Concorso a cattedre e prove preselettive: una riflessione del Coordinamento Precari della Conoscenza

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da Tecnica della Scuola

Concorso a cattedre e prove preselettive: una riflessione del Coordinamento Precari della Conoscenza
Per Flc-Cgil il comunicato del Miurcon la valutazione dei risultati è arbitrario e inopportuno e per il coordinamento dei precari è una prova preselettiva concepita solo per scremare l’alto numero dei partecipanti, senza salvaguardare chi da anni, prestando la sua professionalità “precaria” alla scuola, ha maturato competenze didattiche e pedagogiche
Questa la riflessione del coordinamento dei precari della conoscenza Il comunicato stampa pubblicato sul sito del Miur in cui si analizzano i dati relativi ai risultati delle prove di preselezione per il concorso dei docenti, svoltesi il 17 e 18 dicembre scorsi, è a nostro parere arbitrario e ingiusto. La nostra riflessione avviene proprio quando il ministro Profumo ha appena concluso il suo mandato e ha voluto chiudere la sua esperienza con un comunicato quanto mai inopportuno, perché ha prodotto un’ulteriore mortificazione della classe docente italiana (in questo caso soprattutto dei docenti precari), dando nuovamente la sponda a quanti vanno a caccia di sempre nuove motivazioni per avvalorare la costante campagna di discredito degli insegnanti. Nel comunicato si evidenzia come “su base regionale le percentuali di ammessi al concorso seguono curiosamente l’andamento dei risultati delle rilevazioni sugli apprendimenti degli studenti Ocse PISA 2009. Il tasso di ammissione dei candidati insegnanti aumenta nelle stesse zone d’Italia in cui sale la curva Ocse che indica una maggiore preparazione degli studenti. Emerge dunque una correlazione diretta tra la bravura degli studenti e la capacità dei candidati di superare i test, quindi tra studenti più preparati ed aspiranti docenti più preparati”. Dal confronto operato in questa analisi, emerge che le Regioni con i docenti migliori sarebbero prevalentemente quelle del centro-nord popolate, secondo i dati OCSE, dagli studenti più preparati. Ora, a parte il fatto che i dati non sono sempre così corrispondenti (ad esempio Umbria e Puglia emergono nelle prove Ocse PISA, ma non nelle preselezioni), si dimentica che i concorrenti non hanno necessariamente svolto la prova preselettiva nella regione in cui insegnano, visto che i posti di insegnamento a concorso sono presenti in alcune regioni e non in altre. Quindi, la correlazione fra i risultati degli studenti e quelli dei docenti non è statisticamente pertinente. Contestiamo con indignazione le deduzioni gratuite che emergono da questa analisi, che utilizza strumentalmente le rilevazioni statistiche e non tiene conto di alcuni elementi fondamentali, che non possono essere ignorati da chi si lancia in analisi pseudo-scientifiche di dati. La svalutazione, inevitabilmente conseguente a questa analisi ministeriale, nei confronti del sistema di istruzione della maggior parte delle regioni del sud Italia, dimentica di rilevare che una notevole percentuale dei docenti delle scuole centro-settentrionali sono originari del meridione, figli di quel sistema formativo che si vuol far credere scadente e approssimativo.
Oltre al merito dell’analisi, riteniamo discutibile anche il metodo. Per quanto riguarda i risultati OCSE Pisa, non si tiene assolutamente in conto che non è metodologicamente corretto far assurgere i risultati di un test somministrato agli alunni ad un parametro valutativo assoluto. Come afferma Benedetto Vertecchi, uno dei maggiori esperti italiani sui sistemi valutativi e presidente fino al 2001 dell’Invalsi, “la valutazione deve studiare i risultati dell’insegnamento nel tempo, non scattare inutili ‘istantanee’ che al più rassicurano il ‘fotografo’ di turno (un ministro, un preside, un insegnante, lo stesso studente). La valutazione deve essere diacronica, considerare i punti di partenza e quelli di arrivo. Solo così è utile per modificare l’esistente”.
Quello che manca, quindi, è la valutazione del processo di apprendimento, la considerazione della differenza fra il punto di partenza e quello di arrivo, che potrà anche non essere allo stesso livello di altre Regioni, ma che, in alcuni contesti particolarmente difficili, di cui lo Stato è responsabile, non può che costituire comunque un risultato fondamentale. Non è cruciale capire dove uno studente è arrivato, ma da dove è partito e come è arrivato a quel punto: ed è lì che si valuta la capacità (la “bravura”, come afferma il Miur) di un alunno e la competenza del suo docente. Ora, oltre a queste considerazioni per scardinare il solito luogo comune nord/sud di cui anche il MIUR si è fatto incauto portavoce con questo comunicato, chiediamo più in generale al Ministro di smetterla. Non fa piacere sentirsi denigrare per non aver superato un “quizzone” su argomenti non pertinenti alle discipline di insegnamento (da qualunque parte d’Italia si provenga), ma non è neanche dignitoso accettare di vestire i panni del “De Rossi” di turno. Questo comunicato è un ulteriore colpo basso alla nostra professionalità, e quindi alla scuola pubblica statale, e costituisce un maldestro tentativo di ritorcere i dati contro di noi, di dividere la nostra categoria, di umiliare nuovamente i docenti precari, di strumentalizzare un test preselettivo che aveva la mera funzione di “scremare” l’enorme numero di concorrenti per un numero irrisorio di posti. Noi siamo molti di più dei vostri numeri, noi e i nostri studenti. Le valutazioni si fanno con competenza, capacità prospettica e visione progettuale. Se non fosse chiaro, siamo qui apposta: ve lo insegniamo noi