L’eccidio di Cefalonia

L’eccidio di Cefalonia

di Maurizio Tiriticco

28 SETTEMBRE 1943, Cefalonia, Seconda Guerra Mondiale —- L’8 settembre del 1943 in Italia, dopo una lunga e disastrosa guerra che durava dal 10 giugno 1940, viene finalmente comunicato l’armistizio, firmato a Cassibile, in Sicilia, il giorno 3. Com’è noto, nessuna informazione venne data ai nostri combattenti sui diversi fronti di guerra circa i comportamenti da assumere nei confronti sia delle forze tedesche, diventate il nuovo nemico, che delle forze angloamericane, diventate il nuovo alleato!

Ecco il testo estremamente sibillino con cui venne proclamata per radio la cessazione delle ostilità e la fine – si fa per dire! – della guerra: «Attenzione! Attenzione! Sua Eccellenza il Capo del governo e Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio rivolgerà un proclama alla nazione!» Era la voce di Arnoldo Foà, come sapemmo a guerra finita. Seguirono le parole di Badoglio, sì, proprio del Maresciallo Badoglio in persona! Pertanto la notizia doveva essere più che importante! Eravamo tutto sospesi! E poi seguirono delle parole secche, stentoree, scandite, anche con una voce un po’ chioccia… non era uno speaker: «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Altri ordini, mirati, articolati e motivati, e soprattutto precisi, non vennero assolutamente impartiti alle diverse formazioni militari dislocate sui diversi fronti di guerra! Le quali così furono letteralmente abbandonate a loro stesse. Si trattò di un vero e proprio tradimento. E con i suoi soldati fu tradito l’intero popolo italiano! I “fedeli sudditi” – come si soleva dire – furono letteralmente piantati tutti in asso! Com’è noto, nella stessa notte dell’8 settembre, dopo l’annuncio dell’armistizio, il Re, la sua Corte e tutto lo Stato Maggiore fuggirono letteralmente da Roma, con un corteo di automobili lungo tutta la Via Salaria. Raggiunsero Pescara e di lì si imbarcarono sull’incrociatore Baionetta per riparare a Brindisi, che era già stata liberata dalle truppe alleate. Il terzo tradimento! Il primo, quando il 28 ottobre 1922 diede a Mussolini l’incarico di formare un nuovo governo, aprendo così la strada alla dittatura che seguirà dopo il delitto Matteotti! Il secondo, quando il 25 luglio 1943 tradì Mussolini, facendolo arrestare da suoi carabinieri, “l’arma da secoli fedele”!

Ed in quell’8 settembre 1943 venne pubblicato l’ultimo bollettino di guerra! Risibileee!!! Se non fosse drammaticooo!!! Eccolo: BOLLETTINO n. 1201: “Sul fronte calabro reparti italiani e germanici ritardano, in combattimenti locali, l’avanzata delle truppe britanniche. L’aviazione italo-tedesca ha gravemente danneggiato nel porto di Biserta 5 navi da trasporto per complessive 28 mila tonnellate; nei pressi dell’isola di Favignana un piroscafo da 15 mila tonnellate è stato colpito con siluro da un nostro aereo. Formazioni avversarie hanno bombardato Salerno, Benevento e alcune località delle provincie di Salerno e di Bari perdendo complessivamente 10 velivoli: 3 abbattuti dalla caccia italo-germanica e 7 dall’artiglieria contraerea”.Che dire? Una mastodontica presa per i fondelli di milioni e milioni di “fedeli sudditi”!

Ma torniamo a quelle drammatiche giornate! I tedeschi – dato che i nostri generali e i nostri soldati erano stati lasciati senza più alcun ordine, abbandonati a loro stessi – ebbero ovunque la meglio su tutte le nostre formazioni militari! Che in effetti si dissolsero come la nebbia al sole! Perché in quello stato di assoluta assenza di ordini, soldati e graduati pensarono solo ad abbandonare le loro posizioni e afuggire, tentando un difficile ritorno in Patria ed alle loro case. Ma non per tutti fu un’impresa facile! E ciò che avvenne nell’isola greca di Cefalonia fu semplicemente terribile! Un vero e proprio eccidio! Ecco i fatti.

Il generale Gandin, che aveva il comando dei soldati italiani, dopo esitazioni e consulti con gli alti ufficiali, in seguito ad un vero e proprio ultimo “consiglio di guerra”, decise di arrendersi ai tedeschi. Così la tovaglia bianca,sulla quale i comandanti mangiavano tutte le sere, venne issata sul balcone della casa che era sede del comando in segno di resa. A questo punto Hitler in persona ordinò che i soldati italiani fossero considerati come traditori e fucilati.Così i soldati che erano stati fatti prigionieri furono immediatamente e sommariamente giustiziati. E queii pochi soldati tedeschi che cercarono di opporsi, furono dissuasi con la minaccia di essere a loro volta fucilati.

Ed ebbe così inizio un vero e proprio massacro! I rastrellamenti e le fucilazioni andarono avanti per più giorni,ed ebbero fine solo il 28 settembre. Venti giorni di massacri! Che non risparmiando neanche Gandin, morto la mattina del 24. In particolare, 129 ufficiali furono fucilati presso una villa chiamata Casa Rossa e sette subirono la stessa sorte il 25 settembre perché, nell’ospedale dove erano ricoverati, il giorno prima si era verificata la fuga di due ufficiali. Compiuto l’eccidio, i tedeschi cercarono di farne scomparire le tracce. Così quasi tutte le salme – fatta eccezione di alcune lasciate insepolte o gettate in cisterne – furono bruciate e i resti gettati in mare. I superstiti furono caricati su navi destinate ai porti greci e dai porti greci ai treni con destinazione Polonia (Auschwitz, Treblinka e Ghetto di Minsk). Purtroppo due di esse (Motonavi Sinfra e Ardena) incapparono in campi minati, esplosero e affondarono, e la Mario Roselli fu colata a picco da aerei alleati, che non conoscevano il suo carico umano. Tra i pochissimi scampati all’eccidio e alla successiva prigionia ci furono il cappellano militare Romualdo Formato, autore negli anni cinquanta di un libro intitolato appunto “L’eccidio di Cefalonia”, e lo scrittore e conduttore televisivo Luigi Silori.