La rivolta dei presidi “La scuola non è sicura Dad fino al 31 gennaio”

da REPUBBLICA

di Valentina Lupia

I presidí: troppi pericoli, la scuola deve riprendere soltanto in Dai La rivolta dei presidi “La scuola non è sicura Dad fino al 31 gennaio” In duemila firmano l’appello al governo: “Contagi mai visti, molti istituti rischiano di chiudere” Adesioni in tutta Italia, ma il ministro Bianchi: si riparte il 10, sarà un ritorno nelle aule in sicurez di Valentina Lnpia ROMA – Hanno firmato da Cuneo a Catania, passando per Bologna, Firenze, Roma, Napoli. E in piccoli Comuni, dal Monferrato alla Tuscia e alla Val d’Orcia. È la rivolta dei presidi d’Italia, che in duemila (su un totale di ottomila) hanno sottoscritto un «appello urgente» indirizzato al governo: senza troppi giri di parole, chiedono di decretare la didattica a distanza fino a fine gennaio, a partire da lunedì. Perché la variante Omicron dilaga e contagia anche docenti, collaboratori scolastici, studenti: 320mila quelli attualmente positivi. «Numeri altissimi – si legge nel documento – mai visti prima», che se sottovalutati determineranno «insolubili problemi». Come quelli delle sostituzioni, perché tra positivi, quarantene e personale non in regola con la vaccinazione obbligatoria i buchi da riempire aumentano giorno dopo giorno. E il rischio, aprendo il 10 , sarebbe quello di ritrovarsi «nell’impossibilità di garantire la sicurezza e la vigilanza» o addirittura di non poter aprire interi plessi. Frasi forti, queste, sottoscritte da un numero di presidi destinato a crescere nelle prossime ore: c’è Laura Biancato, preside dell’Einaudi di Bassano del Grappa, “Dirigente dell’anno 2021” secondo “Your Edu Action”, e poi ci sono Antonio Fini, che è a capo dell’istituto d’istruzione superiore Capellini-Sauro di LaSpezia, la presideAlessandra Rucci del Galilei di Ancona, Carlo Firmani del liceo Socrate di Roma, Elisa Colella del Cutelli di Catania. E poi tanti altri, tutti con lo stessa enorme paura di vedere le proprie classi trasformate in maxi-cluster: «Sappiamo che il virus si trasmette per aerosol e che l’ambiente dell’aula è una condizione favorevolissima al contagio». E già «prima della sospensione natalizia abbiamo assistito ad un’elevata incidenza di contagi all’intemo delle classi: alunni edocenti, anche se vaccinati». Ma ora, con la contagiosissima variante Omicron e «il protocollo di gestione dei casi che grava sulle aziende sanitarie» la portata del fenomenoè diventata altamente «rischiosa». Troppo. Per questo, dicono «con forza» i quasi 2mila firmatari, bisogna chiudere e tornare alle lezioni virtuali. «Almeno per 2/3 settimane», secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, «pure per guadagnare terreno sulle vaccinazioni dei più giovani», e anche se questo significa tirarsi dietro le proteste del fronte no Dad, con famiglie e liceali in prima linea: «Stiamo già subendo le conseguenze della didattica a distanza, dalle carenze didattiche alla salute mentale – dice Luca lannello, della Rete degli studenti medi -. Sarebbe difficile accettare un’altra chiusura, soprattutto perché non abbiamo visto alcuno sforzo nella risoluzione dei problemi». Come screening di massa prima del ritorno sui banchi, che pure i presidi avevano chiesto per un rientro potenzialmente più sereno. Ma la politica ribadisce la propria posizione e tira dritto. Le nuove misure (dalle regole sulle quarantene all’obbligo vaccinale per prof e personale, fino alle mascherine Ffp2 ove previsto) sono mirate «a un ritorno nelle aule in presenza ( m sicurezza», ha detto il ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi. Nessun ripensamento per ora, insomma: il 10 si rientra in classe. «Bene – ribatte Valeria Sentili, tra i firmatari dell’appello e preside dell’istituto comprensivo Frane esca M o rvi Ilo di Roma-. Ma se va a finire come diciamo noi, che la scuola la viviamo ogni giorno, al governo lo diremo senza mezzi termini: “Vi avevamo avverti ti”».