Abuso di mezzi di correzione e di disciplina

Maltrattamenti, minacce, percosse e abuso di mezzi di correzione e di disciplina perpetrati dal personale scolastico nei confronti dei minori a loro affidati. Disamina delle responsabilità e adempimenti. Stato dell’Arte e ricognizione normativa

di Elena Centemero, Dario Angelo Tumminelli, Emilia Tartaglia Polcini, Zaira Matera

La finalità di questo articolo è quella di delineare il perimetro di azione, gli spazi e i confini delle responsabilità dirigenziali nonché i relativi adempimenti posti in essere dall’Istituzioni scolastiche nei casi in cui si verifichino maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione, perpetrati dal personale scolastico in danno dei minori, sottoposti alla loro autorità, a scopo educativo per ragioni di istruzione e formazione, nonché di custodia.

I docenti sono dipendenti dello Stato e dunque soggetti a responsabilità giuridicamente rilevanti. Il Dirigente scolastico è chiamato in prima fila a presidiare, con una “sana sorveglianza”, tutte le attività che si svolgono all’interno delle mura dell’Istituto scolastico da lui diretto, avendone la diretta e piena responsabilità in termini di “obbligo di vigilanza”.

Non di rado, nel mondo scolastico, possono presentarsi spiacevoli nonché sgradevoli episodi originati dal comportamento degli insegnanti, che prima ancora di istruire i futuri cittadini dovrebbero essere educatori e fonte di ispirazione delle giovani generazioni. È del tutto ragionevole e condivisibile affermare che non è mai opportuno, né necessario, creare clamore attorno al caso occorso. È sempre preferibile il riserbo nonché la riservatezza più assoluta nel trattare l’accaduto. Purtroppo però queste fattispecie criminose creano sempre un danno all’immagine dell’Istituzione scolastica.

Approfondimento Al dipendente che si è reso colpevole delle contestazioni mosse può essere addebitata anche la responsabilità per “danno all’immagine” provocato a danno dell’amministrazione, quando ne ricorrono ovviamente i presupposti. L’ammontare del danno accusato, risarcibile all’Amministrazione è rimesso al sindacato del Giudice adito con valutazione equativa anche in rapporto della rilevanza del fatto (comportamento punibile) divulgato dai mezzi di informazione e pubblicizzato dai social media.

È dunque consigliabile evitare la cosiddetta «gogna mediatica» attorno a certe situazioni, che sono certamente imbarazzanti e alquanto spiacevoli, e certamente sgradite, ma di fronte alle quali resta comunque la procedibilità d’ufficio, con i consueti mezzi (formale denuncia per iscritto) anche quando non sia stata né individuata né identificata la persona alla quale il reato è attribuito.

Ma prima di addentrarci nei casi proposti è utile fare una preliminare disamina introducendo le varie tipologie, fattispecie criminose, poste in esame che si realizzano in ambito scolastico in ordine numerico progressivo del Codice penale: abusi di mezzi di correzione e di disciplina sui minori, percosse, violenza privata e minaccia.

Definizione

  • ai sensi dell’art. 571 del Codice penale: «chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi».

Il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura necessariamente abituale, talché la condotta penalmente rilevante può sostanziarsi anche in un unico e solo atto (isolato), purché avente una rilevanza significativa alla luce delle modalità dello stesso, della intensità della sua incidenza o della sua intempestività. (Cfr. Tribunale di Firenze, sentenza del 29 luglio 2017)

  • Si parla di maltrattamenti ai sensi dell’art. 572 del Codice penale: «Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia […], o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, […] o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, […]. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici».

