Ordinanza IV Sezione bis TAR Lazio 3 maggio 2022, n° 2825

SOSTEGNO IN ROMANIA: LA QUARTA BIS DEL TAR LAZIO ACCOGLIE IL RICORSO E SOSPENDE IL DECRETO DI RIGETTO PER VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA N°36/2005, OBBLIGANDO IL MINISTERO ISTRUZIONE AL RIESAME

Di particolare importanzala ordinanza n° 2825 del 3 maggio 2022  della QUARTA SEZIONE BIS del TAR Lazio, che in accoglimento del ricorso degli AVV.TI MAURIZIO DANZA E PIETRO VALENTINI del Foro di Roma, ha accolto l’istanza cautelare relativa all’annullamento del decreto dipartimentale n° 407/2022 , con cui il Ministero dell’Istruzione in asserita ottemperanza della sentenza TAR Lazio – Sezione III bis, n. 11960/2021 aveva respinto l’istanza di riconoscimento delle qualifiche professionali per l’insegnamento ai sensi dell’art. 16, comma 1 del d.lGS n. 206/2007 presentata dalla ricorrente per la classe di concorso  sostegno nelle scuole di istruzione secondaria (CLASSE ADMM e ADSS – SOSTEGNO)

La richiesta era finalizzata a tutelare il diritto della ricorrente al riconoscimento in Italia del percorso professionale conseguito in Romania finalizzato all’insegnamento sul sostegno, sulla base delle certificazioni (adeverinta) rilasciate dal Ministero della Educazione Nazionale Romeno, in ottemperanza all’art.13 co.1 lett. b) della Direttiva n.36/2005 e agli art.16-22 del titolo III “libertà di stabilimento” del D.Lgs.n.206/2007 attuativo della direttiva comunitaria n. 36/2005 e n.55/2013.

 Il Collegio della sez IV BIS del Tar Lazio ha così motivato ” :

Rilevato che la ricorrente ha chiesto di sospendere in via cautelare il provvedimento impugnato con cui l’amministrazione ha negato il riconoscimento dell’abilitazione conseguita all’estero;

rilevato che l’istanza di riconoscimento dell’abilitazione conseguita in Romania per l’insegnamento di sostegno è stata rigettata in quanto: 1) non vi è la prova dell’abilitazione all’estero, in mancanza della apposita attestazione del Ministero rumeno; 2) il Ministero dell’Istruzione, competente al riconoscimento delle abilitazioni conseguite all’estero, non è invece competente al riconoscimento del titolo di specializzazione conseguito all’estero;

considerato che, secondo la costante giurisprudenza europea, anche nel caso in cui non risulti il conseguimento dell’abilitazione all’estero (nel caso in esame conclusione raggiunta dall’amministrazione senza adeguata istruttoria), in attuazione degli artt. 45 e 49 TFUEle autorità di uno Stato membro – alle quali un cittadino dell’Unione abbia presentato domanda di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la legislazione nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di esperienza pratica – sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, procedendo a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalle legislazione nazionale” (v. da ultimo la sentenza Corte di Giustizia, sez. VI, 8 luglio 2021 in C-166/2020, punto 34, che richiama la precedente giurisprudenza europea);

– che, secondo la richiamata giurisprudenza europea (v. punti 39, 40 e 41 della sentenza citata),qualora l’esame comparativo dei titoli accerti che le conoscenze e le qualifiche attestate dal titolo straniero corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali, lo Stato membro ospitante è tenuto a riconoscere che tale titolo soddisfa le condizioni da queste imposte. Se, invece, a seguito di tale confronto emerge una corrispondenza solo parziale tra tali conoscenze e qualifiche, detto Stato membro ha il diritto di pretendere che l’interessato dimostri di aver maturato le conoscenze e le qualifiche mancanti (sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C298/14, EU:C:2015:652, punto 57 e giurisprudenza citata). A tal riguardo, spetta alle autorità nazionali competenti valutare se le conoscenze acquisite nello Stato membro ospitante nel contesto, segnatamente, di un’esperienza pratica, siano valide ai fini dell’accertamento del possesso delle conoscenze mancanti (sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C298/14, EU:C:2015:652, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Invece, se detto esame comparativo evidenzia differenze sostanziali tra la formazione seguita dal richiedente e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, le autorità competenti possono fissare misure di compensazione per colmare tali differenze”;

che pertanto l’amministrazione, anche in mancanza dell’attestazione dell’abilitazione, deve comunque procedere alla comparazione tra la formazione svolta all’estero e quella richiesta in Italia (chiedendo all’interessato, ove necessario, integrazioni documentali) e, all’esito, disporre eventuali misure compensative, ove riscontri una differenza sostanziale dei percorsi formativi;

considerato altresì che il provvedimento appare illegittimo anche sotto il profilo della dichiarata incompetenza del Ministero dell’Istruzione al riconoscimento dei titoli professionali, atteso che ai sensi dell’art. 50 D.lgs. n. 300/1999, come modificato dal D.L. 1/2020 conv. in l. 12/2020, che ha ripartito le competenze tra il Ministero dell’Istruzione ed il Ministero dell’Università e della Ricerca, spetta al Ministero dell’Istruzione potere di riconoscere i titoli di studio e le certificazioni in ambito europeo e internazionale;

ritenuto pertanto sussistente sia il presupposto del fumus boni iuris sia il presupposto del periculum in mora, atteso che il diniego di riconoscimento impedisce all’interessata di svolgere attività lavorativa;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis) accoglie la domanda cautelare ai fini del riesame.