Innovare la didattica e il reclutamento per incidere sul futuro dei giovani

da Il Sole 24 Ore

di Daniele Checchi

Le misure proposte nel Pnrr relativamente al potenziamento dell’offerta di servizi di istruzione (19,4 miliardi di spesa prevista) contengono progetti d’investimento ripartiti in due grandi gruppi: interventi intesi a favorire la scolarità e interventi volti a migliorare le competenze. Volendo usare un gergo da economisti, i primi mirano all’aumento quantitativo del capitale umano (più persone più a lungo a scuola), i secondi si prefiggono il miglioramento della dimensione qualitativa dello stesso (competenze scientifiche, di ruolo e comunicative, innovative).

Sulle prime gli interventi proposti sono facilmente identificabili e quantificabili, e sulla loro efficacia esiste letteratura scientifica che ne conferma l’efficacia. I 4,6 miliardi di intervento su asili nido e servizi per l’infanzia devono andare a riequilibrare le disparità territoriali nell’accesso ai servizi (a torto fino ad oggi ricompresi nei servizi a domanda individuale, come le piscine), garantendo nel contempo una fonte di stimolazione aggiuntiva per fanciulli provenienti da ambenti culturalmente svantaggiati. I 5,2 miliardi complessivi per la messa in sicurezza delle scuole, adeguamento delle strutture sportive e realizzazione degli spazi mensa per permettere agli alunni di restare a scuola anche nei pomeriggi vanno nella stessa direzione: offrire ai ragazzi degli spazi dignitosi di socializzazione e apprendimento. Nella stessa logica si iscrivono i 3,2 miliardi per cablatura delle scuole e laboratori informatici, così come stanno sempre nel primo gruppo anche i 3 miliardi per la costruzione di alloggi per studenti universitari, l’ampliamento delle borse di studio e il potenziamento degli istituti tecnici superiori.

Il secondo gruppo raccoglie progetti di intervento per «ridurre i divari territoriali» nelle competenze della scuola secondaria (1,5 miliardi) e per «formare nuove competenze e nuovi linguaggi» (1 miliardo). Se però uno desideri capire quali siano le cose da fare, quali interventi siano efficaci e/o abbiano una più elevata probabilità di successo, la descrizione rimane vaga.

Personalizzazione dei percorsi per le scuole critiche suona come un ridimensionamento degli obiettivi, così come formazione per i dirigenti e mentoring per gli insegnanti non sembrano azioni particolarmente innovative rispetto alle pratiche oggi vigenti, che appaiono sostanzialmente inefficaci nell’innalzare i livelli di competenza laddove questi sono inadeguati. Da monitorare non sono tanto gli studenti, ma l’efficacia delle pratiche didattiche dei rispettivi insegnanti. Gli insegnanti che assicurano un maggior valore aggiunto in termini di competenze acquisite dai loro alunni dovrebbero essere individuati e resi responsabili di progetti di miglioramento nelle rispettive scuole. Se poi questo si accompagnasse a una definitiva riforma del reclutamento scolastico che favorisse il ricambio generazionale e l’assegnazione dei docenti migliori alle scuole più problematiche, allora le risorse del Pnrr potrebbero davvero incidere sui destini futuri delle generazioni attualmente a scuola.