Pensioni, la futura età pensionabile in Italia tra le più alte in Europa: 71 anni. Il rapporto OCSE

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da OrizzonteScuola

Di redazione

La generazione che accede adesso al mercato del lavoro in Italia andrà in pensione in media a 71 anni di età, mentre ora è possibile ritirarsi dalla vita attiva in media a 61,8 anni, grazie alle “diverse opzioni disponibili” per andare in pensione in anticipo.

È quanto emerge dal rapporto Pensions at a glance 2021, diffuso oggi dall’Ocse.

L’Italia, spiega l’Ocse, “figura tra i sette Paesi dell’Ocse che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita”.

“In un regime Ndc (Notional Defined Contribution, in pratica il sistema contributivo, ndr) tale legame non è necessario per migliorare le finanze pensionistiche, ma mira a evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse e a promuovere l’occupazione in età più avanzata”.

“In Italia, il requisito di futura età pensionabile ‘normale’ è tra i più elevati con 71 anni di età, come la Danimarca (74 anni), l’Estonia (71 anni) e i Paesi Bassi (71 anni), contro una media Ocse di 66 anni per la generazione che accede adesso al mercato del lavoro”. 

“In Italia e in questi altri Paesi – continua l’Ocse – tutti i miglioramenti dell’aspettativa di vita vengono automaticamente integrati all’età pensionabile. In alternativa, la Finlandia e i Paesi Bassi trasmettono due terzi dei miglioramenti dell’aspettativa di vita all’età pensionabile”.

Per contro oggi “le diverse opzioni disponibili per andare in pensione prima dell’età pensionabile prevista dalla legge abbassano l’età media di uscita dal mercato del lavoro, pari mediamente a 61,8 anni contro i 63,1 anni della media Ocse”. 

Lo studio evidenzia, d’altro canto, che “negli ultimi due anni in Italia sono state prorogate opzioni di pensione anticipata che hanno aggirato la connessione tra attesa di vita e pensione” e, come nel caso anche di Opzione Donna e delle misure per le aziende in crisi, hanno abbassato l’età effettiva dell’uscita dal lavoro.

Facendo riferimento a “Quota 100” e ai 38 anni di contributi minimi che richiede (contro i 42,8 per gli uomini e i 41,8 per le donne richiesti in precedenza), il rapporto rileva che solo la Spagna, oltre all’Italia, permette di avere una pensione piena prima dell’età legale con meno di 40 anni di contributi.

La Francia ne richiede almeno 41,5, il Belgio 42 e la Germania 45. I 62 anni di ‘eta’ normale di pensionamento’ dell’Italia sono, inoltre, i più bassi dell’Ocse, assieme a Colombia, Costa Rica, Grecia, Corea, Lussemburgo e Slovenia, eccezione fatta per i baby-pensionati 52enni della Turchia e contro i 67 anni previsti, al capo opposto della graduatoria, da Islanda e Norvegia.

Il miraggio forse sono i 47 anni previsti dall’Arabia Saudita (extra-Ocse), ma anche per i “signori del petrolio” l’età di pensionamento è destinata ad aumentare e di parecchio.

Tornando alla Penisola, grazie a un’età di uscita dal lavoro relativamente bassa e una lunga vita media, i pensionati si godono la pensione per 22 anni nel caso degli uomini e 26 anni per le donne (medie Ocse 19,5 e 23,8 anni rispettivamente).

Le donne in media vanno in pensione a 61,3 anni contro i 62,3 anni degli uomini, ma percepiscono un assegno del 32% inferiore, con un “gender gap” più ampio rispetto alla media Ocse, che è del 25%.

L’altra faccia della medaglia, ben nota, è il costo per le casse pubbliche.

“Il garantire benefici relativamente alti a pensionati relativamente giovani contribuisce alla seconda spesa pensionistica pubblica, alle spalle della Grecia, dell’intera Ocse, pari al 15,4% del Pil nel 2019” e in aumento di 2,2 punti dal 2000, commenta l’Ocse. Se poi si aggiunge la spesa privata (1,2% del Pil) il totale sale al 16,8% del Pil, il livello più alto dell’intera area contro una spesa media del 9,2%.

La spesa per le pensioni era pari al 32,1% della spesa totale pubblica nel 2017 (solo la Grecia spende di più), contro una media Ocse del 18,2%. Le proiezioni, inoltre, vedono il costo delle pensioni in Italia raggiungere il 17,9% del Pil nel 2035, contro una media Ocse del 10%.

L’invecchiamento della popolazione nel Belpaese sarà rapido, ricorda lo studio: nel 2050 ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni ci saranno 74 ultra-65enni, uno dei rapporti più alti dell’intera Ocse (faranno peggio solo Giappone e Corea), contro i 39,5 anziani ogni 100 persone in età lavorativa del giorno d’oggi e, andando a ritroso, i 24,3 del 1990 e i 16,4 del 1960.

L’età media degli italiani, che nel 1990 era di 37 anni, nel 2050 sarà di 53 anni e mezzo, contro i 46,8 anni della media Ocse e, ad esempio, i 34 anni di Israele.

Ancora una volta solo giapponesi e coreani saranno più anziani. La popolazione in età lavorativa tra il 2020 e il 2060 diminuirà del 31% in Italia contro il -10% medio Ocse e per questo continuare a far crescere l’occupazione nelle eta” più adulte resta cruciale per l’Italia, raccomanda l’Ocse.