La democrazia in crisi

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La democrazia in crisi

di Maurizio Tiriticco

Copio dalla cronaca di Roma de “la Repubblica” di oggi 12 luglio i seguenti titoli: “Verso le elezioni – Sui manifesti spariscono i partiti – La campagna senza simboli dei candidati al Comune tra social e realtà – Dai manifesti agli hashtag – I candidati in campagna fanno a meno dei partiti”. E penso che quest’ultima constatazione non è soltanto dei cronisti de “la Repubblica”, ma è un dato di fatto! Ma vediamo anche alcune parole d’ordine (una volta si diceva cosi): “Comitato per Virginia, avanti con coraggio”; “Roberto Gualtieri Sindaco, Roma. E tutti noi”; “Roma sul serio Carlo Calenda Sindaco”; “Michetti, chi? L’Avvocato Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, il Professore di Diritto che assiste gli Enti Locali con la sua Gazzetta Amministrativa”.

Parole parole parole, diceva una bella canzone! E a monte delle parole? Non so! Un tempo, ormai molto lontano ed anche liquidato – a mio vedere molto improvvidamente – a monte delle parole dette e scritte dai candidati c’erano ben altre parole, quelle dette e scritte dai partiti! Sì, dai partiti! E la parola partito viene, com’è noto, dalla parolaparte: quando in un Paese, democratico o meno, una parte della popolazione viene di fatto collocata da una parte! Ed un’altra dall’altra. E di fatto c’erano anche – e a volte ben distinte – le classi sociali. C’erano i contadini, che lavoravano la terra; gli operai, che lavoravano in fabbrica; e il ceto medio, il settore impiegatizio. E gli economisti avevano al proposito individuato i famosi tre stati o settori sociali: il primario, il secondario e il terziario. Ma di fatto è anche sempre esistito un quarto stato, quello così benrappresentato dal celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato alla fine dell’800: “lo stato dei reietti”. E potremmo anche dire, con largo beneficio di inventario, che,nell’Italia e nell’Europa avanzate di oggi, il quarto stato può essere ben rappresentato dalle migliaia di disperati che sbarcano sulle nostre coste meridionali. O meglio, su tutte le coste meridionali dell’Europa.

Nel corso della storia, almeno della nostra storia recente, i partiti si sono a poco a poco liquefatti. Almeno quelli che abbiamo conosciuto – e a cui abbiamo dato vita – prima nel corso della Resistenza antifascista, poi con la restaurazione della libertà. Ed erano, all’origine, i sei partiti che avevano costituito il CLN, ovvero il Comitato di Liberazione Nazionale, che potremmo definire storici: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista, il Partito Socialista, il Partito, Liberale, il Partito d’Azione, il Partito Repubblicano, con i loro leader altrettanto storici. Qualche nome: Ivanoe Bonomi (Democrazia del Lavoro), Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola (PCI), Alcide De Gasperi (DC), Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea (Partito d’Azione), Pietro Nenni e Giuseppe Romita (PSI), Meuccio Ruini (Democrazia del Lavoro), Alessandro Casati (Partito Liberale Italiano).

E questi sei partiti hanno vissuto, operato e, potremmo dire, resistito anche per quasi tutti i decenni della cosiddetta “prima repubblica”. Poi non so! Lasco allo storico l’analisi ed il giudizio su quanto avvenuto. Mi limito solo a constatare che, almeno a partire dalla “caduta del muro di Berlino” – le virgolette sono necessarie perché segnano non solo un fatto ma un’epoca – del 9 novembre 1989, è nata, a mio vedere, almeno in Italia, un’epoca nuova. O, se non nuova, diversa, almeno per quanto riguarda l’assetto ed il contesto dei sei partiti politici, storici, potremmo dire. E’ opportuno ricordare in primo luogo, a mio avviso, la liquidazione del PCI: con la cosiddetta “svolta della Bolognina”, voluta ed imposta da Achille Occhetto. Il PCI viene ridenominato Partito Democratico della Sinistra, come se il PCI dovesse vergognarsi anche di quel nome, adottato da un drappello di scissionisti (parola d’ordine: in Italia come in Russia) a Livorno nel 1921 nel corso del XVII° congresso del Partito Socialista Italiano. Quando poi è stranoto che il PCI, sotto la guida prima di Palmiro Togliatti, poi di Luigi Longo, poi di Enrico Berlinguer, non ha mai costituito – come sempre invece recitato dagli avversari – la longa manus dell’Unione Sovietica in Italia. Anzi! Ma qui il discorso mi porterebbe fuori strada. Mi limito solo ad accennare al “Memoriale di Jalta”, redatto da Palmiro Togliatti nei suoi ultimi giorni di vita durante una vacanza a Jalta, in Crimea nell’agosto del 1964. Va ricordato che in questo scritto Togliatti annota parte della sua teoria sulla via italiana al socialismo nonchésevere critiche nei confronti dell’Unione Sovietica.

E poi e poi… finalmente il nuovo millennio! Ed una sorta di catarsi politica, almeno qui nel nostro Paese! I partiti storici scompaiono a poco a poco e nascono nuove forze e forme politiche, MA… Il MA maiuscolo sta ad indicare che tutta l’organizzazione politica del nostro Paese è “altra cosa” rispetto al secolo scorso. Lega, Cinque Stelle, Forza Italia et al sono tutt’altra cosa rispetto allo ieri! La caduta delle idee o – se si vuole – delle ideologie, ha comportato anche la caduta dei partiti storici! Per cui l’assetto politico si dimostra frammentario e variabile! Ogni leader, reale o presunto, corre a farsi il proprio partitino, crea la sua sigla, che sigla resta e che poco entusiasma il cittadino.

Il cittadino, anche se inconsciamente, esige idee – non parlo di ideali – programmi certi, prospettive per il domani. Ma oggi è costretto ad accontentarsi di poco. Il mercato della politica non va oltre i Renzi, le Meloni, i Salvini, i Conte, i grillini pentastellati e compagnia cantante. I miei concittadini migliori ricordano uomini come Moro, Berlinguer, De Gasperi, Nenni e i tanti altri della ormai lontana Prima Repubblica. I partiti politici e i loro riti, i congressi, i comitati centrali, le correnti, i quotidiani, le riviste, le discussioni infinite, ma necessarie, non esistono più, purtroppo!

Ma perché purtroppo? In effetti, ho avuto occasione di scrivere più volte che questa lenta ma inesorabile liquefazione dei partiti, ormai in atto nel nostro Paese da alcuni anni, costituisce a mio avviso un fenomeno molto preoccupante e da non trascurare. Anzi, da analizzare.Cosa che ho cominciato a fare qualche tempo fa. Si vedano, ad esempio, in Tiriticcheide, “La democrazia in crisi” e “La democrazia sotto attacco”.

Mah! Comunque, domani è un altro giorno!