Diritto a scuola

Diritto a scuola

di Margherita Marzario

Abstract: La scuola, come qualsiasi formazione sociale, resta tale se fonda sulle regole e se ne insegna e trasmette l’importanza

La storica Lucetta Scaraffia, sempre attenta alle vicende storiche e alle trasformazioni sociali, afferma che “[…] soprattutto sapere leggere e scrivere correttamente è lo strumento base per avere accesso alle materie umanistiche: sì, proprio a quelle materie che non servono a niente nell’immediato, che sembrano parte di un mondo superato, e che invece costituiscono la base per l’educazione morale e civile di un essere umano. Conoscere il nostro passato, saper interpretare il paesaggio che ci circonda, leggere gli autori che hanno costruito la nostra cultura, serve a farci capire chi siamo, a conoscere potenzialità e debolezze della natura umana”. In questo processo riveste un ruolo fondamentale la scuola che non è un’agenzia né un’azienda (o tutt’al più lo è nel senso etimologico di “cose da farsi”), ma un patrimonio da salvaguardare perché fornisce gli strumenti (o dovrebbe essere così) per la promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e per la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Costituzione). La scuola può se vi si crede e si cresce insieme, come l’istituto tecnico “Galilei Costa” di Lecce in cui è nato il movimento antibullismo “Ma Basta” e altre “start up sociali”, tra cui la piazza virtuale per far incontrare gli adulti che hanno perso il lavoro. Nella Costituzione la scuola è soggetto di proposizione (art. 34 comma 1) perché formata da soggetti e forma soggetti. Scuola: impresa di libertà e legalità e non solo progetti sulla libertà e legalità.

Il professor Guido Baldi precisa: “Lo studio della letteratura assume un’indubbia funzione di educazione dei giovani alla democrazia. Questo obiettivo è realizzabile solo se l’insegnamento letterario viene compiuto non attraverso le sintesi storiche dei manuali, ma attraverso la lettura diretta dei testi. Con questo metodo l’alunno è posto al centro della didattica, perché l’insegnante, lungi dal porsi ex cathedra, lo considera interattivamente parte di una comunità interpretativa, qual è la classe, sollecitandone impressioni e giudizi, e consentendogli di acquisire un atteggiamento attivo e critico per arrivare a formarsi convinzioni proprie e fondate, da contrapporre eventualmente alle interpretazioni del docente”. Nell’art. 29, relativo all’educazione, lettera a, della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si legge: “[…] promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità”. Dialogo e lettura, metodi usati sin dai filosofi classici (la nascita dell’accademia con Platone, la nascita del liceo con Aristotele), sono sempre validi se i primi a crederci sono gli adulti che così facendo lasciano il segno facendosi insegnanti.

Mario Reguzzoni, esperto di sistemi scolastici europei, scriveva: “Nel caso della famiglia assente, si aprono vari scenari: bullismo, problemi nel profitto scolastico e incertezza nelle scelte – accademiche e lavorative -, alle quali può provvedere la scuola, se è organizzata in modo mirato; per esempio, con un servizio di orientamento, e con un clima scolastico ottimale”. La scuola, sempre più bistrattata, si trova a far fronte non solo all’ostilità di molti genitori ma anche alle famiglie assenti che sono tali per mancanza di un genitore, crisi familiari, mancanza di attenzione, di ascolto, di tempo e tanto altro. Per poter svolgere la sua nobile funzione la scuola ha, però, bisogno di più sostegno dall’alto, il Ministero competente, e dal basso, consenso sociale, e da ogni parte. Così l’istituzione scolastica può realizzare quanto previsto nell’art. 2 della Costituzione ed essere una delle formazioni sociali ove si svolge la personalità umana prevenendo anche i disturbi della personalità e promuovendo la salute individuale e sociale. Infatti, la disciplina costituzionale della scuola segue a quella della salute nell’art. 32. Stretto legame tra scuola e salute che si ricava altresì da fonti internazionali, fra tutte la Carta di Ottawa per la promozione della salute del 1986: “È essenziale mettere in grado le persone di imparare durante tutta la vita, di prepararsi ad affrontare le sue diverse tappe e di saper fronteggiare le lesioni e le malattie croniche. Ciò deve essere reso possibile a scuola, in famiglia, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti organizzativi della comunità. È necessaria un’azione che coinvolga gli organismi educativi, professionali, commerciali e del volontariato, ma anche le stesse istituzioni” (dal paragrafo “Sviluppare le abilità personali”).  

“Cultura non è quello che sai, ma quello che fai con quello che sai” (cit.). E la scuola deve saper fornire questa capacità: ecco che cos’è la competenza, in particolare le cosiddette competenze trasversali. Una delle tante sfide lanciate alla scuola è la cosiddetta inclusione, dalla dislessia all’autismo, mondi difficili e depositari di tanti misteri, un po’ come il mondo di ciascuno. La scuola non fallisce quando s’interseca col mondo di ogni persona e non rimane solo il luogo dove si passano delle ore, ma dove si acquisiscono le regole e le competenze dello stare insieme e dello stare bene insieme.

Un secolo fa Maria Montessori dichiarava: “Per insegnare bisogna emozionare. Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari”. Divertimento ha lo stesso significato etimologico di divergente, da “volgere altrove”. La scuola deve anche divertire per formare il pensiero divergente, critico, autonomo. “Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo, allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età, ed a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica” (art. 31 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). “Insegnare” è lasciare il segno, “educare” contiene “dare”, per cui sono attività che richiedono forza e impegno: dare l’esempio nelle piccole cose che renderanno i piccoli quelle grandi persone che sono chiamati ad essere, se è consentito loro di diventarlo.

Etimologicamente scuola deriva da un verbo greco che significava “aver tempo, aver tempo di occuparsi di una cosa per divertimento”. A causa della burocratizzazione e delle istanze che giungono da ogni parte, come le “competenze in chiave europeaper l’apprendimento permanente” (che, per quanto altisonanti, sono lontane dalle peculiarità e dalle esigenze dei singoli territori e dalle vite che vi si possono condurre), purtroppo, la scuola sta diventando altro. Insegnare è una grande esperienza, perché permette di imparare due volte (e anche di più).

La scuola non deve cambiare col tempo assecondando quello che non va per evitare scontri o per avere il beneplacito dei più, ma deve cambiare il tempo adattando quello che non va. Non deve fare offerte promozionali ma promozioni di offerte: i talenti da scoprire e spingere verso l’avvenire, che è altro e oltre rispetto al futuro. “C’è differenza tra il futuro e l’avvenire: il futuro è programmabile, l’avvenire no. Il futuro ha bisogno di intelligenza, l’avvenire ha bisogno di saggezza” (l’economista Stefano Zamagni).