Occupazioni scolastiche studentesche

Occupazione dei locali della scuola da parte dei movimenti studenteschi. Responsabilità, disamina dei “Casi possibili” e adempimenti. Stato dell’Arte e ricognizione normativa.

di Dario Angelo Tumminelli, Emilia Tartaglia Polcini, Zaira Matera

Le studentesse e gli studenti, quando ritengono che sono stati lesi i loro diritti, pongono in essere tutta una serie di condotte di protesta, volte a richiamare l’attenzione dei Dirigenti e delle alte cariche dello Stato ma soprattutto dei media, per reclamare il maltolto e/o comunque negoziare ciò che reputano sia stato loro indebitamente sottratto.

Tipiche forme di protesta dei movimenti studenteschi, in primis, sono gli scioperi e le manifestazioni, le assemblee permanenti (particolare forma di opposizione che si protrae per tutta la notte, fino al giorno successivo) e infine le “occupazioni scolastiche o studentesche”. Queste ultime, condotte da parte delle studentesse e degli studenti, sono certamente le forme più eclatanti, espressione estrema del malcontento generalmente contro una nuova riforma scolastica, che consistono nell’occupare o meglio nel prendere il pieno possesso dell’edificio adibito ad uso scolastico per un periodo più o meno lungo.

Tale forma di protesta nata intorno agli anni sessanta del secolo scorso è praticata oramai da sessant’anni ed è sempre più diffusa oggi giorno tra gli studenti. È stata da sempre al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, considerata ancora oggi tema caldo, non semplice da gestire, complesso e articolato, che desta molto interesse anche per le finalità dimostrative alla base dello stesso.  Certamente è un “atto collettivo” di condivisione forte, energico ed estremo, in grado di agire da cassa di risonanza.

Fra tutte le forme possibili di disapprovazione le studentesse e gli studenti ritengono che le “occupazioni scolastiche o studentesche” e tutte le forme di “autogestione” sono le dimostrazioni considerate più mature per una partecipazione piena alla protesta.

Si ribadisce che a protestare sono in particolar modo le studentesse e gli studenti degli Istituti scolastici secondari di secondo grado che si assentano collettivamente in massa dalle lezioni, occupando temporaneamente i locali scolastici (aule e palestre), per un periodo più o meno lungo, bloccando le attività di erogazione delle discipline e/o autogestendosi fintantoché il reclamo dei loro diritti lesi venga ascoltato dalle Autorità preposte.

Autogestione È bene precisare che benché i termini occupazione e di autogestione nell’immaginario comune sono termini utilizzati come sinonimi. L’autogestione scolastica è in effetti una forma di protesta certamente diversa, generalmente, meglio tollerata dalla illegittima occupazione dei locali. Nell’autogestione è presente un programma di attività da svolgere durante la giornata ben strutturato e alternativo alla classica attività didattica proposta dall’istituzione scolastica. In tale tempo le studentesse e gli studenti si confrontano e si organizzano da soli, sostituendo i loro programmi con quelli che sarebbero stati svolti con le normali ore di attività didattica erogata dai docenti.  L’autogestione, normalmente, deve essere preliminarmente legittimata e/o autorizzata dallo stesso Dirigente scolastico dell’Istituto. Prima di intraprenderla, infatti, è necessario dunque rivolgere formale richiesta scritta al Dirigente scolastico nella quale gli studenti dimostrano che il programma alternativo di autogestione da loro proposto all’interno della scuola, ha valore equivalente in termini di attività educative al pari del programma didattico proposto dall’Istituto, dando così concretamente prova di sapersi autogestire in autonomia e con efficacia. Alle studentesse e agli studenti che non condividano le motivazioni dell’autogestione, non è preclusa la possibilità di svolgere il regolare orario di lezione curricolare.   Occupazione L’occupazione è invece una presa di possesso piena e illegittima dell’edificio adibito ad uso scolastico da parte delle studentesse e degli studenti, che di fatto privano il corpo docente del mandato educativo affidato, bloccando le lezioni e impedendo il normale svolgere delle attività didattiche.   Co-gestione Un’ulteriore tipologia o manifestazione di protesta è rappresentata dalla cogestione. Si tratta di una forma di autogestione più moderata, tollerata, in cui le tematiche delle lezioni e dei laboratori vengono svolte, sin dall’inizio della protesta, attraverso il pieno supporto dei docenti disponibili a collaborare con il movimento studentesco.

