Il nuovo PNSD e il ruolo della Media Education

print

Il nuovo PNSD e il ruolo della Media Education

di Renato Candia

     Le Misure di attuazione per l’anno 2021 del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), sono state messe in evidenza nella recentissima nota MIUR 722 del 12 maggio scorso nella quale, con riferimento al D.M. 147 del 30 aprile, si è inteso fornire la direzione di rotta e le relative priorità circa la destinazione di risorse finanziarie di una certa importanza, finalizzate alla realizzazione dello stesso PNSD, prevista nell’immediato. Nelle intenzioni degli estensori sono previste attenzioni particolari sulle azioni che prevedono a) l’incremento di dotazioni laboratoriali alle scuole, con riferimenti prioritari alle STEM, b) la conferma e il potenziamento delle figure di Animatore Digitale che sono considerate, tra l’altro, oggi veri e propri acceleratori (il corsivo è già nel testo della nota) della Didattica Digitale Integrata nel contesto delle Istituzioni scolastiche, singole e/o in rete tra loro, e infine c) percorsi formativi specifici per il personale scolastico, già indirizzati per tematiche ai diversi ruoli che gli insegnanti sono chiamati a ricoprire nell’attuazione del Piano e nello specifico delle programmazioni di Istituto.

Un aspetto interessante che riguarda la scelta delle tematiche formative è il loro essere state concentrate sostanzialmente su quattro aree di interesse, di cui la quarta, oggetto di questo intervento, riguarda proprio la media education (altro corsivo nel testo della nota), che viene rivolta ad animatori e team digitali delle scuole. L’attenzione rivolta ai contesti di quest’area, deriva in buona parte dalla consapevolezza che essa comprenda principi di riferimento relativi al consumo dei prodotti digitali, che hanno a che fare con i loro linguaggi, le potenzialità di senso individuali e collettive che sono in grado di attivare, l’informazione/disinformazione di cui possono essere veicoli, le ricadute su atteggiamenti e comportamenti della vita quotidiana cui possono dar vita, e altro ancora. In tal senso ne è stato buona testimonianza il convegno “MEDIA EDUCATION: più consapevolezza, più opportunità, più futuro!” voluto e organizzato dal Miur il 3 febbraio scorso, alla presenza della allora ministra Azzolina e dei principali studiosi che da anni lavorano nel nostro Paese per mantenere viva l’attenzione su questa materia, quali tra gli altri Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Gianna Cappello dell’Università di Palermo.

L’area di interesse della Media Education, prima che essere una specifica disciplina d’insegnamento, ha a che fare con la necessità di acquisire le necessarie competenze per agire attivamente e con consapevolezza in un mondo sempre più mediato dalle tecnologie digitali. Le radici attuali di questo pensiero, in una visione ancora più ampia e condivisa, sono presenti in un altro importante documento, redatto dalla Commissione Europea nell’autunno 2020, il “Piano d’Azione per l’Istruzione Digitale 2021-2027” (Bruxelles, 30.09.2020): in esso si riportano tra l’altro anche i risultati della consultazione pubblica aperta sul Piano stesso, condotta tra giugno e settembre dello scorso anno, dalla quale risulterebbe che il 40% dei giovani appartenenti ai Paesi dell’Unione Europea ritengono che nella scuola pubblica il Pensiero Critico, i Media e la Democrazia non siano materie trattate in misura sufficiente. L’elaborazione di orientamenti comuni per insegnanti e formatori al fine di contrastare la disinformazione attraverso l’interessamento di operatori dell’universo dei Media, rientra così tra le priorità strategiche necessarie per il processo di compimento della trasformazione digitale prossima futura.

Premesso tutto ciò, considerando che la natura di questa materia presenta caratteri di trasversalità e inter-disciplinarietà, che hanno a che fare con la definizione di una personale identità digitale (che richiede abilità tecniche, ma anche abilità analitiche e interpretative), che i suoi oggetti sono prodotti della rappresentazione del mondo reale e che il mondo reale, nell’attuale società mediatica, è in gran parte percepito attraverso di essi, ovvero attraverso le immagini e le narrazioni con cui gli individui a vario titolo e in varie forme comunicano tra loro, può essere opportuno cercare di adottare una prospettiva teorica di partenza sulla quale poter in seguito modulare e promuovere azioni coerenti sotto il profilo della didattica e dell’apprendimento.

