benessere psicosociale di un adolescente dipende dalla consapevolezza propria e della realtà e dall’autostima globale intesa come quella autovalutazione generale, che deriva dalla totalità degli ambiti e delle circostanze.

Bibliografia

Giannelli M. T., “Comunicare in modo etico” Raffaello Cortina, Milano, 2012.

Holmes J., “La teoria dell’attaccamento”, Raffaello Cortina, Milano, 2017.

Lowen A., “Il linguaggio del corpo”, Feltrinelli, Milano 2013.

Miceli M., “L’autostima”, Il Mulino, Milano, 2002.

Pacori M., “I segreti del linguaggio del corpo”,  Pickwick, Casale Monferrato, 2019.

Reasoner R. W., “Building Self-Esteem: A comprehensive Program”, Consulting Psychologists Press, Palo Alto California, 1982.

Stewart I., Joines V., “L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani”, Garzanti, Milano, 2000.


[1] Gino Lelli, Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino

[2] Giannelli M. T., “Comunicare in modo etico” Raffaello Cortina, Milano, 2012

[3] Reasoner R. W., “Building Self-Esteem: A comprehensive Program”, Consulting Psychologists Press, Palo Alto California, 1982

[4] Miceli M., “L’autostima”, Il Mulino, Milano, 2002

[5] Lowen A., “Il linguaggio del corpo”, Feltrinelli, Milano 2013

[6] Reasoner R. W., “Building Self-Esteem: A comprehensive Program”, Consulting Psychologists Press, Palo Alto California, 1982

[7] Holmes J., “La teoria dell’attaccamento”, Raffaello Cortina, Milano, 2017

[8] Pacori M., “I segreti del linguaggio del corpo”,  Pickwick, Casale Monfettaro, 2019

[9] Stewart I., Joines V., “L’ analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani”, Garzanti, Milano, 2000

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