La giurisprudenza di merito e di legittimità non si è mai risparmiata su questi punti bensì si è espressa in più occasioni, sulla liceità, penale o meno, delle occupazioni scolastiche per “autogestione”, a volte con sentenze forti e altre volte in controtendenza rispetto alle precedenti. Le risposte della Procura della Repubblica e della magistratura a seguire non sono state sempre uniformi, anzi, spesso contrastanti evidenziando un deciso cambio di rotta.

Gli illeciti penali, configurabili e ascrivibili in tali situazioni, solitamente più contestati ai ragazzi/e, sono l’art. 633 c.p. “invasione di terreni o edifici“, e l’art. 340 c.p. “interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità“.

Art. 340 c.p. «1. Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno. 2. Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni. 3. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.»   Art. 633 c.p. «1. Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1032. 2. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d’ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone […] 3. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata.»

I movimenti studenteschi, generalmente, occupano le aule dell’intero edificio scolastico prendendone il pieno possesso, di giorno e di notte, e in tal modo impediscono, di fatto, il regolare svolgimento delle lezioni.

È opinione di alcuni che le studentesse e gli studenti nel momento in cui prendono possesso e/o occupano gli edifici adibiti ad uso scolastico e si autogestiscono senza chiedere il permesso, protestando, esercitano di fatto un diritto costituzionalmente garantito, ovvero, quello di «riunione e manifestazione» stabilito dall’articolo 17 della Costituzione del 1948: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.» Inoltre: «Gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione». La Corte di Cassazione penale, sez. II, con sentenza n. 1044 del 30 marzo 2000 ha ritenuto che tale condotta (occupazione dei locali scolastici) non integra il reato di “invasione di terreni o edifici” ai sensi dell’art. 633 c.p.

Corte di Cassazione penale, sez. II, sentenza n. 1044 del 30 marzo 2000 “Non è applicabile l’art. 633 alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima. …. L’edificio scolastico, inoltre, pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti, che non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica e pertanto non si ritiene che sia configurato un loro limitato diritto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività scolastica in senso stretto.”

Un altro interessante orientamento giurisprudenziale è dato dalla sentenza n. 1936 del Tribunale Amministrativo Regionale Calabria del 4 dicembre 2007. La Corte ha ritenuto che anche se l’occupazione studentesca costituisce l’esercizio del diritto di critica ed è espressione della libertà di manifestare il pensiero nei confronti delle Autorità, tuttavia espone i ragazzi/e al reato di interruzione di pubblico servizio previsto dall’art. 340 del c.p., qualora di fatto impedisca il regolare svolgimento delle lezioni. In questi casi si configura una «violazione in termini di illecito amministrativo-disciplinare, dei doveri dello studente» ai sensi dell’art. 3 comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1998. Recentemente la Procura della Repubblica di Roma ha richiesto l’archiviazione dei fascicoli per reati imputati ai ragazzi/e in merito alle occupazioni studentesche che perdurano da mesi (anno scolastico 2021/2022) nella capitale d’Italia, in quanto questi ultimi non integrano il reato di interruzione di pubblico servizio: «gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunità scolastica e partecipi alla sua gestione». Si stimano coinvolti dall’inizio di ottobre, numerosi Istituti scolastici autonomi (circa cinquanta) del centro e della periferia di Roma.

In buona sostanza, per la Procura della Repubblica di Roma, le manifestazioni “sobrie” e pacifiche garantiscono il diritto allo studio grazie al programma alternativo proposto o alle lezioni autogestite. La Procura della Repubblica di Roma ritiene che non vi è dunque: “interruzione di pubblico servizio” semmai “violenza privata”, solamente nel caso in cui venga impedito ad un docente di oltrepassare la soglia dell’edificio adibito ad uso scolastico per accedere al luogo di lavoro e svolgere le attività didattiche con le studentesse e gli studenti che sono in pieno disaccordo alla protesta.

Riferimenti normativi

In Italia, tutt’oggi, non esiste nessuna normativa specifica che regola e/o comunque disciplini le occupazioni studentesche, nemmeno per quanto riguarda le autogestioni scolastiche e le assemblee permanenti.

Il diritto delle studentesse e degli studenti di riunirsi in assemblea è stato introdotto per la prima volta dall’art. 43 del Decreto Presidente Repubblica 31 maggio 1974, n. 416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica” pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 1974, n. 239, successivamente il decreto delegato è confluito nel “Testo Unico della scuola” (art. 12 al 14).

L’esercizio del diritto di riunione di assemblea (di classe e di Istituto) e di associazione è presente anche all’interno del “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”.

