Giù la mascherina in classe, ma solo se c’è rispetto effettivo delle distanze anti-Covid

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da Il Sole 24 Ore

di Pietro Alessio Palumbo

È ingiustificato imporre l’uso delle mascherine a scuola anche in condizioni di rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale anti-Covid e senza prevedere alcuna misura al fine di garantire che l’alunno, pur privo di patologie conclamate, possa essere esonerato dall’uso della mascherina ove risenta di cali di ossigenazione o altri disturbi. Con la sentenza 9343/2021 il Tar Lazio ha evidenziato che l’obbligo incondizionato di utilizzare la mascherina in classe si discosta dalle risultanze del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) e dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) laddove chiariscono che in classe la mascherina può essere rimossa in condizioni di prescritta distanza ma anche di effettiva “staticità” degli alunni.

Il principio ribadito dai giudici amministrativi
In ambito scolastico imporre sempre e in ogni caso l’uso della mascherina, anche quando sia garantita la distanza di sicurezza tra i banchi non è in linea con il principio di adeguatezza e proporzionalità: la prevenzione dal Covid-19 deve tener conto dell’evoluzione effettiva della pandemia, prevedendo “modularità” e “scalabilità” delle azioni di precauzione. Con l’espressione modularità e scalabilità delle misure, il Cts in linea con le indicazioni dell’Oms ha inteso graduare le misure di prevenzione in considerazione dell’oggettiva tendenza in peggio o in meglio della pandemia. Il distanziamento fisico inteso come distanza (minima) di 1 metro tra le rime buccali degli alunni e di 2 metri della cattedra dell’insegnante dai banchi è quindi lo strumento di prevenzione primario.
Deriva che la mascherina è da intendersi quale strumento “transitorio” tenendo anche conto dell’impatto sulle capacità di apprendimento e interazione dell’alunno. E in ogni caso – si badi – oltre ad assicurare frequenti ricambi d’aria va prestata attenzione agli alunni che diano segni di affaticamento dopo l’uso prolungato della mascherina. Ciò anche attraverso l’uso del cosiddetto “saturimetro”, apparecchio di misurazione del livello di ossigenazione individuale; peraltro di costo modesto e banale utilizzabilità.