«Rivoluzionare la scuola, salvare il pianeta e lavoro per tutti: sono le tre sfide principali per i ragazzi»

da Il Sole 24 Ore

di Maria Piera Ceci

Una fotografia della Generazione Z, in cui è molto presente il tema della scuola, se è vero che per il 40 per cento degli studenti interpellati la cosa che conta di più nella vita sono i voti che prendono a scuola.

Cento domande rivolte a 30mila studenti raccolte nel libro “Chi sono? Io. Le altre. E gli altri”, scritto da Federico Taddia e Daniele Grassucci per Skuola.net e De Agostini. Quale esempio: «Credi nei professori?». Accanto ad un 10 per cento che risponde «assolutamente sì», c’è un 6 per cento che non ci crede per niente e non ci ha mai creduto. Altro esempio: «Con chi ti arrabbi più spesso?». Il 13 per cento risponde di arrabbiarsi con i professori, dopo genitori, fratelli e se stessi. Un sistema scolastico tossico quello nel quale si sentono calati, contro il quale i ragazzi stessi dicono che dovrebbero essere arrabbiati, così come per il metodo scolastico definito «troppo antico e che porta stress e depressione». E poi ancora: «Cosa può scatenare la tua rabbia?». Fra le risposte più gettonate c’è «l’incoerenza dei professori».

Quasi la metà dei ragazzi poi indica la scuola come il settore nel quale sente maggiormente la necessità di una rivoluzione.“Una classe dei primi del Novecento non è troppo dissimile da una classe di oggi – spiega Daniele Grassucci a Tutti a scuola su Radio 24. – La lavagna non è più di ardesia ed è diventata elettronica, ma la metodologia di insegnamento non è cambiata».

Che studenti e che scuola emergono dal vostro sondaggio?
«C’è molto disagio. Se andiamo a chiedere ai ragazzi quali sono gli ambiti della società da rivoluzionare al primo posto c’è proprio la scuola, poi l’ambiente e la politica. I nostri ragazzi sono costretti a vivere in una scuola che è stata pensata nel secolo scorso. Le fondamenta delle nostre istituzioni scolastiche – pur con qualche modifica – hanno le radici nella riforma Gentile che divideva i saperi in maniera rigida, in umanistici e tecnici. Il mondo di oggi invece ci dice che devono andare a braccetto. Il modello fondante resta poi quello della lezione frontale: il prof spiega e i ragazzi seduti nei banchi ascoltano e ricevono le informazioni. Oggi invece dobbiamo insegnare ai ragazzi a lavorare in squadra, ad utilizzare gli strumenti che li aiutino ad andare verso nuovi saperi, in un mondo complesso come questo. E così si favorisce l’abbandono scolastico, perché la scuola diventa sempre meno coinvolgente e viene percepita come meno utile, incapace di fornire ai ragazzi quelle competenze che vengono richieste oggi dal mondo del lavoro».

Secondo alcuni studi, la pandemia e la didattica a distanza avrebbe causato la fuga da scuola di 200mila studenti. Un dato che spaventa.
«Quello in cui viviamo è un mondo complesso, in cui le famiglie non riescono a gestire sempre i ragazzi. Anche le scuole come agenzie educative non possono restare da sole. Dobbiamo costruire delle reti che tra di loro parlino e siano finalizzate al successo di ogni singolo ragazzo. I ragazzi lasciano la scuola perché non ci sono reti che permettano di individuare queste situazioni e trattarle con particolare cura. A un certo punto il ragazzo smette di andare a scuola, soprattutto finita l’età dell’obbligo, e nessun ente si preoccupa di intercettare questo disagio. E un giovane che si perde è destinato alla disoccupazione, oppure può andare incontro in alcuni territori a destini anche peggiori.

Cosa chiedono i ragazzi che avete interpellato? Come vorrebbero la scuola?
«Vorrebbero una scuola che aiutasse a costruire una socialità. La scuola è l’unico serbatoio di amicizie e relazioni che è rimasto. Il digitale è un surrogato, dove non si possono creare vere relazioni e di questo i ragazzi sono consapevoli. Ma soprattutto nella scuola hanno bisogno di riscoprire un senso della propria esistenza. Vorrebbero una scuola che li aiutasse a trovare un posto nella società, come cittadini e come adulti. Quindi da un lato cultura per diventare cittadini, ma dall’altro competenza per diventare adulti e trovare un’occupazione. Se manca una sola delle due cose si crea un cittadino zoppo. Le tre sfide principali per i ragazzi sono: rivoluzionare la scuola, salvare il pianeta e lavoro per tutti».