L’art.12 del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.115 del 19 maggio 1994, riconosce alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, il diritto di riunirsi in assemblea in appositi e idonei locali (messi a disposizione) dell’Istituto scolastico. Il successivo articolo 13 del citato decreto, detta le modalità di organizzazione delle assemblee studentesche, indicandone le finalità, il luogo di svolgimento e la durata temporale entro cui è possibile dilatare tale riunione concessa alle studentesse e agli studenti. Nello specifico per quanto riguarda la finalità dell’Assemblea, il comma 1 dell’art. 13 recita testualmente: «le assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore costituiscono occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti»; il successivo comma 6 chiarisce che le assemblee di Istituto si svolgono durante l’orario delle lezioni, contemplando anche la possibilità, previa autorizzazione del Consiglio di Istituto della: «partecipazione di esperti di problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, indicati dagli studenti unitamente agli argomenti da inserire nell’ordine del giorno». L’articolo 14 del “Testo Unico” disciplina il “Funzionamento delle assemblee studentesche” le quali devono essere regolate per mezzo di un regolamento interno che deve essere inviato, per presa visione, al Consiglio di Istituto. È fatta salva la possibilità, prerogativa del Dirigente scolastico, intervenire tempestivamente: «nel caso di violazione del regolamento o in caso di constatata impossibilità di ordinato svolgimento dell’assemblea».

Il Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1998 ha identificato questo diritto delle studentesse e degli studenti, meglio esplicitato nell’art. 2 comma 10: «I regolamenti delle singole istituzioni garantiscono e disciplinano l’esercizio del diritto di associazione all’interno della scuola secondaria superiore, del diritto degli studenti singoli e associati a svolgere iniziative all’interno della scuola, nonché l’utilizzo di locali da parte di studenti e delle associazioni di cui fanno parte. I regolamenti delle scuole favoriscono inoltre la continuità del legame con gli ex studenti e con le loro associazioni».

Fatta questa necessaria premessa,

esplicitati gli aspetti più generali, ci addentriamo nel merito del caso proposto ovvero affrontiamo le responsabilità del Dirigente scolastico e i relativi adempimenti amministrativi spettanti all’Istituzione scolastica nel caso in cui si verifichino “occupazioni scolastiche o studentesche”, assemblee permanenti o semplicemente un periodo di “autogestione” o “cogestione”.

Il Dirigente scolastico, legale rappresentante dell’Istituzione scolastica autonoma, è garante della sicurezza della salute del personale scolastico a lui sottoposto e dei minori affidati. Ha l’obbligo giuridico di assicurare il regolare svolgimento di tutte le attività proposte dalla scuola.

Pertanto in caso di occupazioni scolastiche o studentesche illecite:

  • il Dirigente scolastico dovrà attivarsi prontamente con interventi mirati e specifici volti a ripristinare l’ordine pubblico all’interno della scuola da lui diretta e lo stato di legalità e, dunque, di ripresa delle attività didattiche.
  • il Dirigente scolastico dovrà informare/denunciare, senza indugio né ritardo, all’Autorità di pubblica sicurezza l’illecita occupazione dei locali adibiti ad uso scolastico e ricreare le condizioni “ante quam” per svolgere regolarmente le lezioni da parte di chi (studentesse e studenti) non ha nessun interesse ad aderire all’illecita occupazione.
Approfondimento Il Dirigente scolastico nell’ordinamento giuridico italiano è un pubblico ufficiale. Egli svolge una funzione amministrativa e certificativa pubblica ed è obbligato a denunciare, una volta che ne è avvenuto a conoscenza, i reati di natura penale a norma dell’art. 331 Codice di procedura penale (c.p.p.) “obbligo alla denuncia” e art. 361 Codice penale (c.p.) “sanzione per omessa denuncia”. Il Dirigente scolastico, in caso di omissione o ritardo senza giustificato motivo degli atti procedimentali, è a sua volta soggetto ai sensi dell’art. 55 sexies del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, all’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità.

È interessante al riguardo l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 6185 del 17 ottobre 2006. La Corte ha ritenuto fondamentale la presenza, il ruolo, l’intervento e il controllo degli operatori scolastici (docenti e personale ausiliario) sugli/lle alunni/e, i quali devono garantire la loro presenza in caso di occupazione di un Istituto scolastico per evitare degenerazioni delle iniziative assunte dalle studentesse e degli studenti all’interno dell’Istituzione scolastica stessa.