La suprema Corte di Cassazione, sezione V penale, con sentenza n. 8364 del 27 febbraio 2007 ha stabilito che: «Incorre nel reato di cui all’articolo 572 c.p., e non nella fattispecie più lieve prevista dall’articolo 571 c.p. (Abuso dei mezzi di correzione), chiunque ponga in essere ripetuti atti vessatori, anche attraverso percosse fisiche, nei confronti degli alunni affidati». Nella citata sentenza la Corte ha ritenuto colpevole una docente, che aveva abusato dei mezzi di correzione e di disciplina, usando mezzi violenti, percuotendo i minori a lei affidati in più occasioni, abbinando alle punizioni fisiche forme di intimidazione psicologica. Le condotte peraltro si sono protratte nel tempo (reiterate) e documentate attraverso puntuali relazioni redatte dal Dirigente dell’Istituto, esposti e lettere dei genitori, relazioni ispettive e altre varie dichiarazioni. La Corte di Cassazione, sezione VI penale, con sentenza n. 53425 del 22 ottobre 2014 ha stabilito che: «L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da “animus corrigendi”, non può rientrare nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti». Nella citata sentenza la Corte ha ritenuto colpevole una maestra della scuola dell’infanzia che ha tenuto una condotta violenza, (sia psicologica che fisica), anche se per finalità educative, sui bambini a lei affidati. Si integra dunque il reato più grave di maltrattamenti, rispetto ad abuso di mezzi di correzione, quando si mina la salute mentale della studentessa o studente, apostrofandolo o ancora etichettandolo con frasi vessatorie o offensive, ingiuriose e/o denigratorie, del tipo: sei un «deficiente, incapace, cretino» o ancora «fetente, fituso, vucca aperta», Corte di Cassazione, sentenza n. 3459 del 27 gennaio 2021

  • Si parla di percosse ai sensi dell’art. 581 del Codice penale: «Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a trecentonove euro». 

A titolo di esempio si perfeziona il reato di percosse quando un docente percuote fisicamente un alunno/a, con schiaffi o spintoni. In buona sostanza rientrano nel reato in esame tutti i casi di graffi e scortichi, ematomi e lividi (ecchimosi) che non costituiscono lesioni.

  • Si configura il delitto di violenza privata ai sensi dell’art. 610 del Codice penale quando: «Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni».

Tra le casistiche rientra un singolare episodio, dove l’insegnante di sostegno ha costretto un minore con disabilità, a lui affidato, a subire un taglio di capelli, da lui non voluto, pur con l’implicito dissenso da parte dei genitori (Cfr. Sentenza n. 13538 del 10 febbraio 2015, Corte di Cassazione, sezione V penale).

Altro esempio viene fornito dall’esecuzione di perquisizioni personali, sugli zaini e nelle tasche dei vestiti delle studentesse e studenti, effettuate dalle maestre, solo per un sospetto furto di danaro ad una collaboratrice scolastica (Cfr. Sentenza n. 47183 del 18 luglio 2013, Corte di Cassazione, sezione V penale).

  • Infine si perfeziona il reato di minaccia ai sensi dell’art. 612 del Codice penale quando: «Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339». Il reato si perfeziona quando si prospetta a taluno un male futuro e ingiusto che ne determina conseguentemente una costrizione. Il delitto di minaccia è dunque un delitto contro la libertà individuale, nella fattispecie praticata dal docente nei confronti dell’alunno/a affidato quando mina la libertà psichica che ne fa discendere stati patologici (dall’ansia all’insonnia, dalla depressione ad altre tipologie di disturbi specifichi).
Approfondimento «La nozione di malattia ai fini del reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è più ampia di quelle concernenti l’imputabilità o il reato di lesione personale, comprendendo ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, dallo stato d’ansia, all’insonnia, dalla depressione, ai disturbi del carattere e del comportamento» Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza n. 19850 del 13 aprile 2016.

A titolo di esempio si perfeziona l’illecito penale di minaccia quando un docente, in relazione al suo status, ruolo e funzioni, minacci verbalmente di bocciare il/la suo/a alunno/a a seguito di una assemblea con i genitori, nel corso della quale gli stessi (la madre) avevano manifestato il loro dissenso e proposto che non venisse mantenuta la continuità didattica al docente in questione nel successivo biennio come stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione penale VI, n. 36700 del 24 settembre 2008 o ancora quando l’insegnante, infastidito da una alunno turbolento, per azzittirlo e intimorirlo gli mostra un coltello dicendogli «stai zitto o ti squarcio», Cfr. Corte di Cassazione sezione penale VI, sentenza n. 35018 del 18 agosto 2016. È meritevole di menzione la sentenza n. 47543 del dicembre 2015 della Corte di Cassazione, sezione V penale. La Corte ha stabilito che si perfeziona illecito penale di minaccia con la semplice intimidazione di bocciatura, poiché rientra nel reato “di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina”, qualsiasi comportamento che: «umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell’altrui personalità».

