dal mio Balilla Moschettiere

dal mio Balilla Moschettiere

di Maurizio Tiriticco

Nel tardo pomeriggio del 2 ottobre del 1935 Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia pronuncia uno dei suoi discorsi più importanti: annuncia all’Italia e al mondo la dichiarazione di guerra all’Etiopia. “Camicie nere della rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia! Italiani sparsi nel mondo, oltre i monti e oltre i mari! Ascoltate! Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della patria. Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze di tutta Italia. Mai si vide nella storia del genere umano, spettacolo più gigantesco. Venti milioni di uomini: un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. La loro manifestazione deve dimostrare e dimostra al mondo che Italia e fascismo costituiscono una identità perfetta, assoluta, inalterabile. Possono credere il contrario soltanto i cervelli avvolti nella più crassa ignoranza su uomini e cose d’Italia, di questa Italia 1935, anno XIII dell’era fascista. Da molti mesi la ruota del destino, sotto l’impulso della nostra calma determinazione, si muove verso la mèta: in queste ore il suo ritmo è più veloce e inarrestabile ormai!”

Ed il 3 ottobre le nostre truppe varcarono il confine eritreo. Che gioia per me! Avremmo liberato i poveri negri dalla schiavitù e avremmo portato loro la civiltà romana e fascista! Era ora! Finalmente si cominciava a menar le mani! “Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina! Quando saremo vicino a te, noi ti daremo un altro Duce e un altro Re”! Ed ancora! “Io ti saluto e vado in Abissinia, cara Virginia, ti scriverò”. Ma un altro nome di donna per far rima con Abissinia proprio non c’era? Mah! Insomma “Fischia il sasso e il nome squilla” passò in secondo ordine nelle nostre ricreazioni scolastiche e nelle adunate del sabato. E pian piano mi abituai al fatto che le canzoni del fascismo e della sua balda gioventù proliferavano giorno dopo giorno. E le mandavamo tutte a memoria.

Ma poi, il 18 novembre, le sanzioni economiche! Nessun Paese avrebbe più potuto commerciare con noi! Fu la decisione della Società delle Nazioni! Contro di noi, gente semplice e frugale, così mi dicevano, si scatenava l’odio dei Paesi ricchi: gli inglesi, che mangiavano cinque volte al giorno!!! Loro avevano le colonie e sfruttavano i poveri negri, mentre noi, invece, li avremmo liberati! Quel 18 novembre dell’anno XIV dell’Era fascista sarebbe passato alla storia. A noi le sanzioni non mettevano alcuna paura! Forse avremmo stretto la cinghia, ma comunque avremmo dato la nostra fiera risposta ai Paesi ricchi… plutocratici… così ci dicevano, nulla a che fare con Pluto il cane di Topolino. Potevamo fare a meno di commerciare con l’estero! Ce l’avremmo fatta, da soli! E, se la Patria chiama, noi dobbiamo rispondere! E la Regina Elena al Vittoriano fece il suo primo dono! Con le sue stesse mani depose all’interno di un tripode la fede sua e quella del marito. Poi venne Donna Rachele, la moglie del Duce! Fu la “Giornata della fede”! Quante foto sui giornali! E le spose italiane tutte donarono le loro fedi alla Patria! E la mamma mi fece vedere la sua nuova fede di ferro con incisa all’interno la scritta: oro alla Patria!

Ma poi, l’anno successivo, la vittoria! Dal balcone di Palazzo Venezia il Duce annunciò: “Il maresciallo Badoglio mi telegrafa: Oggi 5 maggio alle ore 16 alla testa delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba”! Finalmente avevamo ricostituito l’impero! Sapevo benissimo che con gli imperatori Traiano e Adriano avevamo occupato quasi tutto il mondo allora conosciuto… solo perché Colombo, un Italiano con la I maiuscola, non aveva ancora scoperto l’America! Altrimenti… E il 9 maggio ci fu la solenne celebrazione! Il nostro Re era anche Imperatore! Da non credere! E nel nostro calendario, oltre all’indicazione dell’Era Fascista – oltre quella dell’Era Cristiana, aggiungemmo un nuovo numero romano: anno I° dell’Impero. Così Somalia, Eritrea ed Etiopia costituirono l’AOI, o meglio l’Africa Orientale Italiana! Io impazzivo letteralmente, anche i miei compagni…ma a casa… sul fronte famigliare… nulla di nuovo… nessuna emozione! Non capivo le ragioni di quel silenzio! Eppure la mamma aveva anche lei donato la sua fede! Mio padre un giorno tornò a casa con un librone grosso così, un dono dell’ufficio: Giacomo Vaccaro, Africa Orientale Italiana, tante pagine, tante fotografie e tante negrette…e a seni nudi… per me fu una scoperta! Comunque l’Impero in casa mia non suscitava molto entusiasmo…