Invalsi 2021. Il futuro della valutazione

da Tuttoscuola

Nel settembre 2011 in una lettera a doppia firma Trichet e Draghi (presidenti uscente ed entrante della BCE) il governo italiano venne invitato “a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica” e a rendere “sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione)”. Notammo allora che nella traduzione italiana della lettera l’istruzione stava al terzo posto, nell’originale inglese al secondo (“health, education and judiciary systems”): segno dell’importanza strategica che la BCE guidata dall’ex governatore della Banca d’Italia Mario Draghi assegnava agli investimenti in istruzione.

Da allora l’Invalsi, sotto la guida dei due Draghi boys Cipollone e Sestito (poi rientrati in Bankitalia con importanti incarichi), si è mosso con agilità e determinazione sul terreno della raccolta dei dati relativi al sistema nel suo complesso, raggiungendo risultati ineccepibili sul piano formale ma restando sempre ancorato alla citata filosofia della performance, mirata alla misurazione delle prestazioni in campo comunicativo e matematico-scientifico, non delle competenze, soprattutto quelle personali, che sono qualcosa di strettamente intrecciato con i valori e i vissuti individuali, e sono valutabili da insegnanti preparati, non da algoritmi impersonali.

Anche la successiva presidenza di Annamaria Ajello, pur così sensibile e attenta (anche per il suo percorso accademico) alle dimensioni psicologiche e sociologiche della valutazione, non si è discostata dall’imprinting statistico-quantitativo acquisito dall’Invalsi a partire dal 2007.

Guardando al futuro dell’educazione, che secondo molti studiosi ed esperti anche non accademici  va verso la personalizzazione dei percorsi formativi, la valutazione delle competenze secondo il modello OCSE-Invalsi continuerà ad avere un ruolo importante per quanto riguarda il core curriculum lingua materna-matematica-scienze, ma dovrà essere affiancata da metodologie valutative di tipo qualitativo, affidate alla ricerca accademica, centrate sulle competenze personali intese come “capacitazioni” (capabilities, sintesi di capacity e ability), che secondo Amartya Sen e Martha Nussbaum valorizzano le potenzialità educative di tutti nel rispetto delle differenze individuali e delle regole di libertà delle società aperte.

(O.N.)