Tema sì, tema no

Tema sì, tema no

di Maurizio Tiriticco

Sono semplicemente stupefatto! Ma come si permettono quarantamila studenti, replico… 40.000…. di firmare una petizione in cui si chiede l’abolizione della PROVA SCRITTA DI ITALIANO al termine del percorso di ISTRUZIONE? Nonché, aggiungerei, di FORMAZIONE ed EDUCAZIONE? Perché queste sono le finalità che la scuola oggi perseguein Italia. Replico: come si permettono? Un ALUNNO dovrebbe forse decidere che cosa deve fare l’INSEGNANTE? E non dovrebbe essere solo il linguista LUCA SERIANNI ad opporsi a questa stravagante richiesta! Si legga “la Repubblica” di oggi, 23 novembre 2021. Dovrebbero opporsi anche le altre migliaia di studenti seri, convinti che leggere, scrivere e far di conto sono COMPETENZE fondamentali per vivere, affermarsi, collaborare, partecipare alla convivenza sociale, lavorare. Competenze che bisogna acquisire, comunque! E non si tirino in ballo il covid, le assenze forzate dalla scuola ed altre giustificazioni! Io affrontai e superai gli esami di maturità classica nel lontano 1946, anche se a settembre (allora si poteva rinviare), con quattro prove scritte edinterrogazioni mirate (niente colloqui) su tutte le materie e relative a tutti e tre gli anni! E nessuno studente si mise in testa allora di dover “cambiare le cose”, quando la guerra, la fame, l’occupazione tedesca potevano costituire motivi validi per un esame “leggero”. Quindi, voglio solo sperare che questa assurda richiesta venga decisamente respinta!

Ma facciamo un po’ di storia! Da più parti si continua a parlare ancora oggi di “esame di maturità”, quando invece l’esame di maturità non esiste più, e da ben 24 anni! E’ segno, purtroppo, che a volte certe inveterate abitudini sono dure a morire! Ma, veniamo ai fatti, ovvero alle norme. Carta canta! E’ opportuno riandare al lontano 1969. Il Paese, lo Stato e la scuola dovevano rispondere a un movimento studentesco che chiedeva una scuola aperta a tutti, contro “l’autoritarismo dei professori e dei baroni” e contro “una cultura fatta solo per i ricchi”, al fine di comprendere come e perché la “riforma” dovesse nascere più per dare un contentino alla piazza che per avviare “nuovi” percorsi secondari e “nuovi” esami di Stato. Insomma la scelta fu quella di “facilitare il vecchio” più che di “adottare il nuovo”!

Così, con la legge di riforma n.119 del 1969, si sancì che “l’esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato” (art. 5) e che “a conclusione dell’esame di maturità viene formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio sulla base delle risultanze tratte dall’esito dell’esame, del curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione” (art. 8). La curvatura “psicologica” – se si può dir così – era evidente: la PERSONALITA’ del candidato doveva avere un ruolo preponderante a fronte della sua PREPARAZIONE CULTURALE considerata, invece, preminente fin dai lontani tempi dalla riforma Gentile. In effetti, con il nuovo disposto, si poteva essere maturi anche in presenza di una preparazione non ottimale.

Seguirono anni in cui aumentò il numero dei diplomati, forse a dismisura, e più tardi quello dei laureati – l’Italia era pur sempre il paese dei dottori! – ma non è detto che aumentasse anche il fattore qualità. Tutto andò per il meglio finché dovevamo giocare in casa – chi controllava la qualità dei nuovi maturi? – ma le cose cominciarono a scricchiolare con gli anni Novanta, dopo Maastricht, quando la CEEcedette il posto all’Unione europea e quando la politica dell’istruzione superò gli ambiti nazionali e divenne una questione transnazionale. E l’Europa cominciò a chiederci: che cosa significa “maturo”, con 60 o con 36? Ricordo che i voti considerati erano appunto 60; e il 36 indicava la sufficienza. Ed ancora; che cosa conosce e cosa sa concretamente fare il vostro studente maturo? Come dobbiamo “leggere” i vostri titoli di studio? Come compararli con quelli degli altri Paesi dell’Unione? Insomma, il concettodi maturità – stando alla definizione della legge 119/69 – per la sua genericità, implicava da parte degli esaminatori la ricerca di atteggiamenti e aspetti della persona che non è sempre facile rilevare e che rinviano più a un’indagine psicologica che a un esame di Stato. Ne fanno fede quelle migliaia di giudizi vaghi e generici che le commissioni formulavano a giustificazione della votazione ottenuta dal candidato. Ed io stesso… quanti ne scrissi…

Cambiare contenuti e fini dell’esame di Stato conclusivo dei percorsi di istruzione secondaria era quindi oltremodo necessario! Ci si accorse che ciò che conta è il SAPER FARE più che il SAPER ESSERE. E l’esame fu cambiato! Tutta colpa di Berlinguer! Il Ministro comunista! Così si disse da molte parti. E la Legge 425/97 rinnovò profondamente gli “esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”. Il clou del rinnovamento lo ritroviamo in larga misura nell’articolo 6, relativo alle certificazioni finali,che testualmente recita “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni al fine di dare trasparenza alle COMPETENZE, CONOSCENZE e CAPACITA’ acquisite, secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”. Le maiuscole sono mie. In effetti, si doveva trattare di una rivoluzione copernicana! Scusatemi l’enfasi! Si intendeva dire finalmente basta al concetto stesso di MATURITA’! Che, per la sua genericità, implicavapoi da parte degli esaminatori la ricerca di atteggiamenti e aspetti della persona che però non sempre è facile individuare e valutare, a fronte, invece, della rilevazione di – repetita iuvant – CONOSCENZE, ABILITA’ e COMPETENZE che, per la loro stessa natura, sono circoscritte e definite. Qualche esempio: l’esaminando CONOSCE il teorema di Pitagora; è ABILE nell’utilizzarlo in una situazione problematica data; è COMPETENTE nel rilevare la necessità di utilizzarlo in una situazione problematica complessa.

In conclusione, va detto che il concetto di maturità, per la sua genericità, implica da parte degli esaminatori la ricerca di atteggiamenti e di comportamenti dello studente, che in realtà non è sempre facile individuare e valutare! Invece, la rilevazione di conoscenze, abilità e competenze, che sono di fatto circoscritte e definite, sono facilmente misurabili. Maoccorre anche pensare che tale rilevazione non esclude il concetto di maturità, che però si esplicita e si oggettivizza in concreti savoir faire. E non è un caso che in quasi tutte le scuole dei Paesi avanzai gli studi secondari si concludono con un esame che intende verificare le effettive conoscenze, abilità e competenze acquisite dallo studente. Ed il concetto di maturità compare raramente dei diplomi finali di molti altri Paesi.