V. Carnimeo, L’amore al tempo della pandemia

Vito Carnimeo, L’amore al tempo della pandemia, WIP

Nina e Matteo: un amore tra pandemia e “necessità”

di Carlo De Nitti

Riecheggia il mitico Gabriel Garcia Maquez il titolo di questo interessante romanzo di Vito Carnimeo, L’amore al tempo della pandemia, pubblicato pochi mesi or sono, nella propria collana “I Tulipani”, dalla casa editrice WIP, ma è opera assolutamente originale quella dovuta alla penna del manager barese.

La pandemia ha rivoluzionato le vite di tutti: Nina, la protagonista, Matteo, il co-protagonista, ma anche Sergio, l’antagonista/deuteragonista vivono durante la (ed a causa della) pandemia un momento topico delle loro vite.

E’ un romanzo di formazione quello che Vito Carnimeo ci regala nel corso dei trenta capitoli del suo libro: non scontato, non banale, intenso. Almeno così lo percepisce un lettore “semplice”, quale ritiene di essere chi scrive queste righe di recensione.

Molti sono gli spunti di riflessione che questo romanzo offre, a partire dalla condizione femminile nell’Italia di oggi: la poliedricità dell’essere donna e dell’essere uomo, la parità dei diritti e dei doveri, l’indipendenza economica, il (tentato) femminicidio, l’immagine della donna – sempre colpevolizzata – sulla stampa e sui media.

Nina, il nome della protagonista, è una donna di 35 anni. che vive a Milano, ma calabrese di nascita, sposata, con un passato da impiegata ed un presente di vita borghese, con un marito manager in ascesa. Vito Carnimeo inizia la sua storia in medias res: Nina litiga furiosamente con Sergio, il marito, a causa della relazione con un’amante, Stella (la gattamorta, come l’appella Nina), che ha messo incinta, venendo da lui estromessa dalla casa coniugale di sua esclusiva proprietà.

Sola e senza alcun aiuto, pensa di rivolgersi alle sue più care amiche, di origine pugliese, Carmen e Assunta, per essere ospitata da loro, una testimonianza di solidarietà femminile. Purtroppo nessuna delle due può aiutarla: una a causa del marito, l’altra dei cani. Che la solidarietà femminile sia solo una leggenda?

Scorrendo sul display del telefonino, Nina nota il numero di Informatico pazzo: lui l’avrebbe certamente ospitata, in zona Lorenteggio. Informatico pazzo è Matteo – un informatico atipico, essendo laureato in lettere – un ex collega di lavoro, coetaneo, con cui circa un anno prima, nel 2019, Nina aveva avuto una breve relazione sentimentale.

Delineato il quadro iniziale con l’arrivo di Nina a casa di Matteo, Carnimeo ci conduce alla scoperta dei due personaggi attraverso un “gioco della verità” che consente ai due protagonisti di scavare nel proprio passato e di condividerlo con l’altro/a: dall’infanzia calabrese di lei e quella pavese di lui ai rapporti con i rispettivi padri; dal mondo “mitico” dei nonni contadini alle esperienze adolescenziali e giovanili con fratelli ed amici.

Nei giorni duri del lockdown dell’inverno/primavera 2020/21, vivendo gomito a gomito nello stesso appartamento, Nina e Matteo sviluppano una forte amicizia amorosa, una forma “addomesticamento”: è proprio Nina a citare Le petit prince di Antoine de Saint Exupery (pp. 96-97). 


Piano piano la loro storia nasce e cresce in modo spontaneo e naturale, coronata da una gravidanza, tanto gradita quanto imprevista, ritenendosi Nina sterile. Parallelamente Sergio, chiusa la sua storia con Stella che, invece, aveva iniziato a portare avanti una gravidanza isterica, vuole riprendersi sua moglie o, più probabilmente, impedirle altre storie, contattandola mediante le sue amiche.


Tanti e profondi i dubbi di Nina sulla sua relazione con Matteo e sul suo futuro: l’epilogo non è prevedibile da parte del lettore (né qui viene svelato). Esso è la testimonianza del percorso di formazione e di crescita che la protagonista ha vissuto nel romanzo, anche se va a finire sui giornali come fatto di cronaca, ampiamente travisato.


L’amore al tempo della pandemia, opera prima di Vito Carnimeo, si fa leggere con tanta passione per una storia che sicuramente molto oggi insegna. Lo stile di scrittura fa vivere i personaggi e la storia in modo immediato; fluente è il ritmo della narrazione della vita dei protagonisti, realizzato con un lessico sempre appropriato.

I loro flashback sulle vite passate sono il modo per spiegare i loro comportamenti nel presente, ma anche il modo per entrare ognuno nella vita dell’altro, empaticamente: Nina entra nella vita di Matteo senza bussare” perché le ha “già aperto” e Matteo entra nel cuore di Nina “senza bussare” perché lei gli ha “già aperto”. Il loro appare – al lettore “semplice” con reminiscenze sartriane, già presenti nel titolo di questa recensione – un “amore necessario”, non causato alle mere contingenze, né scalfito da esse.

Il “messaggio” del volume è proprio nel distico finale, tratto dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska (1923 – 2012) riportato al centro di una pagina bianca: “Morire quanto necessario, senza eccedere. Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato”. Forse.