Il Consiglio di Stato nella richiamata sentenza ha così statuito: «situazioni di c.d. occupazione di un Istituto scolastico per lo stato di agitazione degli studenti non esplicano un effetto esonerativo o di attenuazione degli obblighi di presenza, intervento e controllo del corpo del personale docente ed amministrativo della scuola, che tanto più devono garantire la loro presenza per evitare degenerazioni delle iniziative assunte dagli studenti all’interno dell’istituzione scolastica».

Tutto il personale scolastico, dirigente compreso, è tenuto dunque a verificare e/o monitorare costantemente le condizioni dei locali scolastici, a vigilare sugli stessi affinché non si presentino episodi di vandalismo e/o eventi comunque dannosi che obbligherebbero a procedere alla denuncia d’ufficio dei responsabili all’Autorità giudiziaria e/o di polizia, con contestuale richiesta di sgombero forzato dei locali illecitamente occupatati dagli stessi e di risarcimento dei danni a chi è stato identificato.

Nel caso si presentino richieste di periodi di autogestione:

  • , preso atto della formale richiesta scritta pervenuta da parte dei rappresentanti delle studentesse e degli studenti, valuterà la congruita dell’istanza, forma e contenuti. I rappresentanti delle studentesse e degli studenti dovranno allegare un programma alternativo di autogestione di valore equivalente in termini di attività educative/formative al pari del programma didattico proposto dall’Istituto, dando così concretamente prova di maturità nel sapersi autogestire in autonomia e con efficacia.
  • Il Dirigente scolastico, una volta acquisita la richiesta del periodo di autogestione, valutata la congruità della proposta e acquisite le altre informazioni utili in termini di durata e obiettivi della stessa, in caso di diniego, dovrà dare comunicazione scritta di diniego, motivando e giustificando tale rifiuto con valide argomentazioni a sostegno.
  • Il Dirigente scolastico, in qualità di leader educativo dell’Istituto, dovrà porsi nei confronti dei ragazzi/e in una posizione di apertura, di ascolto e di equilibrio, dovrà mediare e negoziare le posizioni, ma soprattutto riallacciare l’alleanza educativa qualora si sia persa, intraprendendo azioni di natura educativa e formativa.
  • Il Dirigente scolastico dovrà informare i rappresentanti delle studentesse e degli studenti evidenziando i risvolti, anche di natura penale sottesi ad azioni non consone in presenza dell’insussistenza di una chiara posizione giuridica soggettiva (legittimazioni giuridiche a loro favore) che autorizzino questi ultimi ai periodi di autogestione autonoma dei locali dell’Istituto.

Orientamenti Giurisprudenziali

Per completezza della trattazione, si riportano i pronunciamenti emessi dai Tribunali:

  • Corte di Cassazione sez. II penale sez., con sentenza n.1044 del 30 marzo 2000 ha evidenziato come «l’art. 633 c.p. non è applicabile alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima».
  • Risulta interessante la sentenza del Tribunale Siena del 29 ottobre 2001: «Se la c.d. “occupazione” della scuola da parte degli studenti avviene senza modalità invasive, e cioè consentendo lo svolgersi delle lezioni e l’accesso degli addetti, non è configurabile il reato di interruzione di pubblico servizio, neanche se l’attività didattica si svolge con difficoltà ed in mezzo a confusione
  • Cassazione sez. penale, con sentenza n. 35178 del 03 luglio 2007 diversamente ha ritenuto che: «L’occupazione temporanea di una scuola, sebbene per motivi sindacali, integra gli estremi della fattispecie di cui all’art. 340 c.p. quando le modalità di condotta, volte ad alterare il normale svolgimento del servizio scolastico, esorbitano dal legittimo esercizio dei diritti di cui agli artt. 17 e 21 Cost., ledendo altri interessi costituzionalmente garantiti
  • Stesso orientamento, Corte di Cassazione sez. V penale, sentenza n. 7084 del 23 febbraio 2016, ha sancito che: «punto 2 delle motivazioni: I giudici di merito non hanno affatto negato al ricorrente la titolarità al diritto di sciopero (peraltro difficilmente riconducibile alle situazioni soggettive ravvisabili in capo allo “studente”), di riunione o di manifestazione del pensiero; hanno chiaramente confermato – in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte (cass. n. 12464 del 2-7-1980) che lo stesso esercizio di diritti fondamentali, quali quello dello sciopero, riunione e manifestazione, cessa di essere legittimo, quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti» «ha di fatto impedito ai non manifestanti di svolgere le consuete attività di studio per un tempo apprezzabile, con conseguente ingiustificata compressione dei loro diritti…». La corte ha stabilito che l’occupazione temporanea della scuola (per circa due ore): «anche poche ore di occupazione ledono il diritto all’apprendimento e rappresentano quindi un’interruzione di pubblico servizio a tutti gli effetti».