Un approccio utile e piuttosto aperto ad una possibile praticabilità operativa è quello che offre per esempio la ricerca di area anglosassone, da sempre tra le più attive e prolifiche nel campo degli studi sui Media, quando sviluppa il principio di Audience diffusa (N. Abercrombie e B. Longhurst, 1998). Nella società attuale, caratterizzata da smisurate quantità (overload) di messaggi e informazioni, è diventato praticamente impossibile sfuggire da questo sovraccarico: circondati come siamo da immagini, suoni, discorsi, pubblicità, canali tv e web, la nostra quotidianità finisce con l’essere una costante rappresentazione del mondo reale a cui ciascuno di noi, volente o nolente, è costretto ad assistere. Come in una vera e propria rappresentazione teatrale infinita e perenne, ciascun individuo, immerso letteralmente nell’ ambiente mass-mediale, è sempre parte di un pubblico, che assiste al flusso continuo dello spettacolo (la rappresentazione) mediatico. Questa prospettiva ci impone un’urgenza educativa, rivolta ad accompagnare e costruire la consapevolezza di questa posizione nel mondo. La rappresentazione di un paesaggio, ad esempio, è sempre e comunque l’allestimento di un punto di vista privilegiato su quel paesaggio: in merito a ciò, Abercrombie e Longhurst propongono l’accostamento tra Landscape e Mediascape, che rende piuttosto efficacemente l’idea delle dinamiche che regolano i processi di rappresentazione delle cose e la complessità degli effetti sulla percezione che ciascun individuo ha delle cose stesse attraverso le loro rappresentazioni.

La Media Education può trovare in principi come quello appena descritto, un sistema di riferimento che orienti, con una certa sistematicità la pratica didattica. L’idea che nel nostro tempo il fruitore dei prodotti mediali sia sempre e comunque uno spettatore, che questa condizione possa essere tutt’altro che passiva, implica la definizione di una serie di responsabilità: imparare a saper leggere i testi mediali, imparare a saperne riconoscere le convenzioni, le coerenze interne, le logiche delle informazioni che producono (che nel caso di testi narrativi come film, serie televisive, spot pubblicitari, videoclip o simili, sono anche le logiche dei personaggi e delle trame), ma soprattutto imparare a saper riconoscere le emozioni, sia le proprie che quelle prodotte dal testo mediale stesso, che possono coincidere con le intenzioni volute da chi il testo ha prodotto all’origine, ma anche travalicarle e trasgredirle, secondo il ben noto principio sociologico dell’eterogenesi dei fini.

Programmare oggi nella scuola semplici azioni didattiche su testi autoconclusivi, come possono essere un film o uno spot pubblicitario, è una pratica abbastanza consolidata, poiché può agevolmente basarsi su categorie interpretative mutuate da discipline di ancor più ampia tradizione come la teoria e la critica di testi letterari o pittorici. Ma il passo successivo, su questa stessa linea, è il comprendere l’operatività di questi stessi strumenti sui testi mediali di più giovane generazione, come gli sms, gli emoticon, i like, la condivisione di immagini, lo specifico delle produzioni di follower e/o influencer, e così via. La sfida è cercare di comprendere se questa estrema sinteticità delle forme brevi di questi testi può agire, e con quali conseguenze, sulle emozioni che orientano l’attuale consumatore mediale: chiusi in una sala cinematografica il film trasporta lo spettatore dentro un mondo narrativo diverso dal suo quotidiano. Ma davanti allo schermo di uno smartphone o di un pc, il mondo narrativo che si crea combina l’immaginario del consumatore mediale con gli arredi materiali della stanza di casa sua da dove comunica col resto del mondo. La Media Education ha, tra gli altri, il compito di accompagnare lo studente alla conoscenza e all’assunzione di nuove e sempre più complesse responsabilità di relazione sociale.