La Resistenza barese contro il fascismo
Tra storiografia e militanza: l’assedio alla camera del lavoro di bari vecchia
di Carlo De Nitti
La motivazione che spinge sempre ogni storico verso la scelta dell’oggetto della sua indagine è sempre un bisogno cogente del presente che vive nel suo tempo. Il passato si intreccia sempre con il presente, la storiografia – argomenterebbero i filosofi – con la teoresi.
Nel caso degli storici, la cogenza del presente è data dalla politica e dai suoi valori fondativi della cittadinanza attiva e responsabile: ben lo spiega Adolfo Pepe, Direttore della Fondazione “Giuseppe Di Vittorio”, nella sua prefazione al libro (vedansi le pp. 7 – 15), peraltro, già docente dell’Università degli studi di Bari.
Non si sottrae a questo principio il volume collettaneo Cent’anni di resistenza. L’assalto alla Camera del Lavoro di Bari Vecchia (1922 – 2022), scritto a più mani da Lea Durante, Antonia Lovecchio e Pasquale Martino, recentemente pubblicato a Bari dalle Edizioni Radici Future (pp. 101), come settimo volume uscito nella sua collana “Storia e Memoria”: il libro è stato realizzato con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Partigiani, della CGIL Puglia, della CGIL Bari, della Fondazione “Rita Majerotti”.
Questo volume a tre voci ricostruisce, contestualizzandolo nel teso clima politico del tempo – in Puglia, a Mola di Bari, il 26 settembre 1921, era stato assassinato Il deputato socialista conversanese Giuseppe Di Vagno, “[…] il primo deputato assassinato dai Fasci, antesignano della tragica sorte che negli anni successivi colpirà Giacomo Matteotti, Giovanni Amendola […]” (p. 35) – l’assedio della Camera del Lavoro di Bari Vecchia, la resistenza strenua, tenace, che fu opposta dai lavoratori e dai dirigenti sindacali alle violenze squadristiche. La Camera del Lavoro di Bari fu, nel luglio 1922, sotto la guida appassionata e fattiva di Giuseppe Di Vittorio, già deputato al Parlamento, l’ultimo baluardo contro lo squadriamo fascista, che poco dopo avrebbe preso il potere con la marcia su Roma. “quella risposta all’aggressione fu anche il frutto di una capacità di direzione politica no semplice e non scontata, affidata all’attività delle organizzazioni dei lavoratori, delle camere del lavoro, dei partiti“ (p. 64).
Nelle tre parti che compongono il volume, Pasquale Martino (Biennio rosso, fascismo e antifascismo in Puglia), Antonia Lovecchio (La “roccaforte dei rivoltosi”) e Lea Durante (Di Vittorio, Majerotti, D’Agostino: una resistenza “impossibile” ed esemplare) – noti ed appassionati studiosi di storia del movimento operaio – offrono un quadro ben esaustivo di cause avvenimenti, protagonisti e … damnatio memoriae che seguì durante il Ventennio, con la distruzione della sede della Camera del Lavoro e la costruzione della scuola materna “Diomede Fresa”, inaugurata nell’anno scolastico 1937/38, munificamente donata da quella famiglia per onorare la memoria del figlio scomparso in un incidente stradale.
Sottolinea Antonia Lovecchio:” […] la vicenda della gloriosa resistenza barese, ancora così poco presente nel discorso pubblico e nella memoria collettiva della città, merita di ottenere la sua centralità nella storia dell’antifascismo italiano, così come occorrerebbe riflettere sulle ragioni per cui per lungo tempo non se n’è pressocché conservata memoria” (p. 42).
A chi scrive piace sottolineare il ruolo della trevigiana Rita Majerotti (1876 – 1960) che, all’impegno politico-sindacale militante – come dirigente a livello nazionale ed internazionale (cfr. pp. 80 – 81), non ultima la fondazione dell’Unione Donne Italiane – univa quello educativo, parimenti importante, di insegnante a Bari, di “maestra elementare”, come un tempo si diceva, e come è qualificata nel giardino barese a lei dedicato, ubicato all’incrocio tra corso della Carboneria e via Brigata Regina nel quartiere Libertà.
Il volume è completato dai Contributi di Gigia Bucci, Giuseppe Gesmundo, Ferdinando Pappalardo e Leonardo Palmisano, i quali sottolineano la perenne attualità del momento storico barese tematizzato: la resistenza democratica a qualunque forma di autoritarismo, in qualsivoglia veste esso si presenti anche nel nostro presente, caratterizzato da forti fenomeni xenofobi, populistici e, dal 24 febbraio scorso, bellici ad un migliaio di chilometri da noi. “Una lezione, questa, in fin dei conti valida anche per l’oggi, e che ci chiama a rapportarci alla situazione odierna […] mantenendo comunque la consapevolezza del fatto che la difesa e la preservazione delle istituzioni repubblicane e costituzionali si nutre innanzitutto dell’unità e della coesione di quelle forze sociali di stampo sindacale che della democrazia pluralistica rappresentano il principale ingrediente” (p. 15). Come sancisce la Costituzione della Repubblica Italiana, artt. 18 e 39, “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale” e “l’organizzazione sindacale è libera”.
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