Fatta questa necessaria premessa,

esplicitati gli aspetti più generali ci addentriamo nel merito del caso proposto ovvero esaminiamo gli adempimenti nel caso in cui si verifichino episodi criminosi quali: minacce, percosse, maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione e di disciplina, perpetrati dal personale scolastico (docente e/o ATA) nei confronti dei minori a loro affidati, evidenziando le relative responsabilità.

I reati sopracitati sono abbastanza diffusi e frequenti nelle Istituzioni scolastiche italiane. Non a caso per definire meglio le condotte del reo, proponiamo la lettura delle numerosissime pronunce giurisprudenziali, disposte dalle sezioni penali della suprema Corte di Cassazione e dai Tribunali. Le stesse ci vengono in aiuto nel merito, in quanto chiarificatrici e illuminanti. A parere di chi scrive, pare opportuno approfondire la trattazione sulle responsabilità del personale scolastico, partendo proprio da quanto stabilito dai Giudici aditi, prendendo spunto dalla giurisprudenza passata in giudicato su tali argomenti. Si riportano pertanto di seguito alcuni principali stralci delle più importanti sentenze, al fine di individuare i casi chiave e da questi permettere al lettore di evincere gli ambiti principali di responsabilità e i princìpi giuridici sottesi con cui i giudici si rifanno all’interno del quadro normativo.

  • –        Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza n. 45736 del 10 ottobre 2018: «L’insegnante che tiene un atteggiamento denigratorio nei confronti di un alunno, compiendo nei suoi confronti gesti di violenza morale o fisica, anche se considerati innocui o rivolti a scopi educativi, commette il reato di abuso di mezzi di correzione o disciplina. Tanto più se il destinatario di tali comportamenti sia un alunno con difficoltà di linguaggio». Singolare caso di maltrattamento in capo ad un docente nei confronti di un minore (peraltro alunno DSA, con balbuzie). Il fatto, di per sé già riprovevole, è aggravato dal lancio dello strumento musicale (flauto) addosso all’alunno mentre l’insegnate contestualmente proferiva frasi del tipo: «imparati prima a parlare».
  • : «Integra il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina il comportamento dell’insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, fisica o morale, ancorché minima ed orientata a scopi educativi. Nella citata sentenza la corte ha ritenuto l’insegnante colpevole poiché si è reso responsabile di una condotta violenta sia di tipo morale che fisico nei confronti dei minori a lui sottoposti ricorrendo a (schiaffi o sberle), ma anche a forti tirate di capelli, violenze psicologiche con condotte umilianti come il costringerli a cantare o a mangiare o ancora a stare con la lingua fuori dalla bocca.
  • . In questa sentenza abbiamo un altro particolare esempio. La Corte ha stabilito che si perfeziona il reato di abuso di mezzi di correzione qualora l’insegnante, per arginare condotte «bullistiche» adotta interventi energici e severi, anche se tuttavia leciti ma del tutto sproporzionati e non ritenuti adeguati dall’Autorità giudiziaria penale: «l’insegnante ha fatto scrivere all’alunno di anni 11, responsabile di atti di prevaricazione e derisione verso un compagno, 100 volte sul quaderno “sono un deficiente”». Nella citata sentenza la Corte ha stabilito che: «Costituisce abuso punibile a norma dell’art. 571 c.p. il comportamento volto intenzionalmente ad umiliare, svalutare, denigrare, violentare psicologicamente, un minore, causando pericolo per la sua salute, anche se compiuto con intenzione educativa o di disciplina».
  • Altro esempio è dato dalla sentenza n. 47543 del 16 luglio 2015 della CortediCassazione, sezione V penale, dove sono state censurate le offese rivolte ad allieve ribelli, disattente, poco inclini all’esercizio e allo studio, che hanno denunciato al Dirigente scolastico il proprio insegnante. L’accusato ha costretto le studentesse, sotto esplicita minaccia di bocciatura, a scrivere una lettera al Dirigente per ritrattare le precedenti accuse.Allo stesso modo è stato ravvisato dalla Corte, in associazione al precedente illecito penale, anche il reato di violenza privata.
  • Infine altro caso viene rinvenuto nella sentenza n. 15149 del 19 marzo 2014 della Corte di Cassazione, sezione IV penale. La sentenza è rilevante e peculiare. Essa tratta un singolare caso di un alunno (di circa 7 anni) frequentante il terzo anno della scuola primaria, che in classe ha arrecato offesa alla credibilità e all’onore dell’insegnante curriculare facendo un suono di dileggio con la bocca. L’insegnante in risposta e per reazione l’ha costretto a camminare a carponi (a quattro zampe) davanti a tutta la classe, emettendo suoni e versi di animale (grugniti).

