28 ottobre!

28 ottobre!

di Maurizio Tiriticco

Il 28 ottobre non è, anzi, non era una data come un’altra! Vado indietro con la storia! Quando andavo a scuola, a partire dalla mia prima classe elementare – era l’anno scolastico 1933-34 – ogni anno, il 28 ottobre, era vacanza! Che gioia! Si celebrava e si festeggiava ufficialmente la ricorrenza della “Marcia su Roma”, che aveva avuto luogo proprio il 28 OTTOBRE del 1922. E, dopo il giorno festivo, a scuola, il giorno successivo, dovevamo modificare la data sui nostri quaderni. Così come avviene da sempre dopo le feste natalizie, quando il primo gennaio segna l’inizio di un nuovo anno dell’Era Cristiana. Ebbene; il 28 ottobre segnava l’inizio dell’anno di una nuova era! L’Era Fascista! Ovviamente ho usato le maiuscole, come allora! Insomma per tutto l’anno scolastico 1933-34, sui miei compiti scritti, alla data del calendario dell’Era Cristiana dovevo aggiungere la data della nuova era, l’Era Fascista! Esattamente: “Anno XII E.F. 28 ottobre 1933-27 ottobre 1934”. Un’era nuova per l’Italia… e per il mondo! Così voleva il fascismo! Perché al mondo intero avremmo dovuto portare la luce della nostra Civiltà Romana!

Ma io somarello non capivo chi fosse questo tale che Era Fascista! Un Era maiuscolo, quindi una persona importante! Mah! Suor Maddalena a scuola ci spiegò che dal 28 ottobre 1922 per il nostro Paese era nata una nuova era, dopo quella cristiana! Una nuova epoca storica! Allora capii che io ero nato non solo il 14 luglio del 1928 dell’Era cristiana, la presa della Bastiglia, ma anche dell’anno VI dell’Era fascista! E ogni 28 ottobre avrei compiuto un altro anno! Che bello! E ne ero fiero! Gli altri bambini del mondo non avevano un simile privilegio!

Un’Era che, dunque, aveva avuto inizio in quel fatidico storico, luminoso, immortale giorno! Il 28 ottobre del 1922! E ciò non riguardava solo i compiti di scuola, ma tutti i documenti ufficiali! Nonché i libri di testo scolastici e financo i nostri quaderni. Conservo un quaderno della mia terza classe elementare. In copertina c’è il Duce in orbace che saluta romanamente una folla plaudente tra bandiere che garriscono al vento. E’ una folla che saluta dei nostri concittadini, uomini, donne e bambini, che si imbarcano su una nave! Andranno in Africa, esattamente in Libia, già colonia italiana fin dal lontano 1911! Come non ricordare una canzone di allora che tra l’altro recita “Tripoli bel suol d’amore, sarai italiana al rombo del cannone”.

Lo stesso refrain si ripeté quando andammo a conquistare l’Abissinia! O meglio – secondo la propaganda del regime – a liberare un popolo dalla schiavitù di quel cattivone del Negus Haillé Selassié, che, spodestato dal fascismo ed in seguito tornato al suo trono, fu l’ultimo imperatore d’Etiopia. Che poi non era affatto un signor nessuno! Vantava origini più che nobili! Era l’erede della dinastia salomonide, che, secondo la tradizione, avrebbe avuto origine dal Re Salomone e dalla regina di Saba.

Ed in quarta di copertina del quaderno… ma è meglio che copi! “Glorie di Roma! Le terre e i popoli non si conquistano solo con le armi, ma anche con il lavoro. Là ove le armi hanno ripristinato l’ordine e la disciplina, deve occorrere poi il lavoro ad organizzare e rendere feconde le terre affinché ciò porti il benessere e la tranquillità alle genti. Questo ha insegnato Roma, che, sotto la guida del suo grande Duce Benito Mussolini, manda gruppi di colonizzatori sulla quarta sponda d’Italia, l’Africa, per ivi fondare villaggi e fecondare le terre incolte”.

E non è un caso che i nostri soldati, convinti di andare a liberare tanti poveri negri, cantavano: “Io ti saluto! Vado in Abissinia, Cara Virginia, ma tornerò. Appena giunto nell’accampamento, dal reggimento ti scriverò. Ti manderò dall’Africa un bel fior che nasce sotto il ciel dell’Equator. Io ti saluto! Vado in Abissinia! Cara Virginia, ma tornerò”. Io non so se il soldato sia tornato! So solo come sono andate le cose! E chi mi legge le sa meglio di me.