I dispersi della Dad. Quei 200 mila ragazzi in fuga dalla scuola

da la Repubblica

Ilaria Venturi e Corrado zunino

ROMA – “Non so dove siano finiti gli studenti, abbiamo scritto alle famiglie”. In mancanza di dati pubblici nazionali, il preside Guido Campanini, alla guida di un istituto tecnico di Parma, prova a illustrare che cosa sta facendo la pandemia alla sua scuola in Emilia. E all’intera scuola italiana.

I primi numeri per la comprensione di un fenomeno, la dispersione scolastica e il ritardo nell’apprendimento, che rischia di tagliare le gambe a tutto il Paese, vengono offerti dai privati caritatevoli. La Comunità di Sant’Egidio, dopo aver ascoltato 2.799 ragazzi delle sue “scuole di pace”, centri di recupero pomeridiani per studenti delle elementari e delle medie organizzati in ventitré città, ha certificato che a settembre 2020, ripartenza del secondo anno pandemico, il 4 per cento dei bambini-adolescenti non era tornato a scuola. Sono 160 mila alunni su 4 milioni. E il 20 per cento, qui arriviamo a 800 mila scolari in numero assoluto, aveva accumulato troppi giorni di assenza. Sessanta assenze è la soglia d’allarme, quegli ottocentomila erano, e sono, a rischio abbandono. Il lavoro ha preso in considerazione il primo periodo dell’anno scolastico in corso, settembre-dicembre. E un’indagine Ipsos per conto di Save the children aveva già evidenziato che, nel 28 per cento delle classi superiori, ogni studente aveva avvistato – da marzo 2020 a gennaio 2021 – l’addio di almeno un compagno. Qui, i ragazzi arresi, sono altri 34mila. La somma delle due indagini porta a contare 200 mila studenti usciti dal circuito scolastico dalla primaria alla media superiore.

La promozione dannosa

Sono molti, pericolosamente molti, i discenti che abbiamo perso per strada. E li abbiamo persi per diverse ragioni. C’è chi, poco stimolato nella normalità scolastica, ha vissuto l’esenzione 2020 dalla bocciatura come un salvacondotto per chiudere i libri: è stato travolto, soprattutto dalle materie tecniche. C’è chi aveva una cattiva connessione, chi doveva chiedere lo smartphone al papà: le famiglie basso-reddito, nel caso. Chi, semplicemente, si è smarrito nella solitudine e, la cosa peggiore che racconteranno i dirigenti scolastici, chi non ha retto lo stop and go, l’apri e chiudi della classe, l’assenza di continuità e certezze. L’aver contratto, in alcuni casi, il Covid. Tra tutti questi ci sono molti studenti “capaci e meritevoli”: sono precipitati nell’autostima e, a ricasco, sui voti.

L’Italia, dato fermo al 2019, viaggiava su una percentuale di abbandono scolastico del 13,5 per cento, in forte miglioramento nelle ultime stagioni, ma in ritardo sulla media europea (10 per cento). Il problema è che le 30-34 settimane di lockdown scolastico a variabilità regionale – ci sono primarie che in Campania hanno fatto 36 giorni di presenza in tutto – rischiano di rimandare indietro gli scolari e la scolarità italiana. Solo lungo il percorso degli ultimi cinque anni di superiori, d’altro canto, si sono persi in 160.000. Il tasso di dispersione, tenendo conto degli ultimi dati, arriva al 27 per cento. Si torna al livello di sette anni fa.

Denunciati 146 genitori

Città fragili come Gela, provincia di Caltanissetta, hanno soglie di dispersione del 40 per cento, un disastro: qui la pandemia ha inciso sulla sopravvivenza di alcune famiglie e la malavita è passata a reclutare i figli dei genitori senza speranza. A Vittoria, provincia di Ragusa, in due successivi controlli realizzati ad aprile i carabinieri del comando provinciale hanno denunciato 146 genitori che non mandavano i figli, iscritti in un istituto elementare, a scuola la mattina.