Alla luce di quanto finora esposto, il Dirigente scolastico, in caso di illeciti penali sopra individuati e meglio definiti, perpetrati dal personale scolastico a lui sottoposto, essendo questi reati procedibili d’ufficio (si pensi all’abuso di mezzi di correzione), ed altri procedibili mediante querela di parte offesa, dovrà mettere in campo tutta una serie di azioni, al fine di tutelare l’utenza, il buon nome dell’Istituzione scolastica che rappresenta e l’interesse pubblico che brevemente riassumiamo in seguito.

  • Il Dirigente scolastico una volta che è venuto a conoscenza della “notitia criminis”, senza indugio né ritardo, è obbligato a denunciare alle Autorità competenti, i reati di natura penale a norma dell’art. 331 Codice di procedura penale (c.p.p.) “obbligo alla denuncia” e art. 361 Codice penale (c.p.) “sanzione per omessa denuncia”.
Approfondimento Il Dirigente scolastico nell’ordinamento giuridico italiano è un pubblico ufficiale. Egli svolge una funzione amministrativa e certificativa pubblica ed è obbligato a denunciare, una volta che ne è avvenuto a conoscenza, i reati di natura penale.
  • Il Dirigente scolastico, dovrà procede con la denuncia del docente all’Autorità giudiziaria e/o Procura della Repubblica.
  • Il Dirigente scolastico, in caso di omissione o ritardo senza giustificato motivo degli atti procedimentali, è a sua volta soggetto ai sensi dell’art. 55 sexies del D.Lgs 165/2001, all’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità.
  • Il Dirigente scolastico non deve esitare a dare corso alla disposizione sopracitata. Giova, infatti, precisare che oltre al reato di omessa denuncia, si corre il rischio di vedersi imputare quello di favoreggiamento personale ai sensi dell’articolo 378 del Codice penale.

In capo al docente nella fattispecie si rilevano responsabilità oltre penali, anche disciplinari sanzionabili.

  • Il Dirigente scolastico dovrà attivare contestualmente un procedimento disciplinare a carico del docente, contestando l’addebito nei tempi e nei modi dovuti. I due procedimenti (penale e disciplinare) sono indipendenti tra loro, anche se l’Amministrazione ha il dovere di adeguare i propri esiti al giudizio definito penale. Il caso in questione rientra nella fattispecie della sospensione dal lavoro superiore a dieci giorni.
  • Il Dirigente scolastico, dunque, entro 10 giorni successivi (margine temporale per accertarsi circa la fondatezza dell’episodio), trasmette gli atti all’Ufficio competente per i Procedimenti Disciplinari (UCPD) istituito presso l’Ufficio Scolastico Regionale (USR) di riferimento. L’Amministrazione ha la facoltà, nel momento del rinvio a giudizio, di emanare un provvedimento amministrativo di sospensione cautelare obbligatoria dal servizio.

Le sentenze sopra riportate e brevemente analizzate, alla luce del quadro normativo concisamente delineato, offrono ai Dirigenti scolastici e al corpo docente, ma anche ad alunni/e e famiglie, un quadro abbastanza variegato e sottolineano le responsabilità a carico di tutti gli attori.

È bene evidenziare, che parimenti si realizza il reato di minaccia, nel caso in cui un Dirigente scolastico, si rivolge, allo stesso modo, nei confronti di un docente (o personale ATA) a lui sottoposto, in una situazione oggettiva di “sudditanza psicologica”, con espressioni tipo: «La farò piangere per tutta la vita» o ancora frasi del tipo «gliela farò pagare» come stabilito nella sentenza n. 21 del 04 gennaio 2010 della Corte di Cassazione, sezione penale V. Nella citata sentenza la Corte ha stabilito che: «Non è configurabile l’ipotesi della causa di giustificazione, anche putativa, dell’esercizio di un diritto nello jus corrigendi del superiore gerarchico verso il sottoposto, ai sensi dell’art. 51 c.p., quando esso si manifesti in espressioni che trascendono i limiti della correttezza o siano foriere di tratti destinati a mortificare il rispetto della dignità umana».

