J. Williams, Stoner

John Williams, Stoner, Fazi editore, 2012

di Mario Coviello

Ho letto con passione la scorsa settimana il romanzo di John Williams “ Stoner” e ho aspettato una settimana per parlarvene perchè ho comperato subito dopo e letto dello stesso autore “Butcher Crossing”.Li ho amati entrambi. “Stoner” affronta ed esplora interrogativi imprescindibili : Perchè viviamo ? Che cosa conferisce valore e significato alla vita ? Che cosa vuol dire amare ?

Stoner viene da una povera famiglia di contadini ed è cresciuto imparando la fatica di lavorare la terra. “ Per quel che ricordava, William Stoner aveva sempre dato una mano in casa. A sei anni già mungeva le loro vacche ossute,dava da mangiare ai maiali del porcile a poche iarde da casa, e raccoglieva le minuscole uova delle vecchie galline del pollaio.”.

I genitori con grandi sacrifici lo iscrivono nel 1910 alla scuola di agraria dell’Università di Columbia nel Missouri, e William studia e lavora per pagarsi l’università. Il terribile professore di letteratura inglese Archer Sloane , durante una lezione legge il sonetto di Shakespeare n. 73 “Questo tu vedi, che fa il tuo amor più forte,/ a degnamente amare chi presto ti verrà meno” e Stoner lo ascolta e ne è trasformato. L’insegnante gli chiede cosa vogliano dire i versi ma tutto ciò che riesce a dire, flebilmente, è “significa…”. Stoner nel 1918, nell’ultimo anno della prima guerra mondiale, diventa professore associato nell’università del Missouri, proprio grazie a Sloane che lo sprona a vincere una borsa di studio per frequentare il dottorato. E insegnerà qui fino alla morte nel 1956, rimanendo un semplice ricercatore.

Stoner frequenta Master e Finch, il primo sarà suo amico per tutta la vita nella stessa università,l’altro sarà ucciso in Francia,partendo volontario per la guerra. William si innamora della bellissima Edith, la sposa ma il matrimonio va male perchè la moglie “ da bambina era stata sempre molto sola ed era cresciuta senza alcuna conoscenza delle necessità che la vita impone di giorno in giorno..”. Edith è incapace di ricambiare il suo amore e “ nel giro di un mese , Stoner realizzò che il suo matrimonio era un fallimento. Di lì a un anno smise di sperare che le cose sarebbero migliorate. Imparò il silenzio e mise da parte il suo amore.”

Ancora più dolorosa per Stoner è la nascita dell’unica figlia Grace. I due imparano a volersi bene ma Edith, gelosa del rapporto fra padre e figlia, li separa e contrasta,fino a impedire i meravigliosi momenti intimi che i due avevano vissuto durante l’infanzia della piccola.

Stoner ormai anziano entra in una faida amara, o meglio è perseguitato da un collega per venticinque anni e conosce l’unico momento di riscatto della sua vita in una tenerissima storia d’amore che poi svanirà.

In una delle sue rare interviste John Williams , disse del suo protagonista: «Credo che sia un vero eroe. Molti di coloro che hanno letto il libro pensano che Stoner abbia avuto una vita brutta e triste. Io invece credo che sia stata bellissima. Una vita senz’altro migliore di quella di molti. Faceva ciò che desiderava fare, ci teneva, era in qualche modo convinto dell’importanza del lavoro che svolgeva… Per me, la cosa importante del romanzo è il significato che Stoner attribuiva al lavoro… il lavoro nel senso buono e onorevole del termine. Il lavoro gli dava un’identità particolare e lo rendeva ciò che era».
E aggiunge «Un pomeriggio di qualche settimana fa, sono entrato in studio mentre la mia dattilografa (una studentessa specialista in storia, e anche non troppo brillante, temo) stava finendo di battere il capitolo 15, e l’ho sorpresa con il volto rigato di lacrimoni. Le vorrò bene in eterno».

“ Stoner è un romanzo molto bello. Ha notevole sostanza, gravità, e rimane nella mente. È anche un vero «romanzo per lettori», nel senso che la sua narrativa rinforza il valore della lettura e dello studio. Molti ripenseranno alle proprie folgorazioni letterarie, a quei momenti in cui la magia della letteratura cominciò ad avere un qualche vago senso, alla prima volta in cui si propose loro come il modo migliore di capire la vita. I lettori sanno anche che questo sacro spazio interiore, in cui ci sono la lettura, le riflessioni e l’essere se stessi, è minacciato in modo crescente da quello che Stoner chiama «il mondo», un mondo oggigiorno sempre più denso di frenetiche interferenze e costante sorveglianza dell’individuo. Forse c’è un po’ di quest’ansia dietro la rinascita di questo romanzo che pubblicato nel 1965 è esploso nel 2003 ed è “uno dei più grandi e insospettabili romanzi americani del XX ° secolo” ( Bret Easton Ellis ). Ma dovreste — anzi, dovete — scoprirlo di persona.” (Julian Barnes)

Nato in Texas nel 1922 da una famiglia di contadini, John Williams partecipò alla seconda guerra mondiale in India e in Birmania. Al suo rientro si trasferì a Denver, in Colorado, e “ per quindici anni- ha detto la moglie- ha vissuto il rimorso e l’angoscia del sopravvissuto “ . Qui trascorse il resto della sua vita con la moglie e i figli, insegnando scrittura creativa all’università.