Sul Crocifisso

print

Sul Crocifisso

di Gabriele Boselli

La recente enigmatica se non ambigua sentenza della Cassazione concede da un lato l’apertura al mistero, all’infinito così come intravedibili attraverso la storia dell’uomo; ma può essere agitata anche come autorizzazione all’intolleranza verso il simbolo essenziale della nostra civiltà.

Non penso si possa aprire all’intolleranza per il nostro simbolo cardinale. Per due millenni si sono incardinati nel Crocifisso tutti i saperi d’Occidente e ancora costituisce la struttura sintattica profonda (syn-taxis, vettrice d’orientamento all’Intero) del nostro in-tendere il visibile e l’invisibile. 


Essenza della laicità

 In un’aula coesistono e con varia intensità convivono diverse fedi e non fedi e diverse disponibilità ad accettare quelle altrui. Certamente la scuola di Stato è laica, non solo nel senso che non è esercitata da chierici ma anche in quello che ha un orizzonte valoriale incentrato sulla storia del cristianesimo  ma aperto a una pluralità di credenze e di valori con un minimo comune denominatore indicato nella Costituzione.

Laico è chi non teme alcun simbolo e nelle nostre contrade è orgoglioso del Crocifisso come -risiedendo in India- lo sarebbe di Brahma. Laico non significa solo “non sacerdote”, non-custode di un sacro assolutamente precostituito. Laicità non significa neutralità valoriale né indifferenza al senso della vita umana e al mistero in cui questa accade come narrati nella nostra terra dalla tradizione cristiana. Laico non tanto è colui che dichiara di non professare alcuna fede, sia religiosa che non; laicità è abito mentale di chi non ha rifiutato il calice dell’incertezza propostogli dai saperi della modernità e si assume la responsabilità della scelta. Laicità non è intolleranza.

Laico è chi è impegnato nello sforzo costante di guadagnare una prospettiva sull’Intero la più alta possibile. Laicità è capacità di credere nei propri valori sapendo che ne esistono altri, anch’essi rispettabili purchè tengano conto dei diritti essenziali della persona. E’ consapevolezza che senza idee non c’è possibilità di esistenza autentica e nel contempo queste vanno intese come vie verso una ricerca incessante e non come procedure di archiviazione e applicazione.

La questione ermeneutica è essenziale.  C’è chi interpreta il dettato divino come fondamento immutabile e chi lo interpreta come fondazione, ovvero come eredità attiva, dinamica, serie di linee di attrazione che portano la persona ad agire dialetticamente per il mondo e per il Dio in cui confida. 

 
Umiltà nella proposizione sul numinoso


A mio avviso la cultura che la scuola trasmette e le stesse discipline che insegna sono intrise dei valori del cristianesimo, essendo anche eredità di 1500 anni in cui la teologia rappresentava la scienza in cui tutto il sapere era incardinato. In ogni sapere contemporaneo e nei suoi simboli riverbera la potenza fondazionale dei secoli in cui la teologia era la scienza regina. Anche la pedagogia e parte degli ordinamenti scolastici sono ispirati dal cristianesimo: i principi di uguaglianza, fratellanza, accoglienza, tradizione. 

Quel che deve differenziare una scuola di Stato da una a forte vocazione identitaria, sia essa religiosa o altro, è l’umiltà della non affermazione delle proprie tesi come assolutamente vere, come incontrovertibile sistema di certezze ma come patrimonio che si ha il dovere di mostrare  e offrire insieme alla facoltà di accettare o sottrarvisi.

 
..e in ogni aula un Crocifisso, una Bibbia, un insegnante/Maestro

Ciò che è dato (documenti, simboli, immagini, costruzioni) è dato e deve avviarsi un processo di comune riconoscimento; poi c’è il processo interpretativo e proiettivo che costituisce i fatti in atti, espande e personalizza i significati.

Personalmente ritengo che ogni aula d’Europa stia dunque bene il crocifisso come simbolo di due millenni di storia, addensamento materiale di due millenni di dolore, di emersioni dal dolore, di persecuzioni e liberazioni, di interrogazioni su ciò che sta oltre tutti i cieli.  Il Crocifisso è un testo che tutti ereditiamo nascendo in questa terra. Poi c’è la Bibbia, il libro all’origine di tutti i libri (piuttosto negletto per la verità) e poi c’è un insegnante che a volte riesce a essere un Maestro il quale può essere legittimamente convinto che Dio sia o non sia, che esista e che non esista; essere una persona che nutre la certezza del nulla dopo la morte o quella di una vita eterna; vi è il di-sperato e chi spera, anche se non è certo, di poter incontrare nell’altrove le persone amate.

 La pluralità delle posizioni personali non può però confliggere con il dovere di illustrare il carattere fondazionale e non fondativo della nostra eredità religiosa come struttura culturale essenziale della  costellazione dei valori essenziali della nostra forma di civiltà.


Gli insegnanti/Maestri e il loro accennare

 La conoscenza religiosa, insieme alla musica, alla poesia, a tutte le discipline ha molto da dire e in modo profondo con i suoi testi e i suoi simboli sui grandi interrogativi dell’esistenza: la fragilità e la forza della condizione umana, il dolore, il male, la sofferenza, la gioia, la morte, la speranza, figlia virtuosa dell’incertezza. A partire dalle scritture sacre come da quelle che non dichiarano un’ispirazione divina, Dio può essere narrato (non “dimostrato”) come l’insieme del reale e l’Ente che è pensato da millenni come punto di origine e conversione, termine in cui vengono a collimare tutte le direzioni di senso.

 Ma introdurre ai fenomeni religiosi della vita è primariamente aprire ai ragazzi uno squarcio sul velo dell’apparenza (oggi principalmente elettronica) per gettare insieme lo sguardo oltre i confini del visibile e del contingente. La persona umana va protetta e difesa dall’alienazione dell’incultura religiosa poichè va lasciata aprirsi come  un “frammento del futuro”, una creatura (Schillebeek) nel senso etimologico del termine: una entità creaturale che non è stata ma sarà creata, nell’infinito processo in cui quel che in-tendiamo come Dio distende il proprio essere.

La scuola non appartiene esclusivamente all’epoca, non può essere integralisticamente “secolare”. Pensa anche nelle forme della contingenza storica ma attraversa l’epoca “epochizzandola”, mettendola tra parentesi, esperendola e traendosene fuori, con l’eredità dei millenni trascorsi e la proiezione/profezia verso quelli venturi. Pensa quel che sta entro l’orizzonte e l’attualità ma sa anche indirizzare lo sguardooltre l’ultima stella, a prima del “fiat lux” come a quando la vicenda di tutti gli universi sarà compiuta.

Testi fondazionali

  • Bibbia (qualsiasi edizione)
  • Divina Commedia ( “  )
  • Franz Rosenzweig La stella della redenzione, 1918, ed it. Adelphi, 1985  II it. Presso Vita e pensiero, 2017