N. Govoni, Bianco come Dio

Govoni, un esempio di coraggio

di Antonio Stanca

Nicolò Govoni è nato e cresciuto a Cremona, ha appena trentanni e tanta esperienza. Quando ne aveva venti ha preso parte ad una missione umanitaria che si proponeva di aiutare un orfanotrofio, Dayavu Home, situato in una zona povera e sperduta dell’India meridionale. Qui Govoni sarebbe rimasto non un mese come previsto ma quattro anni e molto avrebbe fatto per quegli orfani e per quel posto. Inoltre, all’Università di Pune, grande città del Maharashtra, si sarebbe laureato in Giornalismo.

   Si è poi spostato in Grecia nell’isola di Samo, dove ha fondato “Mazi”, la prima scuola di Emergenza e Riabilitazione per bambini profughi dell’isola. Ancora in Grecia, insieme ad altri volontari, ha creato l’organizzazione umanitaria “Still I Rise” che si propone di istituire scuole per bambini profughi in ogni parte del mondo. Nel 2020 Govoni è stato nominato al Premio Nobel per la Pace. Attualmente vive in Turchia dove ha fondato la prima scuola internazionale per profughi del mondo. Ha anche scritto dei libri che stanno tra il documento, la polemica, la denuncia e la narrazione: al 2018 risale Bianco come Dio, al 2019 Se fosse tuo figlio, al 2020 Attraverso i nostri occhi, un libro fotografico.

   L’anno scorso Rizzoli, che ne aveva curato l’edizione definitiva nel 2018, ha ristampato Bianco come Dio, un libro che Govoni scrisse sperando di ricavare dalla vendita il necessario per dotare di una biblioteca quell’orfanotrofio indiano che aveva visto le sue prime operazioni umanitarie. Era riuscito nell’intento, l’opera, pur se all’inizio ancora incompleta, era stata un caso editoriale, i proventi erano venuti. Erano piaciuti a molti, moltissimi lettori, il contenuto e lo stile. Insieme al cronista che riporta, al giornalista che discute, Govoni era stato lo scrittore che coglie i pensieri, i sentimenti più intimi dei suoi personaggi, che indaga nel loro spirito e porta alla luce quanto vi si nasconde. La sua scrittura non è solo un documento, non riprende soltanto luoghi, ambienti, circostanze ma si sofferma pure a dire cosa si pensa, come si vive, quanto si soffre in un’India dimenticata da tutti, rovinata dalla povertà, dalla malattia, dalla morte. Un mondo finito era andato a scoprire Govoni con quella prima missione. A quel mondo, a quei tempi, a quei posti, a quella gente è dedicato Bianco come Dio, un’opera autobiografica che niente trascura di quanto l’autore vide e visse allora. Era durata quattro anni quell’esperienza, Govoni l’aveva prolungata perché aveva scoperto che aiutare i bisognosi, gli afflitti, gli ammalati, sarebbe dovuto essere il compito della sua vita: aveva venti anni, prima non ci aveva pensato, ora gli si era chiarito. Di fronte ad un’umanità che sempre più si arrendeva ad una terra priva di risorse e destinata a finire, a scomparire nelle cose e nelle persone, Govoni intuisce che da un disastro simile ci si può salvare, che la rovina si può evitare se si pensa a come superarla, se ci si prefigge questo obiettivo. Si convince che si può ricominciare se lo si vuole. E così sarà: non penserà più ad andarsene, rinuncerà ad ogni altra possibilità di impiego anche se più vantaggiosa, intraprenderà quella via di aiuti, soccorsi, quei rapporti di scambio, partecipazione, quell’azione di solidarietà umana, sociale che lo avrebbe portato in seguito alla creazione di organismi internazionali preposti a modificare, migliorare nel mondo le sorti dei paesi più poveri. In India, tra i bambini dell’orfanotrofio, tra la gente di un posto arretrato, lontano dai centri urbani, tra la povertà diffusa, Govoni comincerà la sua opera di “salvatore”. Diventerà amico di quei bambini, li istruirà assecondando la capacità, la volontà di ognuno, li farà crescere, vivere senza sentirsi esclusi, colpevoli, li libererà da ogni peso. Provvederà alla realizzazione di opere pubbliche utili alla comunità. A volte richiederanno molto tempo ma non si arrenderà, aspetterà, riuscirà. Doterà la scuola di un nuovo dormitorio, di una biblioteca, farà della lettura uno degli impegni preferiti dai bambini. Agli studi superiori li farà giungere e anche all’università. Una rivoluzione sarà la sua, era bastato crederla possibile e l’aveva fatta.

    Difficile diventerà per lui andarsene da quell’India dove nessuno accettava l’idea di rimanere senza di lui, di non averlo accanto. Si convinceranno tutti, però, quando capiranno che del suo aiuto, del suo coraggio, della sua volontà, della sua capacità, avevano bisogno altri posti nel mondo, altre genti. Così sarebbe stato e il libro si conclude con un addio che non sembra rinunciare alla promessa di un ritorno.