M. Facciolla, S.O.S. papà, mamma dove siete?

Modesto Facciolla, S.O.S. papà, mamma dove siete?

Scuole, Famiglie e Comunità: Paideia tra Humanitas ed Empatia

di Carlo De Nitti

Fluida, accattivante e calvinianamente “leggera” scorre la lettura di questo recente volume di Modesto Facciolla, pubblicato a Monopoli per i tipi della casa editrice Vivere in. SOS papà, mamma dove siete? non è solo il titolo del volume, ma anche e soprattutto <<è il grido disperato di tanti figli abbandonati al loro destino è che si trovano in questo difficile mondo in una sgangherata società a vivere situazioni di incertezza di pericolo di devianza di disagio spesso senza alcun valido supporto da parte della famiglia>> (p. 10).

In questo volume, l’Autore raccoglie le meditate considerazioni di valoroso uomo di scuola, che offre oblativamente ai lettori: riflessioni distillate dalla sua esperienza di vita familiare (di figlio, di genitore, di nonno) e professionale (di docente, di dirigente scolastico, di pubblico amministratore). In queste pagine, Facciolla esercita il ruolo di educatore “riflessivo” (per dirla con Schon), attraversando i decenni che hanno visto la trasformazione economica, sociale, culturale e, quindi educativa, dell’istituzione familiare e dell’intera società italiana. Oggi <<la famiglia vive tante criticità. Stiamo assistendo al tramonto al declino di ogni valore morale ed etico. Facilmente si dimette dal suo ruolo, abdica alle sue responsabilità, disarmata senza gli strumenti necessari per affrontare le varie difficoltà in cui viene a trovarsi. Spesso, disperata, incapace ed impossibilitata a compiere i propri doveri, fugge dalle responsabilità>> (ibidem).

Chi scrive – da uomo di scuola, con un’ultratrentacinquennale “militanza” al servizio dell’istituzione, ma soprattutto di alunni/studenti e loro famiglie – non può che sottoscrivere le analisi svolte dall’Autore. La crisi della famiglia nucleare tradizionalmente intesa è sotto gli occhi di chiunque: non c’è classe di scuola di ogni ordine e grado in cui i bambini, i preadolescenti, gli adolescenti non vivano situazioni “problematiche”.

Invero, l’uomo è vissuto, fin dai primordi della sua vita sulla terra, insieme ai suoi simili in comunità sempre più vaste fondate dapprima sul legame di sangue poi su di un contratto sociale, che regolava, ancorchè informalmente, le relazioni tra di essi. Tradizionalmente, l’uomo, e la donna, quindi, si costruivano nella vita e nella società in relazione con gli Altri: vivevano in una comunità che si fondava sulla famiglia, sua cellula fondamentale, e sul matrimonio indissolubilmente monogamico (nell’etimo latino di “matris munus” – “il dono della madre” – era compresa anche l’idea della filiazione) che la fondava.

Oggi, da molti anni, la famiglia è divenuta il crocevia di tutte le fragilità sociali: le rotture coniugali sono sempre più frequenti e, con esse, spesso l’assenza di uno dei genitori nella vita dei figli. Il marginalizzare – anche nelle politiche sociali ed assistenziali – il ruolo della famiglia ha avuto conseguenze nefaste per la società tutta: la generazione adulta (i papà e le mamme) è venuta meno alle sue responsabilità, ai suoi “doveri sociali”, in quanto spesso, narcisisticamente, occupata a pensare solo a se stessa, oppure a credere che bastasse riempire con il benessere materiale le nuove generazioni. E’ venuto meno, negli ultimi decenni, quel passaggio di consegne tra generazioni che trasmettono ai figli ed ai nipoti, consapevolmente, modificando ed aggiornando, quanto ricevuto dai genitori e dai nonni.

