Lalibela, la città santa

Lalibela, la città santa

di Maurizio Tiriticco

Copio un interessante servizio da “la Repubblica” di oggi lunedì 14 dicembre 2021, pag. 17 —- Titolo – “”” La battaglia di Lalibela – il gioiello dell’Unisco conquistato dai ribelli – I Tigrini nell’antico villaggio, luogo santo per i cristiani di tutto il mondo”””, di Gianfranco Bianchi. Lalibela!!! E’ un luogo stupendo, ricco di fascino e di spiritualità. Ci sono stato! Ovviamente con un gruppo di amici, curiosi dell’ignoto e spericolati come me. Era il mese di agosto del 2001. Al mattino presto del 13 agosto siamo partiti da Macallè. Ma un viaggio faticoso: strada dissestata dalle piogge, autotreni bloccati… del resto tutte le strade etìopi lasciano a desiderare. Infine arrivo alla meta da me e da noi tutti tanto agognata, Lalibela!!! Pernottamento all’Hotel Roma! Il giorno dopo ha inizio la visita. Bet Medhane Alem, ovvero Salvatore del Mondo. Di qui venne derubata nel 1997 la Croce di Lalibela, recuperata nel ’99, ma a suon di dollari: ben 25.000!

La costruzione del complesso sacro delle chiese rupestri fu iniziata a Lalibela alla fine del XII secolo dal re Gadla che, dopo la presa di Gerusalemme da parte dei musulmani con Saladino, decise di fondare una «seconda Gerusalemme» nella sua capitale, Roha, per dare ai cristiani una meta di pellegrinaggio alternativa rispetto alla vecchia Gerusalemme. Una storia davvero bella! Una Gerusalemme bis! E poi Bet Maryam. E’ una chiesa monolitica scavata nella roccia: fa parte della Chiesa ortodossa etiope di Tewahedo a Lalibela. Ed è patrimonio mondiale dell’Unesco. Vi figurano molte finestre. Noto che in una è scolpita la svastica: la croce uncinata, ovvero la croce rotante. Che ruota da sinistra destra, in senso orario, la rotazione positiva. Non è la croce rotante nazista, che ruota all’incontrario: la rotazione negativa, segno della magia nera.

Copio dal web: —- “”””” Durante il regno di Gebre Mesqel Lalibela (un membro della Dinastia Zaguè, che governò l’Etiopia tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII secolo), l’attuale città di Lalibela era conosciuta come Roha. Il re santo fu chiamato così perché uno sciame di api lo cinse alla nascita, cosa che sua madre interpretò come segno del suo futuro regno come I’imperatore d’Etiopia. Lalibela, venerato come santo, visitò Gerusalemme e volle così costruire una nuova Gerusalemme come sua capitale in risposta alla conquista dell’antica Gerusalemme da parte dei musulmani nel 1187. Ogni chiesa è stata scolpita in un unico blocco di roccia a simboleggiare spiritualità e umiltà. Alla fede cristiana si ispirano molti aspetti del luogo, a cui sono stati attribuiti nomi biblici Anche il fiume di Lalibela è conosciuto come il fiume Giordano. La città rimase capitale dell’Etiopia dal tardo XII al XIII secolo. Il primo europeo che visitò queste chiese fu l’esploratore portoghese Pêro da Covilhã (1460-1526). Al sacerdote Francisco Álvares (1465-1540), che accompagnava l’ambasciatore portoghese durante la missione di questi presso il Re Lebna Dengel nel 1520, si deve questa descrizione della meraviglia suscitata dalle straordinarie chiese di Lalibela”””.

I soffitti e le pareti di Bet Maryam sono ricchi di affreschi, soprattutto geometrici: abbondano cerchi e stelle; nonché un San Giorgio che uccide il drago. Monaci a iosa: neri neri e altissimi con turbante e tuniche bianche e un bastone di circa due metri: ieraticissimi, anche nella postura e nell’incedere. Ma la cosa grandiosa di Lalibela nonché unica al mondo è la Chiesa Bet Giyorgis E’ un edificio monolitico ipogeo di stile axumita a forma di croce, scavato totalmente in verticale nella roccia. Insomma… posso dire… un edificio rovesciato! Ed è una “cosa” unica al mondo. Secondo la leggenda, al Re Lalibela apparvero degli angeli che gli comandarono di far scavare ben undici chiese nella friabile roccia di quelle montagne. Il nostro gruppo vi scende! Una guida etiope – un sacerdote? – totalmente in tunica e copricapo bianco, ci accompagna, ci spiega ed alla fine… porge il palmo della mano destra con un sorriso largo così, di cui si vedono solo i bianchissimi denti. Non tanto per un saluto, bensì in attesa di un lauto birr, la mancia etiopica. Che, ovviamente, è stata data! Ma ne è valsa la pena!