Per completezza della trattazione pare opportuno concludere questo articolo riportando un breve estratto della recentissima nota n. 48762 del 20 dicembre 2021 dell’Ufficio Scolastico Regionale Lazio, avente per oggetto “istituzioni scolastiche occupate”, a firma dal Direttore Generale, dott. Rocco Pinneri: «Quest’anno vi sono state varie occupazioni studentesche e alcune sono ancora in essere. Siamo tutti consapevoli … della delicatezza di tali situazioni, perché coinvolgono minori e soprattutto perché ci rammentano la necessità dell’ascolto. Per questo motivo voi ricorrete sempre a strumenti tipici dell’organizzazione scolastica, offrendo la vostra piena disponibilità nonché le alternative dell’assemblea o della co-gestione, che consentono di lasciare la scuola aperta a beneficio di tutti gli studenti e, contestualmente, aprono il dialogo necessario a comprendere le ragioni di ogni eventuale disagio. Ai dirigenti coinvolti ho sempre assicurato anche la mia personale disponibilità a ricevere una delegazione di studenti purché non vi sia un’occupazione in corso, non potendo ricevere chi sta commettendo un reato. […] Il problema principale che ne deriva è che le occupazioni violano il diritto costituzionale all’istruzione di quei numerosi studenti che non condividono il ricorso a tale strumento, indipendentemente dalla valutazione che facciano delle rivendicazioni, alcune delle quali riferite a problemi storici che siamo tutti impegnati a risolvere. Per questo motivo vi chiedo, ove vi troviate in questa situazione, di denunciare formalmente il reato di interruzione del pubblico servizio e di chiedere lo sgombero dell’edificio, avendo cura di identificare, nella denuncia, quanti possiate degli occupanti. Occorrerà anche che proseguiate il dialogo, con gli studenti e con le famiglie, per giungere a interrompere quanto prima la situazione di illegalità e per dare le risposte possibili alle richieste che vi saranno formulate. È importante che chi occupa capisca che violare il diritto dei loro compagni di scuola a frequentare le lezioni è un fatto grave, oltre che inutile vista la disponibilità di tutti al dialogo senza la necessità di azioni estreme ed illegali. […] Molte delle occupazioni già terminate hanno lasciato danni all’interno delle scuole. Danni che non possono avere alcuna valenza politica e che esprimono solo vandalismo: arredi e dotazioni laboratoriali distrutti, infissi e impianti danneggiati, distributori automatici divelti e svuotati degli alimenti e delle monetine, controsoffitti infranti e fatti precipitare, furti a danno dei bar interni ecc. […] Si ha notizia di altri comportamenti preoccupanti quali assembramenti su tetti privi di parapetto o in altri luoghi pericolosi e ordinariamente inaccessibili, mentre vengono consumate bevande che potrebbero diminuire i livelli di attenzione. […] Al termine dell’occupazione occorrerà che chiediate a chi è stato identificato di risarcire la spesa per la sanificazione della scuola assieme a ogni eventuale danno, non essendo giusto che se ne debba far carico la collettività, cioè persino quegli studenti che non hanno occupato e che sono stati già danneggiati, per la violenza di alcuni compagni o di esterni, perdendo giorni di lezione. Agli occupanti identificati occorrerà anche applicare le misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascuna scuola e dell’occupazione si terrà conto nel determinare il voto in condotta […].»

Bibliografia

  • COSTITUZIONE ITALIANA articolo 17 e 40
  • CODICE PENALE art. 331, 340, 361 e 633 Regio Decreto del 19 ottobre 1930, n. 1398
  • DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 31 maggio 1974, n. 416 “Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica
  • DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria
  • DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994, n. 297 “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado
  • DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
  • NOTA USR Lazio n. 48762 del 20 dicembre 2021 “Istituzioni scolastiche occupate
  • TRIBUNALE di SIENA sentenza del 29 ottobre 2001
  • TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Calabria sentenza n. 1936 del 4 dicembre 2007
  • CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, sentenza n. 6185 del 17 ottobre 2006
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. II, sentenza n.1044 del 30 marzo 2000
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sentenza n. 35178 del 03 luglio 2007
  • CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. V, sentenza n. 7084 del 23 febbraio 2016

Sitografia