Crocefisso sì o no, la Cassazione cerca la mediazione

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Crocefisso sì o no nelle aule scolastiche, diritto del docente laico di essere rispettato e diritto degli alunni favorevoli all’ostensione del simbolo cattolico a vederlo esposto in aula. Questo il “cuore” della questione sulla quale – alla ricerca di un bilanciamento dei diritti in campo – si sta interrogando la Cassazione che ieri ha discusso la questione in camera di consiglio davanti alle Sezioni Unite, il massimo consesso di ermellini esperti in diritto.

Il verdetto richiederà tempo e si conoscerà solo con il deposito delle motivazioni, tra un mese, un tempo che potrebbe anche dilatarsi. Il caso è quello del ricorso di un docente “laico”, F.C., dell’ Istituto professionale di Stato “Alessandro Casagrande” in Umbria, contro la sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per 30 giorni inflittagli dall’Ufficio scolastico provinciale il 16 febbraio 2009.

Al prof – che si è rivolto alla Cassazione contro la conferma della sanzione, come stabilito dalla Corte di Appello di Perugia nel 2014 – il preside aveva imposto di «attenersi al deliberato dell’assemblea degli studenti» che prevedeva che in un’aula di terza «rimanesse affisso durante le lezioni un crocefisso». Il docente, invece, «invocando la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, aveva sistematicamente rimosso il simbolo prima di iniziare la lezione, ricollocandolo al suo posto solo al termine della stessa, ed aveva anche proferito frasi ingiuriose nei confronti del dirigente, che pretendeva il rispetto delle disposizioni impartire in conformità al deliberato dell’assemblea di classe».

Ad avviso della Corte di Appello, la disposizione del preside non era discriminatoria «perché l’ordine di servizio era stato indirizzato all’intero corpo docente e, quindi, non era stata realizzata alcuna disparità di trattamento». Inoltre, i magistrati perugini hanno ricordato che secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo il simbolo del crocefisso «è essenzialmente passivo e la sua esposizione nel luogo di lavoro così come è stata ritenuta non idonea ad influenzare la psiche degli allievi, a maggior ragione non è sufficiente a condizionare e comprimere la libertà di soggetti adulti e ad ostacolare l’esercizio della funzione docente».

Forse la strada della mediazione è la bussola alla quale guardano gli ermellini. «Ci si può chiedere se, a fronte della volontà manifestata dalla maggioranza degli alunni e dell’opposta esigenza resa esplicita dal docente, l’esposizione del simbolo – si interrogano infatti i giudici nell’ordinanza di rimessione, sentenza 19618 – fosse comunque necessaria o se non si potesse realizzare una mediazione fra le libertà in conflitto, consentendo, in nome del pluralismo, proprio quella condotta di rimozione momentanea del simbolo della cui legittimità qui si discute, posta in essere dal ricorrente (ndr – il prof) sull’assunto che la stessa costituisse un legittimo esercizio del potere di autotutela».

Ad ogni modo gli “ermellini” ricordano che «l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche non è imposta da disposizioni di legge ma solo da regolamenti , risalenti nel tempo, applicabili alle scuole medie inferiori».

La difesa del prof ha poi fatto presente che «la condotta tenuta dal docente non poteva essere ritenuta egoistica e non rispettosa del diritto degli alunni, in quanto finalizzata a difendere diritti propri e dei dissenzienti che, in occasione dell’assemblea di classe, non avevano approvato l’affissione» del crocefisso.

Per decidere le Sezioni Unite passeranno in rassegna le diverse posizioni espresse dalla stessa Cassazione, dalla giurisprudenza amministrativa, dalla Consulta, dalle Corti europee «in relazione al significato del simbolo, al principio di laicità dello Stato, alla tutela della libertà religiosa, al carattere discriminatorio di atti o comportamenti del datore di lavoro che, in ragione del credo, pongano un lavoratore in posizione di svantaggio rispetto agli altri».