Sindaci e presidi: paletti al rischio penale

da Il Sole 24 Ore

di Valentina Maglione e Marisa Marraffino

Limitare la responsabilità penale dei dirigenti scolastici, escludendo gli infortuni ascrivibili a colpa lieve per imperizia. È la richiesta che i presidi – assimilati, quanto a responsabilità penale, ai datori di lavoro e chiamati a rispondere per gli incidenti negli istituti – avanzano da tempo e che ora è stata trasfusa in una proposta di modifica normativa elaborata dall’Associazione nazionale presidi.

Una battaglia analoga a quella combattuta dai sindaci, sovente coinvolti nei processi sugli eventi tragici che si verificano nei Comuni e che chiedono la revisione delle norme del Testo unico degli enti locali sulla responsabilità. E, quando si parla di sicurezza negli istituti scolastici, le responsabilità di presidi e sindaci viaggiano in parallelo, dato che i primi sono i “datori di lavoro” e i secondi rappresentano spesso “l’ente proprietario”.

A rilanciare il dibattito sulla responsabilità penale dei sindaci e dei dirigenti scolastici è stata la vicenda che ha coinvolto la prima cittadina di Crema, Stefania Bonaldi, a cui, nei giorni scorsi, è stato notificato un avviso di garanzia perché indagata nel procedimento penale aperto dopo che un bimbo si era schiacciato due dita nella porta tagliafuoco di un asilo comunale. Un caso in cui è stata, appunto, chiamata in causa la sindaca. Ma spesso a rispondere degli incidenti sono i dirigenti scolastici.

Come si divide la responsabilità

La responsabilità dei presidi è legata innanzitutto agli obblighi che derivano dalle norme antinfortunistiche. L’articolo 2087 del Codice civile e il decreto legislativo 81/2008 prevedono infatti che il datore di lavoro debba attuare tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro.

Spettano poi al dirigente tutti quei doveri di controllo ordinari sulla corretta gestione degli spazi scolastici. Dovrà ad esempio assicurarsi che non ci siano trabocchetti, insidie e segnalare all’ente proprietario dell’edificio eventuali problemi agli impianti. Ricadono infatti sugli enti pubblici, di solito i Comuni, proprietari degli edifici scolastici tutti i doveri relativi ai controlli sulla struttura e sugli impianti.

Mentre i dirigenti sono chiamati a rispondere per non aver predisposto tutte le misure organizzative in grado di garantire la sicurezza nell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni. È una responsabilità colposa omissiva: si viene condannati in genere per non aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento.

Un profilo di responsabilità in passato legato soprattutto ai problemi dell’edilizia scolastica ma su cui nell’ultimo anno il dibattito si è infervorato per i timori dei presidi di essere chiamati in giudizio per i contagi da Covid-19.

Inoltre, i dirigenti delle scuole pubbliche e parificate hanno l’obbligo di denunciare all’autorità tutti i reati procedibili d’ufficio di cui siano venuti a conoscenza. Se non lo fanno possono incorrere nel reato di omessa denuncia di reato del pubblico ufficiale previsto dall’articolo 361 del Codice penale. Attenzione alta quindi su tutti i fatti legati allo spaccio di sostanze stupefacenti in ambito scolastico, ma anche agli episodi di bullismo o cyberbullismo, come le violenza private, le estorsioni o le istigazioni all’odio razziale anche a mezzo chat.

Le proposte

Ora i dirigenti scolastici chiedono di rivedere i confini della responsabilità penale del datore di lavoro. «È troppo ampia – osserva Antonello Giannelli, presidente dell’Anp – perché la gestione degli ambienti di lavoro è diventata così complessa e richiede competenze tanto diverse e approfondite che per i dirigenti scolastici, anche se supportati dal responsabile del servizio protezione e prevenzione e dal medico competente, non è possibile prevedere tutti gli infortuni». Per questo l’Anp propone (con un testo inviato al ministero dell’Istruzione e ai parlamentari) di introdurre nel Codice penale un nuovo articolo 590-septies, che circoscriva la responsabilità penale dei dirigenti scolastici ai casi in cui gli infortuni derivino da loro colpa grave, depenalizzando, così, gli incidenti legati alle ipotesi più lievi. «Miriamo a riallineare la responsabilità penale a quella civile – rimarca Giannelli – dato che quest’ultima scatta solo in caso di dolo o colpa grave».

Anche la mobilitazione dei sindaci è già partita. Per vicende che non riguardano solo le scuole. Dopo la condanna, decisa a fine gennaio dal Tribunale di Torino, della sindaca Chiara Appendino (per la tragedia di piazza San Carlo del 3 giugno 2017), il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, aveva scritto un appello al Parlamento, firmato da quasi 4mila primi cittadini, per chiedere la revisione delle norme del Testo unico degli enti locali su cui si fonda la responsabilità penale dei sindaci: «Non chiediamo l’immunità o l’impunità – ribadisce Decaro – ma solo di liberare i sindaci da responsabilità non proprie».