La ricerca a Scuola

La ricerca a Scuola: dall’enciclopedia al progetto

di Rita Manzara

Quando frequentavo le scuole “elementari” il concetto di interdisciplinarietà non era stato ancora evidenziato e valorizzato da parte degli esperti in metodi e strategie didattiche.

Si parlava, invero, di progettazione per “centri di interesse”, ma si trattava di situazioni considerate assolutamente sperimentali e foriere – per le famiglie degli alunni- di preoccupazioni in merito all’effettivo svolgimento del programma canonicamente previsto per le varie materie.

L’ “insegnante unico”, tuttavia, gestiva la mattinata in classe in un modo che oggi potremmo definire “fluido”: ci si ritrovava, in altri termini, a parlare di scienze “facendo italiano” o ad affrontare con l’assistenza del maestro le difficoltà semantiche presenti nel testo di un problema, senza peraltro mancare di far emergere e percepire la prevalenza dell’aspetto disciplinare in qualsiasi attività svolta.

C’era, inoltre, la possibilità di effettuare un’esperienza diversa: quella, cioè, delle “ricerche”.

Spesso queste ultime facevano parte del lavoro domestico ed erano destinate ad arrotondare i voti numerici conquistati durante le lezioni.

Le ricerche, quindi, mettevano a dura prova anche i familiari, che si trovavano a supportare i propri figli nell’elaborazione di testi nei quali far confluire una miscellanea di contenuti afferenti a diversi ambiti di studio.

Preziose, in queste occasioni, si rivelavano le enciclopedie. La maggior parte delle persone della mia generazione ha conservato in qualche angolo della casa l’intera collezione dei fascicoli di “CONOSCERE”, che Wikipedia definisce “una enciclopedia a fascicoli per ragazzi, che funzionava da tutor agli studenti delle scuole elementari e medie che nelle famiglie potevano raramente trovare adeguato supporto.

Sempre Wikipedia precisa” L’idea di promuovere la cultura generale traspariva anche dall’ordine delle voci. Ogni voce occupava una o due pagine ed era riccamente illustrata a disegni. L’ordine delle voci non era né tematico né alfabetico, ma casuale: in tal modo veniva incoraggiata una lettura interdisciplinare e variata.”

Fare ricerca attraverso questo strumento stimolava a creare collegamenti, ad affrontare lo studio “per temi”, ad esplorare –lo ripetiamo- il terreno dell’interdisciplinarietà.

C’era, però, la grave tentazione (che abitualmente prevaleva) di copiare il testo, abbellirlo con disegni e figurine ed impararlo a memoria.

Purtroppo, è lo stesso rischio che corrono oggi non solo i bambini di scuola primaria ma anche gli studenti di età superiore. Digitare un termine su Google, ricavare alcuni collegamenti, copiare ed incollare.

Fatto.

Queste considerazioni possono apparire banali, trite e ritrite, eppure rappresentano ancora un elemento di debolezza nel percorso scolastico.

Infatti, non può esistere un reale processo di ricerca da parte del discente se i docenti non riescono a modificare il proprio stile di insegnamento rendendosi facilitatori di apprendimenti ragionati, costruiti e condivisi. In altre parole, la meccanica del copia-incolla-memorizza (quest’ultima azione addirittura in termini di collegamenti tra discipline) è la risposta ad uno schema di lezione basato su contenuti trasmessi frontalmente, la cui acquisizione viene verificata con strumenti valutativi uniformi e indistinti.

Non crediamo, ahimè, che questa prassi sia ormai tramontata.

Lo vediamo chiaramente al momento degli esami.

Negli ultimi anni ai nostri ragazzi di scuola secondaria è stato richiesto di produrre un elaborato multidisciplinare. Per l’esame di licenza media, veniva precisato che si poteva trattare di un filmato, un testo scritto, una presentazione o un elaborato artistico o tecnico-pratico. Per l’esame di maturità si sottolineava che l’elaborato doveva concernere le discipline caratterizzanti ed essere integrato, in una prospettiva multidisciplinare, dagli apporti di altre discipline o competenze individuali presenti nel curriculum dello studente, nonché dell’esperienza di PCTO svolta durante il percorso di studi. 

Spesso i ragazzi si sono presentati con elaborati anche gradevoli dal punto di vista estetico ed apparentemente basati su competenze. Tuttavia, interrompendo lo studente con una domanda estranea al discorso costruito si è rischiato, a volte, di far crollare il bellissimo edificio.

Quest’anno, nell’ambito della maturità, sarà inaugurata la “tesi di diploma”.

Auguriamoci che il lavoro di preparazione del progetto che verrà assegnato a ciascun candidato sia realmente uno stimolo ad usare il pensiero critico, la creatività ed il proprio orientamento di vita, dimostrando quindi di aver consolidato e di saper esprimere competenze (disciplinari e interdisciplinari) effettivamente spendibili in vista del futuro percorso culturale e professionale.