Lo sviluppo delle tecnologie ha certamente contribuito a rendere difficoltoso il dialogo intergenerazionale: le difficoltà nel creare dialogo non devono indurre al catastrofismo i momenti critici preludono a nuovi equilibri sistemici. Il ‘nuovo’ non può che nascere sotto la forma di un rinnovato ‘umanesimo’ che non escluda il progresso tecnologico in cui sono immersi le donne e gli uomini di questo tempo, ma che non può e non deve degenerare in una sorta di darwinismo sociale, come argomentava alcuni anni or sono (2017), S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in un suo volume laterziano, Il crollo del noi.

In quest’ottica, il volume di Facciolla è permeato di questa humanitas vibrante, nata dalla fede ed approfondita attraverso lo studio del Magistero della Chiesa Cattolica: essa è in tutti i vissuti da dirigente scolastico, ma anche da genitore e da nonno che narra nel volume. L’Autore fa vivere ai lettori un puro distillato di esperienze vissute da educatore, profondamente umane ed umanizzanti, come sempre la paideia. Il fondamento dell’educazione non può che essere l’empatia: <<È la capacità di capire i problemi altrui e di aiutare a risolverli. E’ la capacità (virtù) di immedesimarsi nello stato d’animo dell’altro per comprenderlo ed essergli accanto. In altri termini è mettersi nei panni dell’altro e condividere le sue difficoltà, prendersi cura di qualcuno […] Di empatia ne abbiamo tanto bisogno noi oggi […] I nostri figli devono essere educati anche a praticarla con compagni che altri evitano e che tanto hanno bisogno di essere compresi ed aiutati […] l’empatia è una virtù rara, ma possibile>> (pp. 76-77 passim).

Essa è patente nelle pagine di Modesto Facciolla, come, ad esempio, quando narra “qualche aneddoto” – vedasi le pagine 86 – 97 – tratto appunto dalla sua esperienza di dirigente scolastico, ma anche di marito, di padre e di nonno. Nell’ambito del capitolo sulla “nonnità” – come la chiamava, in un suo volume del 2011, lo storico della pedagogia Vittoriano Caporale – il fugace ma toccante paragrafo “Una giornata da ricordare” (pp. 142 – 145), testimonianza di fede profondamente vissuta e di una capacità infinita di trasferire emozioni e sentimenti anche alle bambine ed ai bambini: <<provare certe emozioni ci rende più liberi e meno arroganti>> (p. 145).

L’attenta e meditata lettura del volume qui recensito è sicuramente giovevole a tutti i lettori – che, c’è da augurarsi, siano tanti – che vogliano prendere a modello una ‘storia di vita’ esemplare. In particolare, è una lettura certamente da consigliare per chi, dirigendo un’istituzione scolastica di qualsiasi ordine e grado, lo voglia fare con lo spirito paidetico dell’educatore, a vantaggio degli alunni/studenti e non già con lo spirito “burocratico” di chi lavora esclusivamente tra le carte o, peggio, avendo esse come fine ultimo della propria azione professionale.

Da persona di scuola, in questo frangente, chi scrive non può non pensare a quell’<<umanesimo della scuola>> di cui argomentava, nel 1983, nel suo volume omonimo, un grande pedagogista cattolico quale Cesare Scurati (1937 – 2011). Egli riservava, nell’ambito delle professioni educative, all’allora direttore didattico/preside (la dirigenza scolastica, collocata nell’Area V, era, illo tempore, di là da venire) la dimensione “educazionale”, che coniugava (e coniuga, se è lecito, a chi scrive queste righe, dirlo) la dimensione educativa strettamente intesa con quella organizzativo-gestionale. Non a caso, il grande pedagogista aveva un passato da direttore didattico.

A chi scrive piace pensare che il fine ultimo di ogni “carta” che si produce nelle scuole sia finalizzata a creare le migliori condizioni per l’istruzione educazione dei discenti: parafrasando il Kant che argomenta sul rapporto tra i sensi e la ragione, l’educazione senza la gestione probabilmente è vuota, ma la gestione senza l’educazione è sicuramente cieca.

Il fine autentico delle scuole e delle famiglie consiste nell’educare alla vita ed ai valori: il volume di Modesto Facciolla, SOS papà, mamma dove siete? ci aiuta ottimamente a ricordarlo a tutt*, nessun* esclus*.