La Bolognina

La Bolognina

di Maurizio Tiriticco

Una ricorrenza —- 12 NOVEMBRE 1989 —- La “svolta della Bolognina” —- Si tratta di quel processo politico che in quel giorno a Bologna, al rione Bolognina del quartiere Navile, condusse allo scioglimento del Partito Comunista Italiano e alla nascita del Partito Democratico della Sinistra. L’autunno di quell’anno fu testimone di avvenimenti che sconvolsero l’intero assetto politico di quella parte dell’Europa che si trovava al di là della cosiddetta “cortina di ferro”. Il 9 NOVEMBRE 1989 il governo della DDR (Repubblica Democratica Tedesca) si vide costretto a decretare la riapertura delle frontiere con la Repubblica Federale Tedesca. Il fatto che la DDR sia stata costretta ad aprire le frontiere che la dividevano dalla Germania Occidentale indicò chiaramente che il cosiddetto “’ordine di Jalta” era ormai definitivamente liquidato.

Per tutto questo insieme di ragioni internazionali, il segretario generale pro tempore del Partito Comunista Italiano, Achille Occhetto ritenne mutata la stessa prospettiva storico/politica del PCI. Il 12 NOVEMBRE Occhetto è a Bologna per partecipare alla manifestazione celebrativa del 45º anniversario della battaglia partigiana della Bolognina, il quartiere interno al quartiere Navile. Davanti agli ex partigiani raccolti nella sala comunale di via Pellegrino Tibaldi 17, Occhetto annuncia che ora occorre «andare avanti con lo stesso coraggio che fu dimostrato durante la Resistenza. Gorbaciov, prima di dare il via ai cambiamenti nell’Unione Sovietica, incontrò i veterani e gli disse: voi avete vinto la seconda guerra mondiale. Ora, se non volete che venga persa, non bisogna conservare, ma impegnarsi in grandi trasformazioni». Per Occhetto, in definitiva, è necessario «non continuare su vecchie strade, ma inventarne di nuove per unificare le forze progressiste».

E a chi gli chiede se quanto dice lascia presagire che il PCI possa anche cambiare nome, Occhetto risponde: «Lasciano presagire tutto». La svolta è dunque annunciata da Occhetto e, senza che il partito fosse preparato o comunque consultato, cosa che gli verrà rimproverata da moltissimi compagni nei mesi successivi, il giorno successivo (13 novembre) se ne discute ufficialmente in segreteria, allineata con il segretario, e poi per altri due giorni in Direzione. Qui Occhetto chiede che il PCI promuova una «fase costituente sulla cui base far vivere una forza politica che, in quanto nuova, deve cambiare anche il nome».

E sulla svolta richiesta Occhetto pone la fiducia al suo mandato. Già dal giorno dell’annuncio, però, si capì che la svolta non trovava i comunisti entusiasti. Se è ovvio che la sinistra del partito sia contraria, può invece stupire che a destra il presidente della Commissione centrale di garanzia del partito, Giancarlo Pajetta, già dal giorno successivo all’annuncio si dichiari ostile alla svolta: «Io non mi vergogno di questo nome né della nostra storia, e non lo cambio per quello che hanno fatto quelli là (ovvero, i comunisti dell’Est, ndr). Se cambiamo nome, cosa facciamo, il terzo partito socialista? Io dico soltanto che quando Luigi Longo mi mandò da Ferruccio Parri per costituire il comando del Comitato di Liberazione Nazionale, né Parri né altri mi chiesero di cambiare nome al partito, ma soltanto di combattere insieme».

I lavori della Direzione durarono due giorni e si conclusero con un rinvio della discussione in Comitato Centrale. Occhetto successivamente dichiarò: «Benché la direzione fosse ampiamente d’accordo con me, non ho ritenuto di dover mettere ai voti la mia proposta, perché chi deve decidere è il partito. Da domani, non cambieremo nome, continueremo a chiamarci come ci chiamiamo. Voglio dire a tutti che non ci stiamo sciogliendo, che il PCI è in campo ed è talmente vivo che propone una cosa più grande. Su questo apriamo una discussione seria, e credo che tutti i compagni debbono essere molto tranquilli: la sorte del partito, il futuro del PCI è nelle mani di ciascun militante». Ma le cose andarono di fatto come Occhetto voleva! Ed il PCI ammainò la gloriosa bandiera rossa e ripiegò su un simbolo agreste, una quercia!

Io fui allora decisamente contrario alla scelta di Occhetto! Come se noi, comunisti italiani, dovessimo rimproverarci di qualcosa e fare ammenda! E non era affatto così! La direzione del Partito condotta per anni da Palmiro Togliatti, e approvata dai relativi congressi – di sezione, di federazione, regionali e nazionali – fu sempre una direzione – possiamo dire – schiettamente nazionale! La “via italiana al socialismo”, adottata da anni dal PCI, non era uno slogan, ma una concreta quotidiana azione politica. Ed il che fu anche dimostrato dai “funerali di Togliatti”. Ho adottato le virgolette, perché si trattò di un evento a Roma accompagnato dal compianto e dal silenzio di migliaia di compagni e cittadini. Era il 25 agosto 1964. Togliatti era morto a Yalta il 21 agosto. durante una vacanza in Crimea sul Mar Nero, nell’allora Unione Sovietica.