I Giudici hanno ritenuto che il Dirigente scolastico che “maltratta” un docente facendone oggetto di ripetute vessazioni è perseguibile ai sensi dell’art. 572 C.p., come stabilito nella sentenza n. 17689 del 16 aprile 2014 della Corte di Cassazione sezione penale VI.

Infine per completezza della trattazione chi ha avuto diretta conoscenza del fatto delittuoso “notitia criminis”, ha il dovere etico, morale e soprattutto civile di denunciare immediatamente e allo stesso modo, i fatti e le circostanze all’Autorità giudiziaria preposta, senza dover trasferire quest’onere su altri soggetti. La denuncia deve essere presentata e/o trasmessa, senza indugio né ritardo, al Pubblico Ministero e/o all’Ufficiale di polizia giudiziaria.

Gli insegnanti, del resto, vengono spesso a conoscenza di presunti maltrattamenti in famiglia, anche se non possono avere contezza di ciò che effettivamente avviene all’interno delle mura domestiche. La ratio legis, va rinvenuta in primo luogo nella esigenza di consentire un immediato intervento da parte dell’Autorità giudiziaria (Procura della Repubblica) e/o comunque dall’Autorità di controllo e polizia (Forze dell’ordine) al fine di bloccare e/o interrompere la condotta criminosa.

Nella fattispecie, non mancano pronunciamenti giurisprudenziali della Cassazione. La Corte si è più volte espressa a riguardo, a titolo di esempio: «è corretto e doveroso il comportamento dei docenti e del dirigente scolastico, che a fronte di alcuni disegni, scritti, sogni e discorsi di un alunno/a minorenne, che inducono il fondato sospetto di presunti abusi, dopo opportune verifiche, segnalano tali fatti alle Autorità competenti». La segnalazione del docente al suo superiore, al Dirigente scolastico, è doverosa quando siamo di fronte anche al solo sospetto o dubbio di presunti abusi in danno di minori, come stabilito dai Giudici dalla Corte di appello di Brescia nella sentenza n. 563/2009.

È corretta, infine la condotta del Dirigente scolastico che, ai sensi del art. 396 del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione” (relative alle scuole di ogni ordine e grado), porta la situazione a conoscenza dei Servizi Sociali del Comune di riferimento e che, anche alla luce dei successivi riscontri, denuncia poi i fatti alla Procura della Repubblica, come peraltro richiesto dall’art. 361 del Codice di procedura penale.

Riferimenti normativi

  • COSTITUZIONE ITALIANA art. 27 e 28
  • CODICE PENALE artt. 361, 378, 571, 572, 581, 610 e 612 – Reggio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398
  • DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994, n. 297, “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione
  • DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
  • CORTE DI CASSAZIONE, sentenza n. 3459 del 27 gennaio 2021
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 45736 del 10 ottobre 2018
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale VI, sentenza n. 35018 del 18 agosto 2016
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 19850 del 13 aprile 2016
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 9954 del 03 febbraio 2016
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione V penale, sentenza n. 47543 del 16 luglio 2015
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione V penale, sentenza n. 13538 del 10 febbraio 2015
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione IV penale, sentenza n. 15149 del 19 marzo 2014
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 17689 del 23 aprile 2014 
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 53425 del 22 ottobre 2014
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione V penale, sentenza n. 47183 del 18 luglio 2013
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione VI penale, sentenza n. 3449214 del 14 giugno 2012
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 21 del 04 gennaio 2010
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale VI, n. 36700 del 24 settembre 2008
  • CORTE DI CASSAZIONE, sezione V penale, sentenza n. 8364 del 27 febbraio 2007
  • CORTE DI APPELLO di Brescia, sentenza n. 563/2009
  • TRIBUNALE DI FIRENZE, sentenza del 29 luglio 2017

Bibliografia

  • Falvia Narducci, Le responsabilità penali nella scuola, Gruppo Spaggiari Parma, 2017
  • Antonio Caragliu e Michela Dotti, Lo “Statuto penale” della scuola, Firenze 2010

Sitografia