G. Torregrossa, Morte accidentale di un amministratore di condominio

Torregrossa, il piacere di leggere

di Antonio Stanca

   Giuseppina Torregrossa è una scrittrice siciliana. Ha sessantasei anni e da quando ne aveva cinquantuno ha cominciato a dedicarsi alla narrativa e a volte al teatro. Prima aveva prestato servizio quale ginecologa all’Ospedale Umberto I di Roma. Suo romanzo d’esordio è stato L’assaggiatrice del 2007, poi, nel 2009, è venuto Il conto delle minne che ha avuto molto successo e molte traduzioni. E’ seguito un periodo di interesse per il teatro e a quegli anni risalgono importanti riconoscimenti.

   La Torregrossa ha tre figli e vive tra la Sicilia e Roma. E’ impegnata nel volontariato, presiede ed è responsabile di enti e programmi per la prevenzione e la lotta ai tumori. Partecipa della vita politica della sua regione. In molti modi occupa il tempo ma quello per la scrittura narrativa è il suo preferito. Dal 2012 al 2019 ha scritto una serie di romanzi che hanno come protagonista la commissaria Marò Pajno. Anche in queste opere di genere poliziesco l’ambientazione è quella della Sicilia più antica o più moderna. Lo era già stata nei romanzi precedenti: mai sembra stancarsi la Torregrossa di cogliere tempi, luoghi, modi di pensare, di fare, di vivere propri della sua terra d’origine, tutta e in tutto sembra voglia rappresentarla. E’ la sua aspirazione di scrittrice mostrare come si è stati e si sta in Sicilia. E’ un’operazione ampia, estesa visto che la Sicilia è tra le regioni d’Italia quella che ha avuto una storia particolare, nella quale fin dall’antichità si sono succeduti avvenimenti, regimi, personaggi tra i più diversi. Per molto tempo è stata isolata ed esposta, per la sua posizione, alle mire, alle invasioni, alle pretese di popoli stranieri. Voler ripercorrere, ricostruire tanta storia, tanta vita tramite opere di narrativa è un compito quanto mai arduo ma la Torregrossa ci sta provando e finora ci è riuscita.

   L’anno scorso, però, ha scritto Morte accidentale di un amministratore di condominio e l’ha ambientato a Roma. Il romanzo è stato pubblicato da Marsilio nella serie Lucciole.

  Roma è l’altra patria di Torregrossa e giusto le è sembrato scrivere anche di essa.

   Siamo di nuovo nel genere poliziesco: in una delle palazzine di una vasta zona residenziale viene trovato morto, la vigilia di Natale, l’amministratore del condominio. E’ giù, al piano terra, e l’ipotesi più immediata è quella che sia precipitato dalle scale. L’ispettore, Mario Fagioli, inviato dal vicino commissariato e incaricato del caso, all’inizio sembra condividere questa ipotesi ma poi s’insospettisce e crede ci siano altre cose da scoprire. Inizierà un’indagine che si rivelerà più lunga e più complicata di ogni previsione. Gli appartamenti della palazzina sono abitati quasi tutti da donne, vecchie e giovani, vedove e nubili, sposate e separate, belle e brutte, amate e tradite, mogli e amanti. Tutte provengono da famiglie altolocate, hanno parenti ricchi e potenti. L’ambiente sembra privo di sospetti ma dietro quell’apparenza l’ispettore scopre che si nascondono tanti segreti, tanti intrighi. Tra quelle donne ci sono precedenti tali che le portano a spiarsi, invidiarsi, odiarsi. Difficile è diventata la loro convivenza nella palazzina e ancor più difficile l’aveva resa quell’amministratore perché non si era comportato in modo giusto, corretto e tra le inquiline aveva amiche e nemiche, amanti e serve. Lui abitava nel condominio ed anche la moglie aveva esposto alla sua complicata situazione. Riuscirà, pertanto, l’ispettore a ripercorrerla, ricostruirla e a spiegare il caso: era stato un omicidio commesso da alcune di quelle donne e non voluto da altre. Loro sapevano, avevano parlato, avevano agito, avevano visto. Per la polizia, però, sarà un problema: quali delle donne accusare, quali arrestare, quali assolvere visto che impossibile era districarsi tra colpevoli e innocenti, sospetti e dubbi, menzogne e verità?

   Comiche saranno certe situazioni compresa la soluzione finale ad ulteriore conferma della vena ironica che la scrittrice non ha mai smesso di far circolare nell’opera. Ha scaricato, così, ha semplificato il suo linguaggio. Come altre volte si è fatta leggere con piacere.