Ricorrenza settembrina

Ricorrenza settembrina

di Maurizio Tiriticco

Estate del 1938. Avevo appena 10 anni e, superati, dopo la scuola elementare, gli esami di ammissione al primo ginnasio, ero in attesa di frequentare quel nuovo corso di studi che a quei tempi era scarsamente gettonato. In quegli anni non tutte le famiglie avevano i mezzi per avviare i figli a studi allora molto impegnativi: cinque anni di ginnasio a cui seguivano ovviamente tre anni di liceo; e successivamente era pressoché obbligatorio accedere all’Università. La scuola media che oggi conosciamo era al di là da venire. Si sarebbe realizzata in un suo primo nucleo con la cosiddetta “riforma Bottai”: dal nome del Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai (Roma,1895-1959), che ne fu l’ispiratore. Si trattò di una riforma che fu approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 15 febbraio 1939, XVII° dell’Era Fascista e varata con la cosiddetta “Carta della Scuola”. Di fatto la riforma si coniugava con un altro documento del regime, la “Carta del Lavoro”: un disposto legislativo redatto da Carlo Costamagna, poi riveduto e corretto da Alfredo Rocco, ed infine approvato dal Gran Consiglio del Fascismo il 21 aprile, anniversario del Natale di Roma, del 1927. Nonostante non avesse valore di legge o di decreto, non essendo allora il Gran consiglio organo di Stato ma di partito, esso fu comunque pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927. La dittatura è dittatura!

Ma torniamo a quella tarda estate del 1938! La politica europea era in gran fibrillazione! E la preoccupazione era molto alta – in primo luogo presso le cancellerie europee – per la politica espansionista ed aggressiva avviata dalla Germania di Hitler! L’11 marzo del 1938 l’esercito tedesco aveva invaso l’Austria. Ma Hitler rivendicava anche la regione dei Monti Sudeti, la parte occidentale dell’allora Cecoslovacchia, abitata prevalentemente da popolazione di etnia tedesca. In tale infuocata situazione politica, tutte le cancellerie europee erano in grande allarme. E si giunge così alla Conferenza di Monaco, che si tenne dal 29 al 30 settembre fra i capi di governo di Regno Unito (Arthur Neville Chamberlain), Francia (Eduard Daladier), Germania (Adolph Hitler) e Italia (Benito Mussolini). La conferenza si concluse con un accordo che portò all’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello Stato tedesco. Ma fu cosa grave che i rappresentanti cechi e slovacchi non vennero fatti partecipare alle trattative, per cui quel trattato venne da loro etichettato come “diktat di Monaco”. Di ritorno da Monaco, Mussolini venne pressoché incensato da tutta la stampa nazionale – eravamo in piena dittatura – come lo stratega politico che, con il suo equilibrio e la sua abilità diplomatica, aveva salvato l’Europa dalla guerra. Tutto questo nella tarda estate del 1938!

Ma l’anno successivo, esattamente il primo settembre 1939, le truppe di Hitler invadono la Polonia. Fu un fatto gravissimo! Ed in risposta all’aggressione nazista, Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania di Hitler. Ma la prepotenza hitleriana non sarebbe finita lì. Due anni dopo, esattamente il 22 giugno del 1941, con la cosiddetta Operazione Barbarossa, ebbe inizio l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica. E l’Italia fascista? Il Duce, Benito Mussolini, non poteva stare a guardare! Con qualche migliaio di morti – fu una sua espressione – l’Italia fascista si sarebbe seduta al tavolo della pace! Così il 10 giugno del 1940 il Duce, dallo “storico balcone” di Palazzo Venezia, annunciò agli Italiani e al mondo di aver comunicato agli ambasciatori di Francia e Inghilterra la dichiarazione di guerra.

Ecco l’incipit: “Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano. Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste frasi: promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell’edificio, l’ignobile assedio societario di cinquantadue Stati. La nostra coscienza è assolutamente tranquilla. Con voi il mondo intero è testimone che l’Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l’Europa; ma tutto fu vano…”.

Qualche giorno prima Mussolini aveva confidato a voce a Badoglio, allora capo di Stato Maggiore Generale, quanto segue: «Ho bisogno di un migliaio di morti per sedermi al tavolo della pace». Ma le cose poi andarono molto diversamente!